Oggi, 24 marzo, è la giornata mondiale contro la tubercolosi. Una data per riflettere sulla situazione disastrosa dei Paesi poveri per le malattie infettive.
L’Oms indica che nel 2021 sono state colpite dalla Tbc 10,6 milioni di persone, di cui 1,6 milioni sono morte. Dal 2000 sono state salvate 74 milioni di vite, ma non basta. La Tbc colpisce soprattutto i Paesi poveri, dove i farmaci non arrivano e spesso mancano le diagnosi. L’Oms, per la giornata mondiale, esorta i Paesi a utilizzare i nuovi farmaci orali contro la forma di tubercolosi resistente ai farmaci. Inoltre ha stabilito di porre fine alla Tbc entro il 2030. Si stima che servono 13 miliardi di dollari l’anno per un controllo efficace della tubercolosi nei Paesi poveri, ma gli investimenti nei programmi di controllo sono quasi inesistenti.
La Tbc colpisce 28.000 persone al giorno e ne uccide circa 4.100. Nel 2020 il 43% dei casi di infezione si è verificato nel sud-est asiatico, il 25% in Africa e il 18% nelle zone del Pacifico occidentale. I Paesi più colpiti da questa malattia sono India, Nigeria, Bangladesh, Sudafrica, Cina, Filippine, Indonesia e Pakistan. Nei Paesi più sviluppati l’incidenza della malattia è quasi nulla, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. I Paesi poveri sono i primi a pagare le conseguenze dell’arretratezza sanitaria in cui si trovano, tant’è che si parla di “malattie della povertà” e la Tbc fa parte di queste malattie. La mancanza di acqua potabile, la malnutrizione, le abitazioni affollate, l’assenza di educazione sanitaria e la scarsa igiene rendono la tubercolosi in grado di infettare migliaia di persone al giorno. Al primo posto dei Paesi con più contagi è l’Africa, subito seguita dall’India. Contro ogni speranza la tubercolosi e le altre “malattie della povertà” stanno crescendo, segno che la crisi sanitaria non si arresta. È impensabile come questi Stati siano così arretrati mentre noi dei “Paesi ricchi” abbiamo di tutto, forse troppo.
La tubercolosi in Africa
Il 40% dei Paesi africani è in uno stato di estrema povertà. Solo il 48% della popolazione riceve le cure sanitarie di base. Inoltre il Covi-19 non ha migliorato la situazione, ha portato una crisi sanitaria ancora più grave di quella che già affliggeva gli Stati africani. Nel 2020 la densità di posti letto negli ospedali era ben sotto la soglia minima di 18 per 10.000 abitanti. La crisi sanitaria è dovuta a tanti fattori tra cui l’instabilità politica, i continui conflitti, la crescita demografica e le condizioni ambientali. Il 40% della popolazione è analfabeta, soprattutto le donne. Gli uomini che riescono a studiare poi vanno a lavorare all’estero oppure nelle cliniche private. Il problema più grave è la completa assenza di acqua potabile. In Africa i contagi di tubercolosi sono dovuti soprattutto alla crisi idrica. L’Africa è al primo posto tra i Paesi che non hanno acqua potabile. Bere acqua contaminata porta inevitabilmente a contrarre malattie infettive come la Tbc.
La tubercolosi in India
In India i due terzi della popolazione vive in povertà su 1,3 miliardi di persone. Il grande problema indiano è la presenza delle caste sociali, che rendono i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Anche se le caste sono ritenute illegali in tutto il mondo in India persistono e sono una grave violazione dei diritti umani. Solo il 10% della popolazione è coperta da qualche forma di assicurazione sanitaria. Le strutture sanitarie pubbliche sono assenti e i poveri non possono quindi permettersi nessun tipo di cura. I farmaci per la tubercolosi non arrivano in India e neanche l’acqua potabile. La maggior parte della popolazione, ovvero i poveri, vivono in baraccopoli affollate prive di igiene, non hanno diritto all’istruzione e le malattie infettive come la Tbc dilagano. Sono migliaia i minori che muoiono di tubercolosi ogni giorno.
L’analfabetismo non permette a queste persone di evolversi e le malattie non solo non vengono curate, ma non si conoscono neanche. Basti pensare che le persone muoiono di malattie blande, anche per una semplice influenza. Il modo in cui la Tbc si trasmette tra queste persone è molto semplice, dato che basta un colpo di tosse o un sorso di acqua non potabile. Si capisce come l’affollamento delle loro case non permetta ambienti igienici, così i batteri riescono a riprodursi a velocità elevate.
Cosa fare e cosa si sta facendo
L’eliminazione delle “malattie della povertà” come la tubercolosi servirebbe rendere i Paesi poveri più sviluppati, garantendo istruzione, lavoro e copertura sanitaria. Il Fondo Globale, una fondazione indipendente svizzera nata a Ginevra, ha come scopo proprio quello di eliminare queste malattie. Mette a disposizione fondi monetari per sostenere i programmi attuati da esperti locali nei Paesi poveri. Dal 2002 al 2018 ha versato 8,2 miliardi destinati all’abbattimento della tubercolosi. I loro programmi sono in linea con gli interventi dell’Oms. Questa finanzia la sanità dei Paesi poveri fornendo farmaci, vaccini e formando gli operatori sanitari. Nonostante i traguardi ottenuti la strada è ancora lunga per abbattere la Tbc e le altre malattie.
Anche ognuno di noi può fare la differenza. Le donazioni alla Fondazione Umberto Veronesi, per esempio, aiutano la ricerca scientifica per sviluppare farmaci sempre più efficaci contro queste malattie. L’organizzazione no profit Oxfam porta acqua potabile nelle zone povere del mondo, le donazioni sono importanti anche in questo caso. Un altro modo per aiutare i Paesi poveri è l’adozione a distanza tramite organizzazioni come ActionAid, che garantiscono ai minori istruzione e cure mediche, una speranza per le generazioni future.
Un mondo spaccato a metà
Siamo in un mondo spaccato a metà, dove i Paesi poveri non hanno neanche l’acqua per bere e quelli ricchi hanno troppi confort. I farmaci sono prodotti per noi ormai scontati, molti di noi ne abusano e li prendono per qualsiasi tipo di dolore o di fastidio. Siamo talmente abituati a vivere in salute che realtà come quella Africana o Indiana ci sembrano quasi impossibili, nessuno riesce realmente a immaginare come sarebbe vivere senza niente, in mezzo al fango, con la fame e la sete come uniche compagne di vita. Ora che la crisi idrica è in aumento anche nei nostri Paesi a causa del cambiamento climatico non oso immaginare il danno che le popolazioni povere subiranno. Siamo noi a portare l’acqua in questi Paesi, se non l’avremo per noi come potremo aiutare loro? Purtroppo è tutto collegato, cambiamento climatico, speculazioni finanziarie, politiche oppressive. Le speranze per un mondo migliore sembrano ormai un lontano miraggio e a pagare il prezzo più alto sono i poveri, come è sempre stato.
Helena Rori