Il cognome Nabokov è da sempre associato all’autore di Lolita. Ma anche suo fratello, Sergey Nabokov, ha lasciato traccia del suo passaggio. La sua storia non è tra le più conosciute, ma è sicuramente uno di quei personaggi che merita più di una menzione quando parliamo di parità di diritti. Ai tempi in cui visse Sergey, infatti, essere omosessuali era un reato, così come lo è ancora oggi in ben 72 paesi del mondo. Ma procediamo con ordine.
Sergey Nabokov è nato meno di un anno dopo Vladimir, a metà Marzo del 1900, nella città di San Pietroburgo. La sua famiglia era molto importante, tanto che era ammessa alla corte dei Romanov, un onore che era riservato a pochi. Un onore che ben presto si tradusse in pericolo, ai tempi della Rivoluzione di Ottobre. Tanto che i Nabokov furono costretti alla fuga, una fuga resa possibile anche per merito del piccolo Sergey che finse di avere il tifo per evitare i controlli delle guardie rosse.
Compiuti gli studi di filologia in Inghilterra insieme al fratello, Sergey iniziò a lavorare a Berlino presso una banca. Un impiego che detestava, e che abbandonò dopo circa una settimana. Da quel momento in poi, si guadagnò da vivere sfruttando le sue capacità linguistiche – conosceva infatti ben quattro lingue.
Biondo, alto, elegante, magro e affascinante, amava profondamente la musica e il mondo dell’arte, e nel periodo in cui abitò a Parigi fu un sofisticato dandy e frequentava, tra gli altri, Cocteau e Gertrude Stein.
La sua omosessualità fu ben presto rivelata: suo fratello Vladimir, infatti, spiando il suo diario lesse delle annotazioni che lasciavano trapelare l’interesse verso il sesso maschile, e informò loro padre, che accettò senza troppe difficoltà la sessualità del figlio. Al punto che lottò per abolire le persecuzioni contro gli omosessuali, e fu ucciso per motivi politici durante una conferenza a Berlino.
Se il padre era pronto ad accettare l’omosessualità di Sergey, il resto del mondo non lo era affatto.
Negli anni ’20, Berlino era una città in cui c’era un’atmosfera di tolleranza. Per questo, Sergey si comportava liberamente, e non nascondeva il proprio orientamento sessuale, ed ebbe relazioni amorose con altri uomini. Ma le cose cambiarono presto. Nel 1941, infatti, venne arrestato dalla Gestapo per aver avuto rapporti omosessuali; un’accusa che gli costò 5 mesi di reclusione.
Essere gay, infatti, era un atto che violava la legge 175 del codice penale tedesco, un articolo introdotto nel 1852 abolito nel nel 1971. Le stime dicono che tra il ’33 e il ’45 furono in 100.000 a subire l’accusa di omosessualità. Anche se non ci sono statistiche davvero attendibili.
Se inizialmente gli omosessuali venivano incarcerati, le cose cambiarono. La tolleranza verso questa “forma di deviazione” era un problema perché sinonimo di decadenza, ed era una macchia nella battaglia per raggiungere la purificazione della razza. Le organizzazioni omosessuali furono abolite, e il passo successivo fu l’internamento nei campi di concentramento, che coinvolse tra i 5000 e le 15000 persone. L’accanimento era soprattutto nei confronti degli uomini, per quanto anche le donne furono perseguitate per questo reato. Per approfondire l’argomento, potete cliccare qui.
Dopo l’arresto, l’atteggiamento di Sergey nei confronti del regime nazista fu di totale intolleranza. Si espose talmente tanto che nel Novembre 1943 venne arrestato per dichiarazioni ostili allo stato, e per sospette simpatie anglosassoni – pare infatti che avesse aiutato un aviatore inglese in difficoltà, ma non abbiamo fonti certe. E’ importante ricordare che Sergey non solo era omosessuale, ma era un potenziale nemico dello stato anche per le sue origini russe, ed era tenuto d’occhio per entrambi i motivi.
Spedito in un campo di concentramento vicino ad Amburgo, morì di dissenteria il 9 Gennaio ’45, quattro mesi prima della liberazione. I compagni di prigionia, successivamente, ne elogiarono la generosità: si privava infatti di cibo e vestiti in favore dei più bisognosi.
Vladimir Nabokov venne a conoscenza della morte di suo fratello per lettera, dopo undici mesi. Proprio la sera prima lo aveva sognato, morto, in un campo di concentramento.
La storia di Sergey è una delle tante storie di vittime del regime nazista e dell’intolleranza umana. A tanti anni di distanza, è bene ricordarlo e fare la nostra parte per un mondo differente.