Molti anni dopo la Strage di Ustica, rimangono i dubbi e la sfiducia nelle istituzioni che, in decenni di processi e indagini, non sono riuscite a dare risposta ai familiari delle vittime.
Il 27 giugno è, nel calendario dei misteri italiani, un altro dei giorni in cui il nostro Paese fa i conti con la consapevolezza di ingiustizie decennali, nel ricordo di chi non c’è più. La sera del 27 giugno del 1980, un aereo partito da Bologna e diretto a Palermo, precipitava nelle acque del Mediterraneo, davanti all’isola siciliana di Ustica, causando la morte delle 81 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri.
Un cammino tortuoso
Le varie ipotesi si susseguono senza successo, dalla bomba a bordo al cedimento strutturale. In quasi mezzo secolo di processi, oggi si è arrivati a una verità giudiziaria ancora parziale: nel 1999, la sentenza ordinanza del giudice istruttore rinvia a giudizio quattro generali e cinque ufficiali per attentato contro gli organi dello Stato, aggravato dall’alto tradimento. Il reato di “strage” sparisce dagli incartamenti, perché gli autori materiali dell’azione sono rimasti ignoti.
Un quadro inquietante
Quello che il giudice istruttore Rosario Priore ricostruisce è un quadro inquietante: il DC-9 della compagnia aerea Itavia cade in mare dopo essere stato abbattuto nel corso di un «atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti». Nel 2000 la Corte d’Assise di Roma avvia il processo in cui sono imputati i vertici dell’Aeronautica. Le assoluzioni arrivano nel 2004: non hanno commesso il fatto o, comunque, a risolvere la posizioni dei militari arriva la prescrizione.
Omissioni e insabbiamenti
Nel 2005, il secondo grado di giudizio e, in seguito, la Cassazione pronunciano l’assoluzione con formula piena. Emerge tuttavia un complesso garbuglio di trame: alcune omissioni nelle rilevazioni dei tracciati radar di Fiumicino e Ciampino hanno impedito immediatamente la ricostruzione della dinamica di quello che, a tutti gli effetti, si configura come un conflitto aereo. La matassa di informazioni fornite, omesse, trasmesse in modo errato o volutamente modificato ha ostacolato la comprensione della cornice completa di quello che la cronaca ha definito per anni un incidente. Nel 2007, Francesco Cossiga, Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga, rivela che a colpire il velivolo italiano sarebbe stato un mezzo francese durante un’azione bellica. L’ennesima indagine che deriva da queste dichiarazioni non ha ancora dato risposte.
Un rapporto minato tra cittadini e Stato
Come riportato su La Stampa, a tutti gli effetti, la strage di Ustica si inserisce a pieno titolo nella lunga storia senza responsabili del nostro Paese. Troppe persone sono salite in aereo, hanno preso un treno o hanno camminato per strada in un giorno sbagliato e hanno trovato la morte, senza che si arrivasse mai a capire il perché. Si tratta di eventi che guastano irreparabilmente il fragile rapporto tra lo Stato e i suoi cittadini. Non perché le tragedie negli altri Paesi non accadano. Quel che indigna infatti riguarda l’assurdo groviglio di trame sotterranee che emerge, in processi che durano decenni e che, quando si concludono, difficilmente trovano un responsabile che paghi realmente per quel che ha commesso o che non sia, meramente, la punta di un iceberg.
Dalla strage di Ustica sono passati molti anni e circa trenta governi. Non sono bastati a ottenere risultati nelle rogatorie internazionali portate avanti nei confronti di Francia, Usa e Belgio. Paesi amici, come ci piace chiamarli, da cui il nostro Stato non riesce a ottenere risposte.
Elisa Ghidini