– Di Marcela Magalhães –
Nelle ultime settimane, i giornali di tutto il mondo ci hanno mostrato bambini indigeni di etnia Yanomami in condizioni fisiche che ricordano molto i sopravvissuti dei lager nazisti. Questa volta, i responsabili di questo grande disastro sono gli agenti di un sistema predatorio e di accumulazione del profitto generato dall’estrazione illegale di minerali in Brasile, insieme alla cattiva gestione delle politiche da parte del governo di Jair Bolsonaro. Il caso Yanomami, come la distruzione di oltre un terzo dell’Amazzonia, riflette le oscure conseguenze di un’avidità umana senza precedenti, che lascia una scia di distruzione e morte paragonata all’Olocausto.
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L’estrazione mineraria ha dominato per anni parte del territorio amazzonico e ha impattato negativamente su più di 30.000 indigeni, con violenze, contaminazione dell’acqua e del suolo, insicurezza alimentare, malnutrizione e fame, oltre che con conseguenti malattie come tubercolosi e malaria. Tutto questo scenario catastrofico è stato aggravato dalla mancanza di accesso alle risorse sanitarie di base del popolo Yanomami. In numeri assoluti, la fascia più colpita è quella dei bambini sotto un’anno: 505 morti, negli ultimi 4 anni.
Con l’insediamento del terzo governo di Lula da Silva, sono state prese misure di emergenza per mitigare e risolvere la situazione. Un’operazione lanciata la scorsa settimana (06/02) dalle squadre di ispezione dell’Istituto brasiliano per l’ambiente e le risorse naturali rinnovabili (IBAMA), con il sostegno della Fondazione nazionale per i popoli indigeni (FUNAI) e dell Forze di ordine nazionale, sta combattendo l’estrazione illegale di minerali nella terra indigena Yanomami per garantire la ripresa del territorio.
Ma tuttora centinaia di Yanomami stanno lottando per salvare la propria vita nella crisi umanitaria senza precedenti che affligge la riserva. Almeno 30 bambine e adolescenti sarebbero rimaste incinte da minatori dopo essere state violentate. Ci sono anche informazioni su collocamenti irregolari di bambini Yanomami e persino processi di adozione illegale in corso. Secondo le autorità brasiliane, oltre 20.000 minatori hanno invaso la terra indigena per ricercare oro e cassiterite, un minerale appartenente alla classe degli Ossidi, soprattutto durante i quattro anni del governo Bolsonaro.
Nell’azione di sicurezza intrapresa contro l’estradizione illegale di minerali, i dipendenti dell’IBAMA hanno distrutto un elicottero, un aereo, un trattore, nonché tutte le strutture conosciute e utilizzate per la gestione logistica dell’estrazione. C’è stato anche il sequestro di tre imbarcazioni che trasportavano carburante e viveri. Oltre a benzina, gasolio e generatori, gli ispettori hanno trovato anche una tonnellata di alimenti conservati nei congelatori per rifornire i minatori, mentre gli indigeni pativano la fame.
Sempre secondo il rapporto del governo brasiliano, una base di controllo è stata installata presso un centro sulle rive del fiume Uraricoera, che è la principale via di fuga utilizzata dai minatori dopo l’inizio delle azioni del governo federale nella regione. Oltre alla distruzione delle infrastrutture e dei mezzi di trasporto utilizzati in attività illecite, la preoccupazione dei responsabili dell’operazione è quella di evitare che migliaia di invasori possano ristabilirsi nella zona.
l’ex presidente Jair Bolsonaro era un sostenitore dell’allentamento delle regole minerarie nelle riserve indigene e anche sulle omissioni della precedente amministrazione. L’estrazione mineraria nella regione amazzonica è aumentata del 300% negli ultimi quattro anni del governo Bolsonaro – 54% solo nel 2022. Inoltre, il governo Bolsonaro è accusato di aver ricevuto diverse denunce, più di 20, riguardanti attività minerarie illegali e violazioni dei diritti umani contro le popolazioni indigene, ma l’ex presidente non ha mai preso provvedimenti per evitare questa situazione. Bolsonaro, sui social, ha affermato che l’emergenza sanitaria yanomami era una “farsa della sinistra”, ma che la salute indigena è stata sempre una delle priorità della sua amministrazione.
Il ministro dei popoli indigeni, Sônia Guajajara, ha evidenziato:
“Per uscire dalla situazione di emergenza sanitaria, è necessario intervenire alla radice, che è rappresentata dalll’estrazione illegale di minerali (…) Non è possibile che 30.000 indigeni continuino a vivere insieme a 20.000 minatori nel loro territorio”.
Inoltre, esiste da parte degli specialisti la preoccupazione relativa alla fuga disorganizzata dei minatori, che portano con sé “la cultura dell’illegalità”: quando cercano posti nuovi, portano con loro malattie e danni ambientali. Il destino di questi uomini rappresenta una preoccupazione anche per il consigliere per la promozione dello sviluppo sostenibile presso la Fondazione nazionale per i popoli indigeni (FUNAI), Lucia Alberta Andrade, che ha dichiarato di temere che l’estrazione mineraria faccia la sua “migrazione verso altre terre indigene”, sempre dentro la gigantesca area dell’Amazzonia.