I Sami: chi sono gli indigeni europei e cosa rischiano

La sopravvivenza dei Sami

La sopravvivenza dei Sami, il più antico e ultimo popolo indigeno europeo, è sempre più minacciata da emarginazione sociale e discriminazioni. La loro nazione, il “Sapmi”, ricopre le aree circumpolari di Finlandia, Svezia, Norvegia e Russia nordoccidentale e conta tra i 50.000 e i 100.000 abitanti. Per migliaia di anni i Sami hanno vissuto in queste terre da nomadi, spostandosi liberamente da una parte all’altra. Con l’arrivo dei primi invasori dalla Scandinavia meridionale nel IX secolo, le loro condizioni cambiarono: non furono più liberi di muoversi e si ritrovarono presto ai margini della società, iniziando a subire una serie di discriminazioni che persistono ancora oggi.

I loro principali mezzi di sussistenza sono stati tradizionalmente l’allevamento di renne, la pesca e la caccia. Oggi, le conseguenze dei cambiamenti climatici, che colpiscono quest’area in maniera molto più evidente rispetto al resto del mondo, stanno mettendo a repentaglio la sopravvivenza dei Sami: lo scioglimento dei ghiacci causa disequilibri nell’ecosistema che influenzano l’intera società, con ripercussioni sull’economia, sulla cultura e sulla salute.

Nel tentativo di far sentire la propria voce, i Sami hanno compiuto notevoli progressi nello sviluppo di istituzioni di autogoverno e nell’acquisizione di una crescente influenza nella politica interna, come dimostra la creazione di tre parlamenti Sami (uno in Svezia, uno in Norvegia e uno in Finlandia). Ciononostante, le discriminazioni di cui soffre questo segmento della popolazione sono evidenti in ognuno di questi Stati.

Discriminazioni e traumi collettivi dei Sami

La Finlandia non ha ancora ratificato la Convenzione sui popoli indigeni e tribali dell’ILO, tramite cui nel 1989 è stata codificata una definizione di “popolo indigeno”. Questo rende più difficile tutelare i diritti di queste minoranze. La questione linguistica ne è un esempio: l’80% dei Sami finlandesi risiede al di fuori del territorio Sami, dove non vi è l’obbligo di utilizzare la loro lingua tradizionale nell’amministrazione pubblica e nel sistema giudiziario.

Attualmente, la maggior parte delle lingue Sami tradizionali sono scomparse; se ne contano nove sopravvissute, di cui una – la lingua Ume – parlata solo da una ventina di persone. In Norvegia, una serie di politiche assimilazioniste protrattesi sino agli anni ’60 hanno accelerato la scomparsa di diverse lingue tradizionali indigene e instillato un senso di vergogna negli appartenenti a questa minoranza, contribuendo a minacciare la sopravvivenza dei Sami e della loro cultura.

Ancora oggi, molti nascondono o rinnegano le proprie origini Sami. In Svezia, solo recentemente, le autorità hanno creato una commissione per la verità e la riconciliazione grazie alla quale, lentamente, alcuni indigeni Sami stanno denunciando le discriminazioni subite negli anni. Perdita di autostima, paura e disturbi mentali sono le conseguenze di quelli che sono stati definiti dei veri e propri “traumi collettivi”, riportati alla commissione e inseriti all’interno del report che verrà pubblicato l’anno prossimo. L’obiettivo è di spingere il governo svedese a intraprendere delle azioni concrete di riconciliazione con la minoranza Sami, anche se saranno difficilmente  ricompensati anni di emarginazione e segregazione in scuole ad hoc .

Il diritto negato alla terra

Anche il diritto alla terra e alle sue risorse naturali, ufficialmente riconosciuto alle popolazioni indigene, è stato spesso ignorato. In teoria gli Stati, prima di intraprendere un qualunque progetto in queste terre, dovrebbero chiedere il consenso libero informato di chi le abita. Spesso invece intere comunità si sono ritrovate da un giorno all’altro senza terra in cui poter portare avanti le proprie attività tradizionali come l’allevamento di renne.

Il caso norvegese della costruzione del più grande campo eolico d’Europa ne è un esempio. Avviata nel 2016 senza il consenso degli allevatori di renne locali, nel 2021 è stato dichiarato illegale dalla Corte suprema norvegese; sentenza che però per diverso tempo non si è tramutata in alcuna azione concreta. Dopo tre anni, l’accordo raggiunto prevede un risarcimento per gli allevatori di renne colpite. Ma il parco eolico continuerà a funzionare.

I Sami, che hanno tradizionalmente vissuto in modo sostenibile, devono dunque oggi rinunciare alle proprie terre per la sostenibilità della produzione energetica di altri. È comprensibile che un numero sempre maggiore di loro scelga di abbandonare la propria terra in favore delle grandi città: oggi la maggior parte dei Sami norvegesi, per esempio, vive nella capitale. I territori originari sono sempre più disabitati, con il conseguente aumento del rischio di perdere definitamente tradizioni e conoscenze di una cultura antichissima.  

Clementina Udine

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