Idealmente, la storia è un tentativo narratologico di raccogliere gli eventi più importanti che hanno riguardato il genere umano. Attraverso questa disciplina, si trova nel presente un’occasione per affacciarsi in ciò che è stato. Ripercorrere gli eventi più importanti e decisivi nella storia del genere umano offre un prezioso strumento per comprendere anche la realtà contemporanea.
Fare storia, riportare sistematicamente eventi significativi da tramandare ai posteri, non è solo un mezzo di analisi e indagine. Infatti, il suo potere creativo è indubbio. Senza la storia di un paese, l’identità del medesimo non esisterebbe. La narrazione delle vicende che hanno accompagnato la nascita di una popolazione è necessaria al consolidamento dei valori sui quali essa vuole costruire la propria immagine. La coscienza delle battaglie, delle vittorie, degli orrori, delle mode di una nazione è un qualcosa che conferisce unità e unicità a chi ne fa parte.
Selezione di eventi
Ma l’elemento selettivo che caratterizza questa disciplina è da tenere in considerazione, così come la sua natura scritta (oggi anche mediatica). Ciò che viene tramandato dal passato in quanto ritenuto fondamentale alla formazione nel presente, non è la totalità, ma una selezione. La storia è una selezione. La maggior parte di ciò che si conosce del tempo che precede la propria nascita è scritto, dunque inevitabilmente interpretato– e non è un caso che la storia inizi ufficialmente con l’avvento della scrittura.
Ciò che è scritto non è mai univoco, non è mai il punto di vista assoluto. Allo stesso modo, una selezione di scritti non comprende mai tutto ma solo ciò che è ritenuto rilevante da chi la redige.
La selezione diviene canone
La storia non va intesa aprioristicamente come un racconto oggettivo, perché – essendo un racconto – in essa è implicita una prospettiva. Inevitabilmente, mette in luce degli aspetti lasciandone in ombra altri. Il fatto che un punto di vista soggettivo (o elitario) venga poi assunto come vero, è dovuto alla canonizzazione della storia.
E cosa serve per stabilire un canone?
Canone è il titolo di un trattato di anatomia scritto dall’eminente scultore Policleto nel periodo dell’antica Grecia. Indicava le caratteristiche ideali che un corpo umano doveva avere per risultare armonico, perfetto.
Con un po’ di sforzo immaginativo, potremmo quindi rispondere che per stabilire un canone serve influenza, come ne aveva Policleto, e un’idea, uno scopo, un interesse (per lo scultore era l’armonia del corpo) che motivi la propria selezione di elementi canonici.
La Storia non esiste. Il passato è solo uno strumento del presente e come tale è raccontato e semplificato per servire gli interessi di oggi.
Tiziano Terzani
Riscrittura del passato
Ma allora la storia è qualcosa che racconta, o può essere anche qualcosa che allinea, smussa contorni e aggiunge collante agli eventi allo scopo di proporzionare il passato nel modo più congeniale alla classe più influente?
Considerando infatti il potere della storia di influenzare l’identità del presente, appare evidente il tipo di interesse che potrebbe nutrire la classe dominante di un paese nel fare storia al proprio popolo. Costruire tramite la storia un’identità nazionale, un’egemonia culturale che legittimi e incentivi azioni che è nel suo interesse compiere.
Per esempio, le colonizzazioni potrebbero essere raccontate come imprese eroiche. Lo sfruttamento delle popolazioni come accordi equilibrati. Gli stupri come riuscita integrazione con i locali.
Punti di vista sconvenienti, o arbitrariamente ritenuti non utili o nocivi per la costruzione dell’identità del pase sono ignorati. La loro memoria è cancellata dalla storia ufficiale, o riscritta in un modo che si allinei con il racconto del ceto dominante. La voce delle classi subalterne, le versioni scomode, vengono relegate ai margini del fluire degli eventi storici, e il canone diventa il punto di vista assoluto. Diventa la storia che tutti sanno, ma non il passato di tutti.