Dopo la scoperta del 2018 relativa al ritrovamento di un lago sotto i ghiacci del Polo Sud del pianeta rosso, lo stesso team di ricercatori italiani ha ampliato le sue indagini. Intorno al primo ritrovamento, sono stati identificati altri tre laghi salati su Marte.
A descrivere lo studio sulla rivista Nature Astronomy c’è ancora il team coordinato da Elena Pettinelli e Sebastian Emanuel Lauro (Università di Roma Tre), con Roberto Orosei (Inalf). Tra i partecipanti alla ricerca figurano i ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e italiani che lavorano in Australia e Germania (presso la University of Southern Queensland e la Jacobs University di Brema).
Fondamentale per la scoperta dei laghi salati su Marte è stato l’utilizzo del radar Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding).
Marsis ha rappresentato una svolta nelle ricerche, riconfermandosi come lo strumento più innovativo della missione. Montato sulla sonda Mars Express, Marsis è il primo radar sonder per missioni di esplorazione spaziale. Realizzato da Thales Alenia Space in collaborazione con l’Università La Sapienza per conto dell’ASI, Marsis è frutto anche di una collaborazione con la Nasa grazie al lavoro del JPL (Jet Propulsion Laboratory) e dell’Università dell’Iowa.
Il radar è in grado di inviare impulsi verso il pianeta rosso, penetrando attraverso gli strati di ghiaccio, e di ricevere gli input riflessi dal sottosuolo grazie alle sue antenne di quasi 40 metri. In base ai segnali riflessi che la sonda riceve in risposta ai propri, Marsis è in grado di determinare la composizione del territorio marziano.
Come ha detto Enrico Flamini, membro del team degli ideatori di Marsis:
“Marsis è uno strumento di concezione innovativa […] ed è completamente diverso da qualsiasi altro radar sperimentato in una missione spaziale”.
La scoperta dell’agglomerato di laghi salati su Marte è importante perché ha molti significati.
Innanzitutto, come ha spiegato Elena Pettinelli:
“Rispetto al 2018 abbiamo allargato molto l’area di studio e utilizzato un diverso metodo di analisi, e ora i dati indicano che esiste un sistema idrico più ampio […]. Il fatto che ci siano strutture idrologiche complesse suggerisce che ce ne possano essere altre.”
La scoperta del 2018 non è stata quindi un unicum, ma rappresenta solo la prima prova della presenza di corpi idrici nel sottosuolo di Marte. Ciò permetterebbe di fare luce sulla storia del clima del pianeta, ma non solo.
Dove c’è acqua, c’è vita. Ed è questa la prima e più grande implicazione della scoperta. Il responsabile scientifico del radar Marsis, Roberto Orosei, ha avanzato l’idea che questi laghi, presenti per gran parte della storia di Marte sul suo suolo, possano conservare ancora tracce di eventuali forme di vita evolutesi quando il pianeta aveva una atmosfera densa, un clima più mite e la presenza di acqua liquida in superfice. Si potrebbero scorgere gli echi di una terra al suo stato primordiale che, proprio come il nostro Pianeta, accoglieva delle semplici forme di vita.
Da sempre l’uomo è stato affascinato da Marte, il pianeta rosso visibile ad occhio nudo nella notte buia.
Nel cielo terso, quel pianeta sembrava lontano eppure era anche così simile per tanti aspetti al nostro. Il giorno marziano è lungo 24 ore e 37 minuti, quasi come quello terrestre. E anche se l’anno solare su Marte dura quasi il doppio rispetto a quello della Terra, avendo il pianeta un asse di rotazione inclinato, anche l’anno marziano è suddiviso in stagioni.
Quello che sembra il pianeta del futuro, potrebbe essere in realtà uno specchio del nostro passato, una immagine della nostra Terra come poteva essere alle origini.
Marte continua ancora oggi ad affascinare scienziati e sognatori. Tra questi, c’è il famoso Elon Mask il cui prossimo obiettivo è proprio il pianeta rosso. La data per il suo primo viaggio su Marte, a bordo della Space X, è stimata per il 2024.
Martina Dalessandro