La vittoria di Yvan Sagnet: oltre la vigliaccheria della politica

La vittoria di Yvan Sagnet: comizio

fonte: Ultima Voce

La vittoria di Yvan Sagnet: è cittadino onorario di Lecce. Questa mattina Yvan ha ricevuto la cittadinanza onoraria in consiglio comunale a Palazzo Carafa, su proposta di un numeroso gruppo di consiglieri comunali. Ma, come sempre in questo Paese, il teatrino politico non si è fatto attendere…

Chi è Yvan Sagnet

Classe 1985, attivista per i diritti umani e scrittore camerunese. La sua vita è cambiata l’estate del 2011, quando i soldi della borsa di studio non bastavano e, per continuare a studiare al Politecnico di Torino, cercava un lavoro.

Arriva così a Nardò, presso masseria Boncuri: nelle campagne salentine conosce il dramma dei braccianti costretti a lavorare anche 18 ore al giorno, sotto il sole cocente. La difficile vita nei campi, per quei pochi spiccioli, proseguiva in condizioni disumane negli alloggi di fortuna: 500 esseri umani, 200 tende. Yvan Sagnet non ci sta. Incrocia le braccia e per un mese guida la protesta contro i caporali e gli imprenditori agricoli.

Uno sciopero che porterà all’introduzione del reato di caporalato e al primo processo in Europa sulla riduzione in schiavitù. Inoltre, “per il suo contributo all’emersione e al contrasto dello sfruttamento dei braccianti agricoli”, verrà insignito dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitagli proprio dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel febbraio del 2017.

Yvan ha messo tutto questo nero su bianco nei libri “Ama il tuo sogno. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso” e “Ghetto Italia”. Quest’ultimo, scritto insieme al sociologo Leonardo Palmisano, racconta la dura realtà dei ghetti in cui sono costretti a vivere i braccianti stranieri e mette in evidenza le responsabilità della piccola e grande distribuzione organizzata nel sistema di sfruttamento nelle campagne.

Una curiosità, sapete cosa si nasconde dietro la parola pomodoro?

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La sua battaglia non è finita qui. Perché sia efficace, bisogna continuare a lottare. Infatti, oggi prosegue con Aboubakar Soumahoro e la Lega dei Braccianti nella terra di Giuseppe Di Vittorio.

La vittoria di Yvan Sagnet: la motivazione

Si legge:

Jean-Pierre Yvan Sagnet rappresenta il protagonista e il simbolo della battaglia civile, sindacale, politica per i diritti dei lavoratori migranti in agricoltura. Legare il nome di Sagnet alla città di Lecce significa ribadire l’alto valore delle sue azioni, anche in rappresentanza dei lavoratori agricoli migranti che, in quei giorni e in successive occasioni, sono stati e sono ancora protagonisti di battaglie per la dignità del lavoro e il rifiuto dello sfruttamento, contribuendo alla salvaguardia effettiva del valore costituzionale del Lavoro sul quale è fondata la nostra Repubblica.

La vigliaccheria politica

Una cerimonia che ha dovuto rinunciare alla presenza dei consiglieri comunali di opposizione che non hanno partecipato al voto e hanno abbandonato l’aula. Testimonianza di una vera e propria vigliaccheria politica, chiaramente tutta italiana e chiaramente tutta di destra. Ma la vittoria di Yvan Sagnet ci dimostra, in tutta la sua nobiltà, che la potenza di un sogno può sconfiggere tale viltà.




Come scrive Ernesto Mola, il consigliere di Civica

La minoranza in Consiglio Comunale di Lecce ha perso ancora una volta l’occasione per dimostrare rispetto per la costituzione e i suoi principi di libertà, giustizia ed equità, indipendentemente da qualsiasi appartenenza a razza, religione e genere. Qual è il messaggio che i consiglieri di minoranza hanno voluto dare? Che la lotta al caporalato non è stata una lotta di libertà per tutti i lavoratori? o che gli immigrati possono continuare a essere sfruttati? o forse che il colore della pelle scoraggia dal riconoscere i meriti a chi si è battuto per i diritti di tutti?
Davvero una misera, stantia figura da parte di una destra che non vuole diventare moderna e resta avvinghiata ai principi di un passato che speravamo ormai non più attuali.

Non c’è più alcun dubbio, la nostra società è ormai lontanissima dal principio “Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere” – erroneamente attribuito a Voltaire.

Abbandonare l’aula è un fatto grave e squalificante, perfettamente in linea con i preoccupanti fenomeni a cui si assiste sempre più spesso. Vogliamo davvero far finta di niente?

Giulia Chiapperini

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