Giornalisti aggrediti, gazebi di partito presi d’assalto, infettivologi seguiti per la strada: per quanto ancora sopportare la violenza no vax? In nome di cosa poi? Del fraternizzare con chi, magari, in cabina elettorale si ricorderà di aver avuto il supporto ideologico da parte di quel politicante?
L’estate scorsa abbiamo riso scuotendo la testa di fronte alle manifestazioni dei gilet arancioni, che protestavano contro le mascherine, il 5G, la dittatura sanitaria, il mercurio e Bill Gates, iniettatore di microchip a tradimento.
Erano già morte migliaia di persone a causa del Covid. Eppure, nella loro surreale tragicomicità, erano dichiarazioni che ci facevano ridere. Poi è arrivato l’autunno, la pandemia è tornata a mietere vittime a tre cifre ogni giorno, mentre le regioni iniziavano la danza furente dell’assegnazione dei colori. Intanto, a fine anno sono arrivati i vaccini: sì Pfizer, sì Astrazeneca, sì Moderna, no Sputnik. No Astrazeneca. Sì Astrazeneca. Nì Moderna. No Sputnik.
L’innalzamento della soglia dell’incredulità
E intanto a ogni giorno la sua polemica e il suo fuoco di paglia, mentre, in un anno e mezzo, ci siamo abituati a vederne di cotte e di crude e non ci stupiamo più di nulla. Ci siamo indignati quando qualcuno ha iniziato a seguire le ambulanze per sostenere che girassero a vuoto per le nostre città o quando qualche bomba carta ha danneggiato gli hub vaccinali. Negli ultimi giorni, però, con le restrizioni che si irrigidiscono nei confronti di chi ha fatto una scelta (non) vaccinale precisa, sembra che le tensioni si stiano acuendo: il gazebo dei Cinque Stelle a Milano è stato preso d’assalto da un gruppo di No Vax, dichiaratisi “No Pass” al grido di “traditori”. Il professor Matteo Bassetti, infettivologo che non si colloca nemmeno nella fascia dei più allarmisti, è stato minacciato e inseguito sotto casa. A Roma, i giornalisti Antonella Alba di Rainews24 e Francesco Giovannetti di Repubblica sono stati aggrediti: la prima sabato e il secondo lunedì, quando è stato preso a pugni per aver posto delle domande durante una manifestazione contro il green pass. A sferrare i colpi? Un collaboratore scolastico che ha espresso la sua opinione promettendo al giornalista di tagliargli la gola.
I media come cassa di risonanza per la violenza no vax
Il problema è uno: è giusto che i media funzionino da cassa di risonanza per l’imbarbarimento del dibattito? Il modo di dare conto e di discutere di certe pulsioni non rischia di determinare l’escalation di violenza? E, dall’altra parte, un gruppo di media che non riporta certe idee, per quanto bislacche siano, può essere accusato di favorire la censura?
Ma la questione non riguarda solo la stampa. Perché dopo un anno e mezzo di pandemia abbiamo ancora dei politici che non prendono posizione sui vaccini, per timore di inimicarsi l’elettorato più scettico? Qual è la loro controproposta? L’inasprirsi della violenza non è proprio il prodotto di queste ambiguità politiche? E non di queste ultime settimane, eh. È proprio un modus operandi sedimentato in anni e anni di populismo e demagogia, con la paura di scontentare l’elettorato.
La soluzione francese
Eppure la Francia, in un mese e mezzo, ha cambiato marcia in merito alla questione vaccinale. Con l’introduzione di un “passe sanitaire” molto più rigido del nostro green pass e necessario anche per sedersi all’esterno di un bar, Macron sembrava aver scommesso tutta la sua credibilità nel campo delle restrizioni e del loro funzionamento. All’alba dei festeggiamenti nazionali per il 14 luglio, Macron aveva fatto un discorso molto rigido sulla necessità del pass e dei vaccini: no spazio né dibattito su tavoli al chiuso o all’aperto, mense aziendali o privacy. Oggi la Francia è al quarto posto per copertura vaccinale in Europa, con un boom di prenotazioni del vaccino immediatamente dopo il discorso del presidente. La scelta di Macron è stata impopolare ma lungimirante: oggi la Francia ha il 75% della popolazione che ha ricevuto almeno una dose, con una quota che supera il 90% nella popolazione sopra i 18 anni. In Italia siamo al 70 e in Germania al 64%.
Le polemiche no vax in Francia
Le polemiche ci sono state anche lì, ma i media hanno optato per dare poca visibilità a queste frange, composte da circa 150 mila persone che, ogni settimana, manifestano contro il pass. La campagna vaccinale in Francia aveva un andamento mediocre, mentre ora ha subito un’accelerazione: questo grazie principalmente a una politica coraggiosa e inizialmente impopolare, che però ha nella lungimiranza sanitaria ed economica i suoi punti di forza.
Strizzare l’occhio alla violenza no vax
E in Italia? In Italia Salvini continua a comportarsi da opposizione mentre il suo partito sta al governo e contemporaneamente strizza l’occhio agli antivaccinisti. La sinistra non è da meno: se Letta si indigna per quel che dice Meloni o Salvini, dimentica però di fare cenno ai Cinquestelle che dell’antivaccinismo hanno fatto un loro grimaldello negli anni scorsi. Se, poi, i grillini si sono redenti, allora lo sguardo a sinistra non può che cadere su quella componente sindacale che, ultimamente, sta dando spazio ad ambiguità di ogni genere. Da una parte c’è il rischio che gli imprenditori licenzino e sospendano con il pretesto dell’obbligo vaccinale, dall’altra però Landini si sta sperticando in fantasiose dichiarazioni: la Cgil per principio non è contro il green pass, ma non è neanche a favore. Poi, però servirebbe un provvedimento ad hoc. Ma comunque non bisognerebbe discriminare chi non ha il green pass. Oppure si potrebbe introdurre l’obbligo vaccinale: a questo punto, opporsi o no? Non lo sanno nemmeno loro.
La trappola della demagogia
Non è che forse anche il sindacato stia cadendo nel tranello della demagogia? Che siano davvero convinti che questo appoggio ai No Pass o No Vax frutti loro un boom di iscrizioni e tesseramenti? No, perché se ideologicamente sono davvero convinti della genuinità del loro ragionamento, allora la demagogia è l’ultimo dei problemi.
Elisa Ghidini