La situazione sui diritti umani in Bielorussia non fa che peggiorare

La situazione sui diritti umani in Bielorussia è gravemente deteriorata

Dal 2020 a oggi, la situazione sui diritti umani si è aggravata

Negli ultimi quattro anni, la situazione sui diritti umani in Bielorussia si è gravemente deteriorata. La persecuzione sistematica e l’arresto di oppositori politici, giornalisti, attivisti e individui appartenenti alle minoranze sono diventati una prassi del regime di Aljaksandr Lukašėnka. Il tentativo di mettere a tacere qualsiasi forma di dissenso, lo smantellamento della società civile nel paese e l’esilio forzato della maggior parte dei membri dell’opposizione democratica hanno portato a un rapido deterioramento dei diritti politici e civili del popolo bielorusso.

Le proteste di massa scatenate dalla rielezione di Lukašėnka alle elezioni presidenziali del 2020 hanno rappresentato un momento spartiacque per il paese. La conferma del presidente bielorusso quattro anni fa, ufficialmente con l’80% dei voti, per un sesto mandato consecutivo, aveva portato centinaia di migliaia di persone in strada per chiederne a gran voce le dimissioni e favorire una transizione pacifica del potere. Le manifestazioni,  durate fino al maggio dell’anno successivo, portavano con sé grandi speranze di cambiamento e sarebbero dovute culminare nella deposizione di un leader autoritario che governava il paese da quasi trenta anni, dalla sua prima elezione, questa avvenuta in maniera regolare, nel 1994.

L’intervento del presidente russo Vladimir Putin, a cui Lukašėnka si era rivolto per contenere le rivolte, permise al leader bielorusso di rimanere al potere. L’invio da parte di Mosca di personale e consiglieri, oltre che il sostegno economico e militare offerto a Minsk, contribuì alla repressione totale delle manifestazioni e all’arresto di migliaia di persone. Le proteste si conclusero con il consolidamento del potere nelle mani di Lukašėnka e con un aumento costante della repressione, che ha ulteriormente aggravato la situazione sui diritti umani nel paese.

Lukašėnka ha schiacciato la Bielorussia

Il clima di repressione promosso da Lukašėnka in Bielorussia negli ultimi quattro anni è di una portata senza precedenti da quando il paese ha ottenuto l’indipendenza nel 1991. Il regime continua tuttora a perseguitare coloro che hanno preso parte alle proteste del 2020, tenta sistematicamente di silenziare chi esprime critiche nei confronti del regime e punisce chi sostiene direttamente o indirettamente organizzazioni non allineate con il governo.

Come riporta il Centro per i diritti umani Viasna, organizzazione bielorussa oggi costretta ad operare in Polonia, dall’estate del 2020 decine di migliaia di persone sono state arrestate per periodo più o meno lunghi, tra cui oltre 3.500 individui indentificati come prigionieri politici, incluse 600 donne. A settembre 2024, vi erano ancora più di 1.300 persone nelle carceri bielorusse sulla base di motivazioni politiche.

La società civile bielorussa è stata quasi interamente smantellata, con il regime che ha chiuso o bandito oltre 1.800 organizzazioni a partire dal 2020. Oltre a ciò, molti esponenti dell’opposizione del paese sono stati costretti all’esilio. Ad oggi, l’opposizione democratica bielorussa opera principalmente al di fuori del paese, soprattutto tra Polonia e Lituania, dove molti dei suoi membri vivono. Episodi di tortura e maltrattamenti nelle prigioni bielorusse avvengono con una regolarità preoccupante e non mancano casi di oppositori politici deceduti sotto la custodia della polizia.

La libertà di associazione è pressoché inesistente e la libertà di espressione è severamente limitata, con giornalisti e lavoratori nel mondo dell’informazione che sono soggetti a costanti pressioni. Tra gli altri, la repressione ha coinvolto oltre 500 avvocati per aver difeso i dissidenti politici e diverse figure religiose, generalmente vicine al movimento democratico del paese. A partire dall’agosto di quest’anno, è stato il turno della comunità LGBT, con diversi casi di individui arrestati per teppismo e diffusione di materiale pornografico.

Tra le altre questioni, il regime ha inoltre modificato la legge sulla pena di morte, espandendo i casi per cui è prevista. Alla vigilia delle prossime elezioni presidenziali, previste il 26 gennaio 2025, il quadro sulla situazione dei diritti umani nel paese è cupo a dir poco.

È tempo di pensare a una politica nei confronti della Bielorussia

Al contrario di altri stati post-sovietici la Bielorussia è spesso rimasta al di fuori dell’attenzione e dei discorsi di buona parte dei politici europei. Le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri hanno assistito passivamente al deterioramento dei diritti umani nel paese, senza prendere misure concrete per condannare le azioni di regime di Lukašėnka. Similmente, l’esilio forzato dell’opposizione politica bielorussa è passato relativamente inosservato e ha raccolto un sostegno attivo solamente da parte di pochi governi.

Per prevenire un’ulteriore deterioramento della condizione dei diritti politici e civili nel paese, le istituzioni e i paesi dell’UE dovrebbero adottare misure adeguate contro il regime bielorusso, a partire dall’applicazione di sanzioni contro coloro che contribuiscono a sostenere il governo di Minsk. Dal 2020 a oggi, solamente 261 individui vicini al regime sono stati sanzionati. I paesi europei dovrebbero ricorrere maggiormente a strumenti come sanzioni personali, divieti di viaggio e congelamento di beni al fine esercitare pressioni su coloro che permettono all’apparato repressivo bielorusso di funzionare.

Allo stesso tempo, si dovrebbe far leva sulla possibilità di rimuovere le sanzioni economiche, adottate in risposta al ruolo svolto dal paese nell’invasione russa dell’Ucraina, e le limitazioni sulla libertà di movimento all’interno dei territori dell’UE per motivi di viaggio, istruzione e affari.

In parallelo, i paesi europei dovrebbero aumentare gli sforzi per garantire un concreto supporto politico ed economico all’opposizione bielorussa. Gli Stati dell’Unione dovrebbero riportare la questione bielorussa al centro delle discussioni, raccogliere consensi intorno alla causa, anche presso le istituzioni internazionali, finanziare le attività degli organi di rappresentanza bielorussi all’estero, come il cosiddetto Consiglio di coordinamento, la struttura non governativa istituita dal leader dell’opposizione Svjatlana Cichanoŭskaja, con l’obiettivo di favorire la transizione democratica del paese e, infine, manifestare il sostegno anche a individui e gruppi che operano all’interno del paese.

Oltre a questo, le capitali europee dovrebbero evitare di isolare ulteriormente Minsk. Le sanzioni adottate in risposta al supporto fornito a Mosca nella guerra in Ucraina hanno decretato l’isolamento della Bielorussia dall’Europa e il conseguente avvicinamento alla Russia. Al contrario, è importante mantenere i contatti con Minsk, non solo per segnalare al popolo bielorusso di godere del supporto delle società democratiche ma anche per ricordare loro dell’esistenza di un sistema alternativo a quello della Bielorussia di Lukašėnka e della Russia di Putin.

In questo senso, il rilascio di visti per i Paesi dell’area Schengen, la ripresa di collegamenti ferroviari e di vario genere tra la Bielorussia e gli Stati europei, oltre a una maggiore presenza diplomatica nel Paese, dovrebbero far parte del pacchetto di politiche delle istituzioni dell’UE e degli Stati membri verso Minsk.

In sostanza, i Paesi europei dovrebbero maggiormente rivolgere la propria attenzione a ciò che avviene da anni in Bielorussia. La situazione dei diritti umani è significativamente peggiorata, uno scenario dovuto anche alla mancanza di una reazione decisa e concreata nei confronti del regime autoritario di Lukašėnka, che continua a stringere la presa sul Paese in un’atmosfera di relativa impunità. Allo stesso tempo, per sperare in un miglioramento della condizione dei diritti in Bielorussia in un futuro prossimo, occorre incrementare il sostegno alle forze di opposizione democratiche e, soprattutto, ricostruire i ponti con la Bielorussia prima che diventi vittima delle ambizioni imperialiste di Mosca.

Lorenzo Asquini

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