Di Carmelo Musumeci
La violenza nelle carceri è soprattutto frutto di chi ha bisogno dei cattivi e dei penitenziari per apparire buoni.
La prigione è un mondo ignoto per tutti coloro che sono liberi ed è difficile far conoscere alla società e ai nostri politici l’inferno che hanno creato e mal governano. Alcuni detenuti vivono come cani bastonati e all’ordine del giorno vi sono: autolesionismo, suicidi, tensioni interne che sfociano a volte in condotte aggressive dell’uno o dell’altro, abusi, soprusi, ingiustizia istituzionali, pestaggi, e la lista sarebbe troppo lunga per andare avanti. Ma le botte che fanno più male sono quelle che l’Assassino dei Sogni, come chiamo io il carcere, dà ai cuori e alle anime dei prigionieri e dei loro familiari.
L’altro giorno facendo ordine nelle mie carte mi è capitato fra le mani un vecchio verbale del lontano 1992, quando ero detenuto nel carcere dell’Asinara. Ed ho riletto una frase che avevo urlato durante un Consiglio di disciplina:
“I buoni hanno bisogno dei cattivi e del carcere per apparire buoni”, che mi era costata 15 giorni di cella di rigore e una pioggia di manganellate. Purtroppo molti “buoni”, comunque e nonostante tutto, continuano a vedere nel carcere una soluzione e non capiscono che il problema, sia per le guardie sia per i detenuti sia per la società, è proprio il carcere, perché una pena che fa male corrisponde a buttare benzina sul fuoco.
Nessuno parla dei morti del carcere di Modena, purtroppo di quell’evento non ci sono video e poi sembra che siano morti di metadone e non è certo colpa degli infermieri, dei medici o della polizia penitenziaria… Forse erano occupati a fare altro, visto che non si sono accorti che stavano male.
Quando si legge di casi reali di giovani rei di aver partecipato a qualche manifestazione, o di aver reagito alla forza pubblica, che entrati in carcere in piena salute ne escono avvolti in un lenzuolo e con sul corpo i segni di pestaggi selvaggi, si vuol credere che si tratti di casi eccezionali, poi si pensa a quello che è successo durante il G8 a Genova e si comincia a dubitare. Il carcere che dovrebbe essere scuola di riabilitazione si rivela un centro di abbrutimento per i carcerieri e di annullamento della personalità dei carcerati a cui questi si ribellano con la violenza, carcerieri e carcerati egualmente vittime di un sistema degradante.