Nel mondo digitale di oggi, la privacy e la sicurezza dei dati personali sono diventate questioni sempre più cruciali. Recentemente, un’indagine ha svelato il lato oscuro di Glovo, una piattaforma di consegne a domicilio ben nota. La geolocalizzazione dei rider di Glovo, che fino ad ora sembrava riguardare solo il loro tempo di lavoro, è stata al centro di un’analisi sorprendente.
Nel mondo delle consegne a domicilio, il nome di Glovo è ormai noto a tutti. Tuttavia, una recente indagine tecnica ha sollevato delle preoccupazioni significative riguardo alle pratiche di questa piattaforma e alla sua gestione dei dati personali dei rider. Questo rapporto, reso pubblico dall’European trade union institute (Etui), ha rivelato uno sconcertante sistema di raccolta dati implementato da Glovo, che sembra non rispettare i diritti dei suoi lavoratori.
Uno dei fatti più scioccanti emersi da questa analisi è che Glovo sembra conoscere la posizione dei suoi rider anche quando non sono in servizio. L’applicazione invia automaticamente informazioni alla piattaforma sulla quale il rider lavora, tra cui la posizione precisa del rider, la sua velocità e persino il livello della batteria del suo smartphone. Questo monitoraggio non si ferma mai, continuando anche quando l’app è in background e tracciando i movimenti del rider durante diverse ore del giorno e della notte.
Ma qui non finisce: Glovo condivide queste informazioni con varie aziende di marketing. Compagnie come Pubnub, Kustomer e Smooch, tutte statunitensi, hanno ricevuto il codice unico identificativo del rider. Nel frattempo, Firebase, un servizio di Google, ha ottenuto un’enorme quantità di dati personali, tra cui nome, cognome, indirizzo email, il tipo di veicolo utilizzato per le consegne e persino un punteggio di eccellenza.
In particolare, l’intrusione di Braze, una piattaforma di marketing, solleva numerose preoccupazioni. Hanno ottenuto non solo il codice unico identificativo del rider ma anche la sua email, il numero di telefono e la sua posizione. Questa raccolta massiccia di dati solleva importanti questioni etiche, poiché permette di ottenere una conoscenza dettagliata dei rider sia come consumatori che come lavoratori, sfumando la linea tra lavoro e vita privata.
Inoltre, i ricercatori hanno scoperto un misterioso file chiamato “punteggio” condiviso con la casa madre. Tuttavia, non è chiaro se questo punteggio abbia un ruolo nelle assegnazioni delle consegne o in altre decisioni riguardanti i lavoratori. L’esistenza di un punteggio che può influenzare la vita dei rider solleva domande riguardo a potenziali discriminazioni.
Questo sistema di raccolta e condivisione dei dati è stato descritto come “ampio” e “irrispettoso dei diritti dei rider” nel rapporto. Inoltre, sembra violare i principi del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (Gdpr) dell’Unione europea, in particolare il principio di minimizzazione, che richiede che le aziende raccolgano solo le informazioni strettamente necessarie e per il tempo necessario.
Sembra che basterebbe poco per ridurre la quantità di dati raccolti, come disabilitare la geolocalizzazione quando i rider non sono in servizio. Inoltre, il rapporto sottolinea la mancanza di trasparenza nell’operato di Glovo, poiché l’applicazione non spiega adeguatamente il suo funzionamento ai lavoratori.
Questa non è la prima volta che Foodinho srl, la società che opera Glovo in Italia, si trova sotto accusa. Nel 2021, il Garante per la protezione dei dati personali italiano emise un provvedimento contro l’azienda per “gravi illeciti” riguardo agli algoritmi utilizzati. Questo provvedimento è stato confermato dalla Cassazione e ha comportato una sanzione di 2,6 milioni di euro.
Questa indagine getta luce su questioni importanti riguardo alla raccolta dati, alla gestione del lavoro attraverso algoritmi e ai diritti dei rider. La recente intesa tra i ministri del lavoro dei 27 Paesi dell’Unione europea per regolare l’attività delle piattaforme digitali è un passo avanti, ma alcune deroghe potrebbero rendere la situazione disomogenea in Europa. I rider meritano una protezione adeguata e una regolamentazione chiara, altrimenti rimarranno soggetti al potere delle piattaforme.