Quella della tratta transatlantica degli schiavi è una storia secolare che ha generato più di 300 anni di deturpazione dei diritti umani.
Ogni anno, l’ONU dedica una giornata alle vittime della tratta transatlantica degli schiavi. Si tratta del 25 marzo ed è stata istituita in ricordo del giorno della proclamazione dello Slave Trade Act del 1807 che ha reso illegale il commercio di schiavi africani nell’impero del Regno Unito di Gran Bretagna. Quella della tratta transatlantica degli schiavi è uno dei capitoli bui della storia dell’uomo più lunghi di sempre e le sue conseguenze persistono ancora oggi.
Un commercio triangolare
Con tratta transatlantica degli schiavi viene definita la rotta triangolare attraverso la quale i mercanti europei importavano in Africa beni da usare per l’acquisto di schiavi africani da deportare nelle Americhe e usare nella produzione di merci da vendere nel continente europeo. La sua storia ha interessato quasi quattro secoli: dal 1500 al 1800. Dopo la conquista europea del continente americano, lo sfruttamento massiccio e la diffusione di nuove malattie causarono la morte della maggior parte delle popolazioni indigene. Per questo motivo e per continuare a mantenere in attivo i nuovi possedimenti e coltivare piantagioni, i colonizzatori iniziarono a importare nuovi schiavi dall’Africa.
Nel continente africano la schiavitù era già praticata e usata come frutto delle battaglie tra i popoli locali. Gli schiavi non trattenuti dai catturatori erano venduti ad acquirenti musulmani che li deportavano nei Paesi mediorientali. Approfittando dei mercanti di schiavi africani, gli europei iniziarono presto a barattare persone da sfruttare in cambio di beni come armi da fuoco, stoffe e liquori.
I principali attori della tratta transatlantica degli schiavi
La prima tratta degli schiavi è avvenuta nel 1526 su una nave portoghese diretta nell’odierno Brasile. Altre zone di destinazione erano i territori caraibici colonizzati dal Regno Unito e dalla Francia, le colonie spagnole nell’attuale America latina e centrale, l’America del Nord e le zone del Canada Occidentale. Secondo il Trans-Atlantic Slave Trade Database furono in tutto 12,5 milioni gli africani spediti nel Nuovo Mondo da tutti i Paesi coinvolti. Protagoniste di queste tratte erano compagnie commerciali europee tra cui quella francese e olandese delle Indie occidentali e la Royal African company. Infatti, insieme al Portogallo, la Gran Bretagna fu uno dei Paesi dominanti nel commercio di schiavi. Si stima che tra il 1640 e il 1807 trasportò 3,1 milioni di schiavi africani.
Nei territori americani gli schiavi venivano venduti in veri e propri mercati e acquistati principalmente da proprietari terrieri europei che li usavano come domestici (camerieri, stallieri, ecc.) oppure per impiantare e coltivare piantagioni. La schiavitù era un elemento essenziale nel nuovo tipo di economia che stava prendendo forma: le monoculture specializzate in un solo prodotto come canna da zucchero, cotone, tabacco, caffè, ecc. Secondo quanto si ha notizia, l’ultima nave è arrivata in Alabama nel 1859.
Le condizioni degli schiavi
Nonostante le differenze tra contesti diversi, le condizioni degli schiavi erano in generale terribili. Le traversate dell’Atlantico duravano mesi, molti di loro morivano durante il viaggio ed erano legati l’uno all’altro con poco cibo e acqua a disposizione. Per questo motivo c’erano spesso rivolte che comportavano minacce e uccisioni dei ribelli da parte di chi li tratteneva. Sulla terra ferma il lavoro durava turni massacranti e ogni mancanza era punita con frustate o vere e proprie torture. Le violenze sessuali sulle donne erano molto frequenti e le gravidanze davano vita a nuovi schiavi. A queste condizioni disumane si aggiungeva il dramma psicologico dell’essere stati strappati dalle proprie famiglie e i propri territori senza la possibilità di farvi ritorno.
A testimoniare le condizioni di queste persone sono i canti di lavoro intonati nei campi di cotone dell’America settentrionale, le cosiddette work songs. Nate per sopportare la fatica e mantenere il tempo e la coordinazione durante il lavoro, queste hanno anticipato i generi Blues e Jazz di inizio Novecento. Insieme a loro presero forma i Negro Spirituals, canti di culto ispirati ai valori cristiani e utilizzati anche per comunicare in codice attraverso simboli biblici.
I movimenti abolizionisti
L’apice del commercio di schiavi si ebbe durante il Settecento. In questo periodo attivisti, intellettuali e politici iniziarono a esprimere preoccupazioni rispetto alle implicazioni morali del sistema schiavistico e Londra iniziò a essere centro di campagne di abolizione. Un esempio è la mozione che la Camera dei Comuni propose nel 1776 con la quale si condannava la disumanità della tratta degli schiavi. Queste tendenze posero le basi per il primo incontro del Comitato per l’abolizione del commercio degli schiavi che nel 1787 portò la questione nel parlamento britannico.
Uno degli apporti abolizionisti più ricordati è quello di Thomas Clarkson. Viaggiando per i porti della Gran Bretagna e raccogliendo testimonianze da marinai che lavoravano sulle navi mercantili, questo attivista britannico ha contribuito a convincere il parlamento a sostenere la causa abolizionista. A testimonianza di questo lavoro è il libro History of the Abolition of the African Slave Trade pubblicato nel 1808. Anche l’azione di ex-schiavi liberati influenzò l’attività degli abolizionisti. Un esempio è The Interesting Narrative and Other Writings di Olaudah Equiano. Questa autobiografia del 1789 è una delle più importanti condanne del commercio della letteratura abolizionista.
L’abolizione della tratta transatlantica degli schiavi
Tra le motivazioni che tenevano acceso il dibattito abolizionista non c’erano soltanto le questioni ideologiche. Lo schiavismo aveva assunto un ruolo centrale nell’economia dei Paesi coinvolti e l’abolizione avrebbe creato una falla problematica nel sistema. Esempi in difesa della pratica si trovano in quotidiani o lettere scritte da esponenti della Compagnia delle Indie o da proprietari di piantagioni americane. Tuttavia, l’evoluzione del sistema capitalista rese più più vantaggioso disporre di forza lavoro salariata che di schiavi. Unita alla spinta umanitaria, questa possibilità consentì il varo di leggi specifiche in più Paesi.
I primi ad abolire la tratta degli schiavi furono la Danimarca (1792), il Regno Unito (1807), la Francia rivoluzionaria (1815), l’Olanda (1814), la Svezia (1815) e il Portogallo (1815-1830). Tuttavia, l’abolizione non comportò la liberazione di chi era già schiavo o nasceva tale. Gli uomini erano costretti ad arruolarsi nell’esercito. Le donne, i bambini e coloro che non erano adatti a questa mansione diventavano operai o domestici per proprietari terrieri, militari e governi locali. In alcuni casi queste condizioni portarono allo scoppio di rivolte. Un esempio è la rivoluzione haitiana di fine ‘700. Durante la metà dell’800 i trasporti di schiavi continuarono verso il Brasile e gli Stati Uniti, estinguendosi definitivamente solo negli anni Ottanta del secolo (In Brasile nel 1888; negli Stati Uniti nel 1865).