Loro sono Roger Federer e Rafael Nadal.
Sono i due più grandi tennisti, probabilmente sportivi, di ogni tempo, e giocano qui, ora, nella stessa epoca.
Ma, prima di tutto, sono due persone straordinarie e due grandi amici.
Lo scorso 7 febbraio si sono affrontati in Sudafrica, a Cape Town, davanti a quasi 52mila persone, record assoluto per una partita di tennis, in un match di beneficenza il cui ricavato è stato interamente devoluto all’educazione di migliaia di bambini in Paesi come Zambia, Malawi, Zimbabwe, Tanzania.
Dal 2003 ad oggi, Federer ha finanziato con oltre 50 milioni di dollari, attraverso la sua fondazione, la costruzione di decine di scuole in alcuni dei luoghi più poveri del mondo. Lui, figlio di mamma sudafricana, che da ragazzo passava qui due mesi l’anno e che, ogni volta che può, viene a portare un sorriso ai bambini di villaggi sperduti tra le aule nate grazie al suo contributo.
“Il mio sogno – ha detto – è quello di essere un giorno più famoso per la mia fondazione che per quello che ho raggiunto nella mia carriera da tennista.”
Mesi fa Roger ha chiamato Rafa: “Vieni con me, ti mostro il ‘mio’ Paese e giochiamo a tennis per loro.”
E Rafa non se l’è fatto ripetere.
Per la cronaca, ha vinto Roger in tre set, raccogliendo 3,5 milioni di dollari per la sua fondazione. E alla fine si sono ritrovati al di là della rete per uno degli abbracci più belli e intensi della storia del tennis e di tutti gli sport. Quasi la chiusura di un cerchio.
Eppure sono ancora lì. 38 anni uno, 33 l’altro. Ancora i più forti, insieme a quell’altro marziano. Come 15 anni fa.
Il tempo si è fermato.
Un giorno ci volteremo indietro e ci renderemo conto di quanto siamo stati fortunati ad aver visto giocare insieme questi due fenomeni. E no, non è solo tennis.
Lorenzo Tosa