La Turchia di Erdogan, gli attentati, la fiera delle libertà e il sonno generale

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Luglio 2016: a seguito del tentativo di golpe turco, Erdogan, presidente della Turchia, inizia un percorso di limitazione delle libertà senza eguali.

Lo sguardo vigile di istituzioni internazionali piuttosto che della vicina Unione Europea è quello di potenze che affannano nel prendere decisioni ed anzi, inermi, affossate da problemi e conflitti politici interni, non sono capaci di reagire.

In questi giorni, l’ondata di azioni terroristiche che ha visto coinvolta la Turchia ha fatto passare in secondo piano quanto da quel 15 luglio 2016 è iniziato e in questi giorni sta continuando.

Non va di fatto dimenticato che lo stato di emergenza fatto scattare dal presidente Erdogan al domani del tentato colpo di stato, gli ha permesso di agirare in più e più casi il voto parlamentare.

Ne deriva un sistema che non tutela e tende sempre più a far diminuire il valore di libertà e diritti civili, nonché dell’uguaglianza nel trattamento di fronte la legge.

Ha avuto così il via un percorso di sospetto, accusa e condanna, che hanno visto il loro exploit nelle dimissioni forzate di 1577 tra decani e rettori e nella sospensione 15200 persone richieste dal Ministero dell’Istruzione turco.

Parliamo di quel maxiprocesso nei confronti di buona parte dei dipendenti statali coinvolti, o di cui è supposto il coinvolgimento, nel tentativo di golpe.

Ed oggi?

È di oggi la notizia del licenziamento di altri ottomila dipendenti statali per presunti legami con organizzazioni terroristiche e – nella fattispecie – con Fethullah Gülen, imam, politologo, esule negli USA, supposto essere l’organizzazione del colpo di stato in Turchia.

Non è un caso che le epurazioni si siano in particolar modo concentrate negli ambienti che con l’esule politologo hanno maggior contatto.

La maxi indagine, in diretto contrasto con i principi di civiltà, di cui avevamo già parlato nell’articolo datato 20 luglio 2016, Libera scuola in libero stato, continua e più subdola che mai.

Il provvedimento che ha condotto ai licenziamenti, tra ufficiali della polizia, impiegati del Ministero della Giustizia e accademici, è contenuto all’interno della gazzetta ufficiale del 6 gennaio 2017.

Ma non sono solo i licenziamenti degli ottomila dipendenti statali a figurare tra i provvedimenti. Prevista anche la chiusura di 83 associazioni.

Colpiti anche coloro i quali si suppone abbiano legami con il Pkk, il partito dei lavoratori curdi, considerato quale organizzazione terroristica responsabile dell’attentato di Smirne del 5 gennaio.

Considerazioni

Prendiamo atto di quanto accade in Turchia ormai da mesi, e con un nuovo anno da poco iniziato.

Fatta la lista dei buoni propositi, certo sarà più facile trovare quanti chili perdere con il nuovo anno, che iniziare a dare il proprio apporto per favorire la pace, o, se non altro l’uguaglianza.

Eppure, quanto sta avvenendo in Turchia, non è solo paradossale per la vicinanza territoriale, ma può rendere bene l’idea di come un sistema democratico, via via perdendo di qualità, possa regredire a una forma di subdola tirannia.

Arrivare, oggi, a una definizione comune del nemico da “debellare” non è così semplice. Tuttavia un maggiore slancio, comune, verso la garanzia di un mondo “più giusto” è quello che dovrebbe cominciare ad essere preteso.

Allora, all’indifferenza, al “peggiore degli atteggiamenti”, anteponiamo “la capacità di indignarci e l’impegno che ne consegue”, perché, vedete, una realtà globale non consente più un “che ci posso fare”.

Non da quando è la proiezione di una miriade di possibilità, nella quale, potremmo specchiarci un giorno, anche noi.

 

Di Ilaria Piromalli

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