La strage di San Gennaro: sei africani innocenti vittime della camorra

Strage di San Gennaro, sei africani innocenti uccisi dalla mafia.

Il 18 settembre 2008, a Castel Volturno, sei immigrati africani vennero uccisi durante un bliz di stampo mafioso da sette killer appartenenti ad un gruppo scissionista del clan dei Casalesi. Il giorno dopo scoppiò una rivolta lungo la Statale Domiziana, alla quale parteciparono decine di stranieri per chiedere giustizia.

Sono due i blitz, avvenuti a mezz’ora di distanza l’uno dall’altro, che caratterizzano la strage di San Gennaro. Sette killer della camorra appartenenti al clan dei Casalesi, uccisero sparando un’infinità di proiettili il pregiudicato Antonio Celiento e sei giovani africani, vittime innocenti della strage.

Le modalità della strage di San Gennaro

Le modalità con le quali è stata pensata la strage di San Gennaro risultarono inedite e l’enorme quantità di proiettili sparati portò il Magistrato ad aggiungere, oltre all’aggravante di azione compiuta con metodo mafioso, anche quello di discriminazione e odio raziale.

Tale decisone venne presa in quanto il clan di Giuseppe Setola, boss al quale facevano riferimento i killer coinvolti, aveva chiaramente l’ intenzione di assoggettare l’intera comunità straniera alla volontà del suo clan.

Un altro aspetto che è stato evidenziato delle modalità utilizzate nella strage di San Gennaro è quello che vede la volontà del clan di divulgare panico e terrore nella collettività proprio attraverso l’inaudita violenza utilizzata nell’azione. L’intera comunità di immigrati doveva essere consapevole che qualunque cosa che accadeva nel territorio, doveva essere prima approvata dal clan e soggetta al versamento di tangenti.

La ricostruzione della dinamica dei fatti

Intorno alle ore 21, una sessantina di colpi d’arma da fuoco raggiunsero Antonio Celiento, proprietario di una sala giochi in via Giorgio Vasari e pregiudicato per furto e rapina, nonché associato al clan dei Casalesi. Venne ricoverato d’urgenza, ma morì poco dopo.

Ua ventina di minuti dopo l’agguato a Celiento, i killer raggiunsero la sartoria Ob. Ob. Exotic Fashions, al civico 1083 della strada Statale Domitiana, a Ischiatella, frazione di Castel Volturno. Qui, una quantità impressionante di proiettili venne sparata contro l’edificio e sei cittadini africani, che si trovavano all’interno o nelle vicinanze di tale luogo, vennero uccisi.




Furono almeno sette le armi che spararono quella notte, tutte di modello e calibro diversi. Infatti, sulla scena della strage, vennero ritrovati 125 bossoli provenienti da: due armi calibro 7,62x39mm, una pistola mitragliatrice, quattro pistole semiautomatiche e varie munizioni di AK-47.

I colpevoli della strage

Secondo le ricostruzioni fatte dalla polizia, la sparatoria durò meno di 30 secondi.

Alessandro Cirillo era alla guida della Fiat Punto, mentre Davide Granato, Giovanni Letizia, Oreste Spagnuolo e Giuseppe Setola sparavano i colpi con armi diverse.

L’unico sopravvissuto, il ghanese Joseph Ayimbora, fu essenziale per il riconoscimento dei tre principali responsabili, grazie all’identificazione dei colpevoli attraverso foto segnaletiche.

Il ricordo delle vittime della strage di San Gennaro

I sei immigrati africani che rimasero uccisi durante la strage di San Gennaro (Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams, El Hadji Ababa, Samuel Kwako e Jeemes Alex)  erano tutti di origine africana e tutti giovanissimi. Dalle indagini è emerso che nessuno di loro aveva coinvolgimenti in attività criminali e che nessuno era legato alla mafia locale.

La rivolta nella Statale Domiziana

Il 19 settembre 2008, ovvero all’indomani della strage di San Gennaro, decine di extracomunitari si riversarono nelle strade dando vita ad una vera e propria rivolta popolare alla quale partecipò la grande maggioranza della comunità africana di Castel Volturno.

Il corteo della protesta si svolse lungo la Statale Domiziana durante le prime ore del pomeriggio, dislocandosi per circa 10 km.

La protesta non fu molto pacifica. Infatti, si verificarono atti di vandalismo che proseguirono per ore. La rivolta bloccò le strade, il traffico, vennero incendiati cassonetti, alcuni esercizi commerciali furono danneggiati e vennero anche presi d’assalto due bus comunali. Francesco Nuzzo, sindaco di Castel Volturno, convocò un incontro insieme alla prefettura di Caserta e alcuni membri della comunità africana riuscendo, così, a ripristinare la calma nella protesta.

Tale protesta, caratterizzata da un’escalation di violenza e da un’intensificazione dell’azione criminale del clan dei Casalesi, ha portato alla creazione di una commissione straordinaria.

Il 20 settembre, al Viminale, Roberto Maroni, Ministro dell’Interno, insieme al capo della polizia, Antonio Manganelli, e altri esponenti politici, decisero di inviare un corpo di 400 agenti speciali per il controllo e la sicurezza di quei territori:

«Dopo un’approfondita valutazione della situazione dell’ordine pubblico è stato deciso di intensificare il controllo del territorio e colpire duramente la criminalità organizzata, rafforzare al massimo l’attività investigativa e di intelligence per individuare gli autori dei recenti omicidi, per la cattura dei latitanti e dei responsabili di attività criminali, per i quali, laddove immigrati clandestini, saranno avviate con la massima celerità le procedure di espulsione. Sarà infine sottoposta dal ministro dell’Interno al Consiglio dei ministri l’ipotesi di rendere più flessibile l’utilizzo dei militari non solo per le aree urbane, ma anche per altre zone critiche, previa valutazione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica.»

Andrea Montini

 

 

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