L’aggressione di un arbitro equivale all’aggressione della giustizia

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Di Carlo Nesti


L’aggressione di un arbitro equivale all’aggressione della giustizia. Traduzione: il linciaggio di uno di quei ragazzi, che dirigono le nostre partite di calcio, equivale al linciaggio della legge. Ci sembra corretto? No. Eppure, ogni volta che ci si rapporta con il mondo del pallone, tutto viene dimenticato.

Nel campionato di Promozione laziale, l’arbitro Riccardo Bernardini di Ciampino è stato aggredito da 2 ultras, al termine del’incontro Virtus Olympia-Atletico Torranova, nella periferia romana. Il giovane fischietto cade a terra, e perde conoscenza, prima di essere trasportato al Policlinico Umberto I.

Risultato: commozione cerebrale, e taglio dietro la nuca, suturato con 3 punti. È il cinquantunesimo episodio di violenza, nei confronti degli arbitri, dall’inizio di questa stagione, mentre, due anni fa, e l’anno scorso, furono, rispettivamente, 473 e 451: cifre da guerriglia urbana.

Unendo con un ideale filo rosso le scoperte delinquenziali, avvenute in curve di stadi importanti, come quello della Juventus, e questi episodi, “minori” solo per la cronaca, e non per l’etica, si ha conferma di come il “campo di calcio”, grande o piccolo che sia, è un “porto franco”, dove ogni crimine è possibile.

Finalmente, il Codice di giustizia sportiva si è arricchito di un articolo, l’11 bis, che porta a 2 anni la squalifica per chi tocca un arbitro. La platea dei soggetti sanzionabili, fino ad oggi, incredibilmente, non comprendeva tecnici e dirigenti, dando vita ad un vuoto di potere e di giustizia vergognoso.

L’episodio ci serve soprattutto per esprimere una speranza: quella che il paese, fra i vari mutamenti, cambi in 2 direzioni. Dinanzi a qualsiasi atto di violenza, abbiamo spesso ecceduto in buonismo, nei riguardi dei nostri figli, e in garantismo, nei riguardi dei reati altrui. I tempi ci impongono di svoltare.

Sembra incredibile che l’educazione civica, nelle scuole, sia ancora un ricordo di chi ha già i capelli bianchi, e che sia una semplice proposta di legge, fissata per l’inizio del 2019. Se vogliamo prevenire, oltre che reprimere, dobbiamo partire da quelle 33 ore all’anno. Non è assurdo che qualcuno se ne accorga solo ora?

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