La stella gialla dell’ambasciatore israeliano Gilad Erdan per un paragone distorto

ambasciatore israeliano Gilad Erdan indossa stella gialla

Nelle sale delle Nazioni Unite, l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan ha indossato con orgoglio una stella gialla sul petto, un simbolo toccante e carico di significato, in onore delle vittime dell’Olocausto. Tuttavia, possiamo considerare opportuno il paragone tra l’orrore vissuto dagli ebrei decenni fa e quanto sta accadendo attualmente in Medio Oriente?


Nelle sale delle Nazioni Unite, lunedì scorso, si è andato in scena una situazione sorprendente e provocatoria da parte di Gilad Erdan, ambasciatore israeliano, che ha indossato una stella gialla sul petto, un simbolo che evoca le vittime dell’Olocausto. Chiaramente, il suo intento non era soltanto commemorativo. Con ardore e determinazione, ha dichiarato che non avrebbe rimosso quel distintivo finché il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non avesse condannato le “atrocità” di Hamas, un evento che ha sconvolto la comunità internazionale.

Una settimana prima, le parole del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, avevano generato dibattito sul tragico attacco di Harmas del 7 ottobre, che aveva causato la morte di 1.400 persone. Guterres aveva indicato che quell’attacco non era sorto dal nulla, dando così il via a una tempesta di polemiche. Questo aveva portato lo Stato di Israele a richiedere le dimissioni del Segretario Generale, poiché sembrava minimizzare la gravità dell’evento.

Ma nelle ultime ore, è l’azione di Gilad Erdan, l’ambasciatore israeliano, a generare la vera e propria tempesta di polemiche. Con voce decisa, ha rimproverato i membri delle Nazioni Unite, affermando:

“Alcuni di voi non hanno imparato nulla negli ultimi 80 anni. Alcuni di voi hanno dimenticato il motivo per cui è stato istituito questo organismo.”

Poi, ha proseguito a delineare il suo messaggio incisivo:

“Quindi ve lo ricorderò io. Da oggi in poi, ogni volta che mi guarderete, ricorderete cosa significa restare in silenzio di fronte al male.”

In un gesto simbolico, Erdan e la sua squadra hanno indossato stelle gialle, ricordando le stelle che gli ebrei erano costretti a portare durante l’occupazione nazista in Europa. Sul petto del suo vestito, la stella gialla portava la scritta “Mai più“, rievocando il terrore dell’Olocausto. La scelta di questo simbolo, che è diventato il simbolo stesso dell’oppressione degli ebrei, ha suscitato numerose reazioni contrastanti.

Il presidente del Centro israeliano per la memoria dell’Olocausto Yad Vashem, ha espresso la sua disapprovazione e ha invitato Erdan a indossare invece la bandiera israeliana. Dani Dayan, presidente di Yad Vashem, ha dichiarato:

“Questo atto disonora le vittime dell’Olocausto e lo Stato di Israele”.

Le parole di Dayan sono state pubblicate su vari social media e hanno contribuito ad alimentare dibattito sulla scelta del simbolo.

L’ambasciatore Erdan, nel suo discorso, ha risposto alle critiche sottolineando che la stella gialla rappresenta l’impotenza del popolo ebraico, quando era a mercé degli altri, ma ora, con uno Stato indipendente e un esercito forte, sono padroni del proprio destino. Questa mossa, per lui, non rappresentava una disonorevole comparazione, ma piuttosto un richiamo alla responsabilità del presente.

Ricordando la storia, si sa che i nazisti costrinsero gli ebrei in Germania e in alcuni paesi europei occupati a indossare stelle gialle sui loro vestiti come parte di un programma di persecuzione che avrebbe culminato nell’Olocausto, con la morte di sei milioni di ebrei. I paragoni tra l’attacco di Hamas e la persecuzione nazista degli ebrei sono stati effettuati da vari leader, compreso il primo ministro Benjamin Netanyahu. Tuttavia, la controversia riguardo all’uso del simbolo della stella gialla sottolinea quanto sia delicato e inopportuno fare riferimenti all’Olocausto. La storia e il suo peso storico rimangono una parte cruciale del dibattito, alimentando discussioni e riflessioni su come commemorare il passato e affrontare il presente senza paragoni inutili e distorti.

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