La storia della “Venere Rokeby” il quadro accoltellato da una suffragetta

Venere Rokeby
La Venere Rokeby sfregiata, 1914

Londra, 10 Marzo 1914. Una giovane donna entra alla National Gallery e inizia a infierire dei tagli alla Venere Rokeby (1648 ca.) di Diego Velázquez. Non si tratta di una follia fine a sé stessa, ma un modo per attirare l’attenzione sul problema dell’emancipazione femminile e sulla condizione delle suffragette incarcerate. 

 

Come un’artista dopo la sua performance, la donna spiega le ragioni del suo gesto in un comunicato stampa.

 “La più bella donna raffigurata sulla tela non valeva nulla rispetto alla morte di una donna in prigione”

Mary Richardson

Mary Richardson, passata alla storia come “Mary the slasher” (Mary la squartatrice) rivendicava l’arresto di Emmeline Pankhurst, leader del movimento britannico delle suffragette.

“Ho tentato di distruggere il dipinto della donna più bella della storia mitologica per protestare contro il Governo che sta distruggendo la Signora Pankhurst, la più bella figura della storia moderna”

“Azioni e non parole” era lo slogan della Womans Social Political Union (WSPU), e per mediare azioni e parole Mary opta per l’immagine. La sua intuizione è stata brillante perché durevole e clamorosa diventa la pubblicità di una causa se connessa a un’immagine simbolica, diremmo oggi “pop”.

Un’operazione mediatica perfetta

L’atto vandalico alla National Gallery ottiene una risonanza potentissima. I giornalisti ribattezzano la donna “Mary the slasher” e l’episodio viene raccontato come un grande caso di cronaca nera. La Venere è la vittima innocente di una suffragetta – come si diceva allora con malcelato disprezzo – isterica.

Miss Richardson fu condannata a sei mesi di prigione e nel giro di tre mesi il quadro viene restaurato e rimesso in esposizione. Da ex studentessa d’arte con innumerevoli precedenti penali, Mary ha operato una scelta “artistica” a dir poco interessante.




Venere Rokeby, l’unico nudo dipinto da Velázquez

La Venere Rokeby,  chiamata anche Venere allo Specchio o La toeletta di Venere, è l’unico esempio superstite di nudo femminile dipinto dal pittore Diego Velázquez,.

“Venere Rokeby” è un dipinto a olio su tela di Diego Velázquez, databile al 1648 circa e conservato nella National Gallery di Londra.

Il capolavoro di Velázquez rappresenta uno dei vertici più alti di realismo sensuale. Un corpo completamente nudo ritratto da dietro con il viso riflesso nello specchio che osserva lo spettatore. Un contatto visivo ed emotivo non indifferente che spiega in maniera più profonda l’avversione di Mary nei confronti di quel quadro.

“Non sopportavo come gli uomini stavano a bocca aperta davanti a quel dipinto” ha dichiarato a distanza di quarant’anni.

Certo che non le piaceva, e certo che quelli lo facevano.

Dipinta per soddisfare il piacere dei sensi di un aristocratico nel XVII secolo, la Venere Rokeby  viene percepita come il simbolo dello sguardo maschile sulla bellezza femminile.

Il bersaglio perfetto da colpire? In realtà, a oggi, possiamo dire che si è trattata di un’azione poco genuina. L’atto di violare un corpo femminile per protestare contro il trattamento riservato alle donne, è un grande controsenso.

La Venere Rokeby  ha acquistato un nuovo interesse umano e storico perfettamente contemporaneo

Il valore della Venere Rokeby va ben al di là della sua innegabile bellezza estetica.
La storia del quadro è l’esempio di come società, arte, antropologia e politica possono confluire in un’opera d’arte per renderla immortale. Perché immortali sono le questioni che emergono: il collegamento tra iconoclastia e rivendicazione politica, il cortocircuito tra moralità ed emancipazione e i paradossi intrinsechi degli estremismi.

La sua mutilazione ne ha rafforzato lo status di icona e ne ha fatto testimone di un disagio storico ancora esistente. 

Doriana Bruccoleri

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