La stampella di Tabarez oltre l’ostacolo

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Di Carlo Nesti


La storia di Oscar Tabarez, vissuta durante gli ultimi Mondiali, ha riportato alla memoria la mitica gestualità di Enrico Toti. Mi riferisco al momento, in cui il suo Uruguay segna, e dimentica l’esistenza di una stampella, che è lì per aiutarlo a stare in piedi, pur di proiettarsi verso i giocatori, ed abbracciarli.

Ma, ora, il fatto che la Federazione del suo paese lo abbia confermato, praticamente a vita, come commissario tecnico della Nazionale, nonostante una malattia inguaribile, è l’idea della disabilità, che induce a riflettere.

Quella disabilità che, agli occhi superficiali di noi normodotati, è semplicemente un ostacolo, che ti impedisce di vivere pienamente l’esistenza.

Al contrario, vista in chiave psicologica, e anche cristiana, diventa una forma rara di ricchezza interiore.

Cosa voglio dire? Voglio dire che, non puoi più badare ai valori effimeri, che la totale disponibilità di una testa, 2 braccia e 2 gambe, abbinate alla gioventù e alla salute, ti consentirebbero.

Ma riesci a fare di necessità virtù, perché si affina la tua capacità di guardare in profondità, dentro te stesso, e dentro il cuore degli altri, in quanto limitato a livello fisico, ma non spirituale.

Per questo, credo che la scelta della Federazione uruguayana sia un esempio per il mondo intero, che va ben oltre i contenuti abituali dello sport business, imperniati su una girandola impazzita di entrate ed uscite, esborsi e guadagni, puramente materiali.

Tabarez è un “maestro di sport”, non in chiave metaforica, ma scolastica, nel senso che le sue origini sono quelle di istruttore di educazione fisica, considerato tanto, quanto dovrebbero esserlo i suoi colleghi in Itala. Ma questa… in un paese senza Ministro dello Sport, sostituito da un sottosegretario, è un’altra (brutta) storia.

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