Israele ha accettato di riprendere i colloqui per una tregua a Gaza con Hamas nella Striscia la prossima settimana, su richiesta dei mediatori internazionali. L’annuncio di un potenziale compromesso per un cessate il fuoco arriva dopo intense pressioni diplomatiche, mirate a prevenire l’espansione del conflitto in tutta la regione.
L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha confermato che i negoziatori israeliani si incontreranno con le controparti di Hamas per definire i dettagli dell’accordo. Intanto però, al 309esimo giorno di genocidio, Israele continua a bombardare strutture dove si nascondono i civili palestinesi. All’alba di questa mattina, oltre 100 persone sono state uccise in un raid di aerei israeliani sulla scuola di At-Tabai’in, nel quartiere di al-Daraj, a Gaza City.
Escalation della violenza a Gaza e nel Libano
Mentre si discute di una nuova potenziale tregua a Gaza – dopo la falsa tregua dello scorso novembre -, le forze israeliane hanno lanciato nuove offensive nella città di Khan Yunis e a Gaza City, nella Striscia di Gaza. La prima operazione militare segue un ordine di evacuazione emesso per alcune zone della città, lasciando migliaia di persone senza un rifugio sicuro. Le immagini diffuse mostrano famiglie che fuggono attraverso strade devastate, cariche di effetti personali, cercando disperatamente un riparo.
La seconda operazione, avvenuta questa mattina, ha creato altrettanti sfollati, tra il centinaio di morti e i feriti, colpiti durante il momento della preghiera nella scuola At-Tabai’in. Le forze di occupazione israeliane, secondo quanto riferito dalle fonti palestinesi, hanno colpito i civili con tre missili, causando la morte di quasi tutti coloro che si rifugiavano nella scuola.
Sul fronte settentrionale, la tensione tra Israele e Libano continua a crescere. Il ministro della difesa israeliano, Yoav Gallant, ha minacciato di infliggere “un prezzo altissimo” al Libano se Hezbollah risponderà all’uccisione del comandante Fuad Shukr, un leader di spicco dell’organizzazione sciita, colpito da Israele nel cuore di Beirut. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha promesso una risposta, alimentando i timori di una guerra su vasta scala.
La necessità di una tregua a Gaza tra crisi umanitaria e denunce di abusi
Mentre lo stato di occupazione e il progetto di genocidio continua a infuriare, giovedì scorso, Stati Uniti, Qatar e Egitto – i tre mediatori internazionali – hanno pubblicato una nota congiunta in cui invitano le due parti a riprendere i colloqui senza “ulteriori ritardi”. In riposta a questa richiesta, Netanyahu ha sostenuto il progetto di una nuova tregua a Gaza, dichiarando di inviare parte della diplomazia israeliana ai colloqui del prossimo 15 agosto.
Mentre gli Stati Uniti hanno dichiarato la volontà di raggiungere una salda tregua a Gaza, la cui alternativa è solamente un’infinita morte e devastanzione, emerge un quadro drammatico della situazione umanitaria a Gaza. Decine di palestinesi sono stati uccisi in attacchi aerei negli ultimi giorni, molti dei quali in aree dichiarate “sicure” dalle stesse autorità israeliane.
Un video recentemente trasmesso dall’emittente israeliana Channel 12 ha mostrato immagini scioccanti di prigionieri palestinesi abusati all’interno della base militare di Sde Teiman, trasformata in un centro di detenzione dopo il 7 ottobre. Le immagini mostrano decine di detenuti costretti a terra, mentre uno di loro viene portato via per essere brutalmente abusato fisicamente e sessualmente da un gruppo di soldati.
Il ruolo dei mediatori internazionali nella tregua a Gaza
Cresce la pressione internazionale per un accordo di tregua a Gaza da parte degli Stati Uniti, del Qatar e dell’Egitto, che hanno espresso una forte preoccupazione nella dichiarazione congiunta. I tre mediatori hanno esortato entrambe le parti a riprendere i colloqui il 15 agosto a Doha o al Cairo per finalizzare un accordo di pace. Nonostante i negoziati siano stati ostacolati da continui disaccordi e dall’intransigenza di Netanyahu, i mediatori internazionali continuano a spingere per una soluzione diplomatica al conflitto.
Queste operazioni diplomatiche però si intersecano all’interno di una situazione geopolitica sempre più complicata, in cui nuovi attori e rapporti si intrecciano e influenzano a vicenda, causando un allargamento delle tensioni in Medio Oriente. Le notizie emerse da fonti iraniane ed egiziane riguardo esercitazioni militari nei cieli iraniani hanno alimentato i timori di un imminente conflitto regionale. Le autorità egiziane hanno già avvisato le compagnie aeree di evitare i cieli iraniani, segnalando una situazione di allarme crescente. Anche al confine con il Libano la situazione non è migliorata, ma anzi continuano a piovere bombe israeliane sui villaggi libanesi.
La tragedia ignorata della Palestina
L’ultimo attacco israeliano contro una scuola a Gaza City, che ha causato oltre 100 morti, ha ricevuto poca attenzione sui principali canali di informazione, più concentrati su eventi come le Olimpiadi. La realtà è che i bombardamenti su strutture scolastiche e umanitarie a Gaza sono diventati così frequenti da perdere l’impatto mediatico.
La scuola di al-Tabin, situata nel distretto di Daraj, è stata colpita da tre bombe di 907 chili ciascuna, mentre centinaia di persone si trovavano all’interno per la preghiera del mattino. Il portavoce dell’esercito israeliano ha giustificato l’attacco affermando che all’interno dell’edificio si nascondevano militanti di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese. Le testimonianze locali raccontano una storia diversa: l’edificio, trasformato in un grandissimo rogo, ha intrappolato circa 250 persone, tra cui donne e bambini, senza possibilità di fuga.
Di fronte a una situazione sempre più drammatica, la comunità internazionale riconosce che solo un cessate il fuoco e una reale tregua a Gaza può prevenire un’escalation del conflitto in tutto il Medio Oriente. Allo stesso tempo però, il successo dei negoziati sulla tregua a Gaza dipende dalla volontà di Israele di abbandonare la violenza in favore di una soluzione diplomatica, un obiettivo che appare sempre più difficile da raggiungere. Nonostante abbia accettato la proposta per il 15 agosto, Netanyahu sembra essere piuttosto distante e non collaborativo nei negoziati, e le bombe che cadono sulla Palestina occupata incessantemente rappresentano la prova.