La sola ragione per la quale siamo così tanto attratti dalla perfezione è semplicemente perché non la possiamo avere. La ricerca del perfetto impedisce all’uomo di sentirsi appagato e di gioire delle buone cose di cui dispone condannandolo a un perenne stato di insofferenza e delusione.
Eppure viviamo in un periodo in cui non facciamo altro che affannarci per raggiungerlo pur consapevoli che non esiste, se non come concetto teorico, e questo discorso diventa ancora più evidente quando si parla, in particolare, del corpo femminile. Se riflettiamo sulla perfezione ad un certo punto non è più così ovvio dove inizia e dove finisce il reale gusto personale e quello imposto dalla società. Ahimè nessuno è immune dall’immaginario di donna imposta dai mass media e questo fenomeno delle coscienze così invasivo non va assolutamente sminuito e tanto meno banalizzato.
Trovare il coraggio di osservare e accettare il proprio corpo, lontano dai canoni di bellezza imposti, sensuale senza essere per forza oggetto di fantasie sessuali, femminile ma non necessariamente provocante, è sentirlo come uno spazio politico all’interno del quale sovvertire un’idea di perfezione che non esiste ma soprattutto riconoscere che l’unico corpo perfetto che esiste è il proprio.
Un corpo normale e naturale, con la cellulite, le smagliature, i fianchi larghi e con tutte quelle cicatrici, sì perché la vita non è fatta solo di sottrazioni e di somme ma c’è anche l’accumulo di mancanze, di sconfitte, di perdite che lo segnano al punto da marchiarlo sulla pelle.
Un corpo che viene preso in giro ancora un’altra volta per essere troppo magro, troppo grasso, troppo spigoloso, troppo amorfo, a capire poi troppo per cosa resta ancora un mistero insoluto.
Chi ha imparato ad amare il proprio corpo, e chi sta imparando giorno per giorno a farlo, compie una vera e propria rivoluzione politica, realizza un gesto che si scontra con la consuetudine che vuole la donna protagonista del romanzo ma mai la scrittrice, qualcosa da indagare ma mai l’occhio che osserva.
Il corpo di chi ha le tette cadenti, il dente scheggiato, il culo piatto, i capelli grassi alla cute e secchi alle punte, le maniglie dell’amore, che non vanno mai via, è trionfante quando trova il coraggio di guardarsi fiero in uno specchio, spogliato da ogni timore, nudo per piacersi senza lacrime, per godere della propria irriducibilità, quella di insinuarsi dentro l’inferno e uscirne sempre vivo. Nudo per accettare l’idea che non ha bisogno di nessun consenso, per capire che è libero di generare senza trattenere, di desiderare e di decidere chi vuole essere. Nudo per lasciare che il tempo vada per conto suo senza stargli continuamente con il fiato sul collo.
Quel corpo si specchia nudo per non cedere più alla tentazione di farsi mettere in catene, per amare la propria forza che esplode tutte le volte che vuole esistere senza avere alcun vincolo.
Quello è il corpo di chi decide di assimilare ogni irresolutezza e tramutarla in voglia di riparare tutti i sospesi, di chi riceve carezze e baci, da altre mani e altre bocche, ed è solo attraverso quello specchio che può trovare la strada per entrare dentro gli occhi e finalmente vedersi, meraviglioso proprio per come è.