La Svezia di Kristersson tra immigrazione, criminalità e un futuro incerto

La Svezia di Kristersson

La Svezia di Kristersson è un paese che si trova a un bivio critico, con politiche che suscitano domande profonde sulla direzione in cui sta andando. In mezzo a dibattiti accesi sull’immigrazione, la criminalità e la repressione, il futuro del paese sembra essere appeso a un filo sottile.


Il governo guidato dal leader conservatore Ulf Kristersson, che ha assunto la carica il 17 ottobre 2022, si è recentemente trovato al centro dell’attenzione pubblica a causa di una proposta di legge che ha suscitato una serie di critiche e preoccupazioni. Questa proposta, presentata verso la fine di settembre, è stata giudicata inadeguata da diversi settori della società svedese. La sua criticità risiede principalmente nel fatto che non affronta adeguatamente le questioni che riguardano i ceti medio-bassi e non soddisfa neanche coloro con redditi più elevati.

Per quanto riguarda i ceti medio-bassi, la riduzione delle tasse prevista per i dipendenti e i pensionati non sembra essere sufficiente a compensare l’aumento dell’inflazione e i tagli ai servizi sociali. Questo ha portato a una crescente insoddisfazione tra coloro che speravano in misure più concrete per migliorare la loro situazione finanziaria.

Allo stesso tempo, chi percepisce uno stipendio elevato è rimasto deluso dal fatto che la soglia di reddito al di sopra della quale è richiesto il pagamento di un’imposta aggiuntiva non sia stata aumentata. Questo ha suscitato preoccupazioni tra i contribuenti più abbienti che avevano sperato in una riduzione della pressione fiscale.

Per il governo, è diventato urgente affrontare la questione dell’immigrazione e della criminalità, poiché il suo sostegno politico dipende dall’appoggio degli ultranazionalisti dei Democratici di Svezia. In un tentativo di ottenere il favore di questo gruppo politico, il governo sta proponendo misure che legano in modo controverso l’immigrazione alla criminalità, creando una sorta di spirale perversa tra i due fenomeni.

Il governo sostiene che gli immigrati irregolari costituiscano una “società ombra” all’interno del paese e che sia necessario “riportare la luce” rimandando indietro coloro che non dispongono di un permesso di soggiorno e allungando i tempi per chi cerca asilo dopo un primo rifiuto. Questa proposta è stata oggetto di critiche da parte di organizzazioni umanitarie e gruppi per i diritti umani.

Quanto all’immigrazione economica, il governo ha proposto di aumentare notevolmente il reddito minimo richiesto ai lavoratori provenienti da paesi terzi per ottenere un permesso di lavoro. La soglia attuale di 13.000 corone svedesi (circa 1.100 euro) verrà raddoppiata a 26.560 corone (2.250 euro) a partire dal 1° novembre. Questo corrisponde all’80% dello stipendio medio in Svezia ed è stato oggetto di aspre critiche. Molti ritengono che questa cifra sia semplicemente inaccessibile per la forza-lavoro più modesta, come colf, badanti e addetti ai servizi, spesso con contratti part-time, rischiando l’espulsione o la clandestinità.

Una delle caratteristiche più particolari di questa riforma è che potrebbe colpire anche coloro che lavorano già in Svezia da anni e che pagano regolarmente le tasse, ma che intendono fare domanda per prolungare il permesso di soggiorno. Questo potrebbe portare a una possibile espulsione di massa o alla clandestinità per lavoratori che hanno contribuito alla società svedese per anni.

Inoltre, è importante notare che il requisito del reddito minimo non si applica alle ragazze au-pair né al lavoro stagionale, il che ha suscitato polemiche sulle disparità nel trattamento delle diverse categorie di lavoratori immigrati.

Il governo sostiene che questa riforma mira a favorire l’ingresso di soggetti con le competenze richieste dal mercato del lavoro e a ridurre la presenza di immigrati con bassa qualificazione, con l’obiettivo dichiarato di combattere la criminalità. Tuttavia, questa strategia solleva importanti interrogativi sul futuro delle occupazioni meno qualificate e sulla disponibilità di lavoro per gruppi specifici di immigrati, come le donne ucraine.

Parallelamente a queste misure sull’immigrazione, c’è anche una crescente preoccupazione per l’aumento della criminalità. La situazione è stata particolarmente preoccupante a partire dal 2015, con l’incremento di sparatorie e attentati con bombe tra giovani immigrati. Questi eventi hanno generato una comprensibile preoccupazione tra la popolazione svedese, che teme di essere coinvolta in situazioni di violenza.

Inoltre, esiste una rete internazionale di trafficanti di droga e armi dietro ai giovani coinvolti in sparatorie e attentati. Questa rete opera nell’ombra e contribuisce significativamente all’incremento della criminalità. La questione della criminalità in Svezia è quindi complessa e richiede una valutazione accurata di tutte le sue sfaccettature. Mentre l’attenzione si concentra sui leader delle gang, il dibattito pubblico sembra trascurare chi sta dietro le quinte e coordina le attività criminali. Questa narrazione potrebbe non affrontare adeguatamente le radici della criminalità.

In uno scenario politico segnato dalle tensioni tra Svezia e Turchia per la questione NATO, i giovani nelle zone svantaggiate si trovano a fronteggiare scelte difficili. Si sentono spesso emarginati dalla società e segregati dalla popolazione autoctona. Questo li costringe a fare una delle due scelte: unirsi a una gang per cercare di guadagnare rapidamente, o rischiare di rimanere vittime di violenza da parte dei coetanei. Questo crea un ambiente pericoloso e instabile nelle periferie svedesi.

Le “zone svantaggiate”, sebbene talvolta definite in modo riduttivo, ospitano una ricchezza di relazioni, attivismo e biografie. Tuttavia, il governo sembra essere più interessato a intensificare la repressione e la sorveglianza in queste aree piuttosto che ad affrontare le radici dei problemi.

Le politiche del governo in materia di immigrazione e criminalità sembrano puntare principalmente sulla dissuasione e sulla repressione. Tra le misure proposte, vi è l’inasprimento delle pene anche per i minori, l’impiego di guardie private, in gran parte di orientamento estrema destra, e dell’esercito per svolgere compiti di supporto alla polizia. Inoltre, sono in fase di valutazione misure quali le testimonianze anonime, le “zone di ispezione” in cui la polizia può effettuare perquisizioni senza mandato e la detenzione a tempo indeterminato per coloro che sono considerati pericolosi oltre il termine previsto per il reato commesso.

Una delle misure più controverse è la proposta di legge che imporrebbe al pubblico impiego di verificare lo status giuridico delle persone straniere e di segnalare alle autorità coloro che risultassero non in regola. Questa proposta renderebbe il pubblico impiego essenzialmente un braccio della polizia e ha portato a una reazione della società civile. Diverse associazioni e sindacati, tra cui quelli della scuola, dell’università, della sanità e della cultura, hanno aderito alla campagna “Noi non informiamo le autorità”, dichiarandosi indisponibili ad attenersi a una legge del genere, se dovesse essere approvata.

È importante sottolineare che, nonostante queste misure siano state introdotte con l’obiettivo di combattere le gang criminali, potrebbero avere effetti negativi sulla libertà di tutti i cittadini. L’attenzione deve essere rivolta non solo alle misure di repressione, ma anche alla necessità di affrontare le cause sottostanti della criminalità e di fornire opportunità per i giovani nelle comunità svantaggiate.

La situazione nel paese scandinavo è attualmente caratterizzata da una serie di politiche controverse legate all’immigrazione e alla criminalità. Queste politiche hanno generato divisioni nella società svedese e sollevato preoccupazioni sul futuro del paese. È importante che il dibattito pubblico si concentri su soluzioni a lungo termine per affrontare le sfide sociali e garantire una società più equa e inclusiva.

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