Da ieri (giovedì 22 settembre 2016) nei cinema nostrani sarà possibile andare a vedere l’ultimo film di Erik Gandini. Un documentario intitolato La teoria svedese dell’amore; realizzato dal regista sopracitato dalle origini italo-svedesi.
Il documentario ci è raccontato in italiano proprio dal regista. Lo stesso documentario non è altro che un’analisi delle mancanze all’interno della società svedese (la società più indipendente del mondo intero).
In effetti il sistema svedese è un sistema molto ben orchestrato. Basato, inoltre, sull’obiettivo primario di ogni persona d’essere autonoma dalle altre.
Questo tipo di società si sta affermando nell’intero Occidente. Oltre all’indipendenza dell’individuo spesso è presente solitudine e purtroppo (o per fortuna; dipende dai punti di vista) perdita di significato delle relazioni.
All’interno del film si succedono, ad esempio, immagini riguardanti molti donatori di sperma solitari. Sono coloro che permettono a molte donne di diventare madri-single (numero in aumento).
Ci sono anche immagini di appartamenti ai limiti del reale con molti “morti dimenticati”, i quali sono in crescente aumento.
Ed è proprio dopo tutto questo, che viene spontanea la domanda che Erik si chiede. Domanda che caratterizza interamente questa sua opera, quesito paradossale.
«Come può una società perfettamente sicura e organizzata generare tanta insoddisfazione?», questo è ciò che Gandini si chiede in questo sua pellicola documentaristica.
L’artista ha già realizzato un’altra pellicola prima di nome Videocracy.
Videocracy è un altro documentario. Il quale analizza il modo in cui in Italia la televisione influenza parecchio la vita sociale; questo perchè la stessa rappresenta per i più la principale fonte d’informazione.
Erik si concentra in particolar modo sull’impero costruito da Silvio Berlusconi intorno ad essa. E su come sempre dalla stessa derivi il potere politico dello stesso personaggio.
In realtà c’è da dire che il documentario non approfondisce molto la questione. Bensì molto spesso si lascia trasportare dalle impressioni, mettendo in evidenza il più possibile l’assorbimento da parte della società di valori della TV commerciale.