La situazione in Siria continua a essere estremamente tesa, con le forze governative di Damasco che stanno cercando di contenere l’avanzata dei gruppi jihadisti filo-turchi. Recenti scontri nelle aree circostanti la città di Hama hanno visto l’esercito siriano, supportato dai bombardamenti aerei russi e dalle milizie filoiraniane, respingere i tentativi di espansione dei combattenti di Hayat Tahrir al-Sham e di altri gruppi armati che mirano a rafforzare la loro posizione nella regione. Questi sviluppi arrivano in un contesto di crescente escalation militare, con le Nazioni Unite che esprimono preoccupazione per la situazione umanitaria in rapido deterioramento.
Le forze di Damasco recuperano territori chiave
Secondo fonti locali e dichiarazioni di un comandante dell’esercito siriano, le forze governative hanno lanciato un’offensiva su vasta scala lunedì scorso per riconquistare le posizioni perse nei giorni precedenti, in particolare intorno alla città di Khanaser, 80 chilometri a sud-est di Aleppo. Questo attacco ha avuto successo nel riprendere il controllo della zona, che era stata occupata dai gruppi jihadisti filo-turchi, tra cui Hayat Tahrir al-Sham, che nelle scorse settimane avevano intensificato le loro offensive contro le posizioni siriane. Secondo quanto riferito, le truppe lealiste si stanno ora dirigendo verso la città di Safira, considerata una porta d’accesso strategica a Aleppo, una delle città più importanti per il conflitto in corso.
Il recupero di queste aree, sebbene limitato, rappresenta una vittoria significativa per le forze di Damasco, che grazie al sostegno aereo russo e alla presenza sul campo delle milizie alleate, sono riuscite a fermare l’avanzata jihadista in una delle zone più contese del paese. Tuttavia, gli scontri nella regione sono tutt’altro che conclusi e il controllo delle aree intorno a Hama rimane instabile, con una continua pressione da parte delle forze armate siriane e le milizie di Al-Qaeda.
Scontri e raid aerei nel nord-ovest
Il quadro della violenza è aggravato da una serie di raid aerei intensificati che hanno colpito diversi obiettivi strategici nella regione. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), sono stati effettuati oltre 45 bombardamenti aerei da parte delle forze siriane e russe nelle zone limitrofe a Hama, a conferma di un’intensificazione delle operazioni. Non solo, la coalizione internazionale a guida statunitense ha condotto attacchi mirati contro posizioni di milizie fili-iraniane nella provincia di Deir Ezzor, nell’est del paese. In particolare, i raid hanno colpito postazioni legate al Consiglio Militare di Deir Ezzor, un gruppo che si oppone all’influenza iraniana nella regione e che è sostenuto dalle forze curde locali.
Questi scontri, che coinvolgono attori multipli e una varietà di milizie locali, hanno portato a un aumento dei combattimenti tra gruppi filoiraniani e altre fazioni locali, con l’area di Deir Ezzor che rimane uno dei principali punti di contesa, soprattutto per il controllo delle risorse naturali e dei punti di passaggio strategici. Le operazioni delle forze siriane, insieme a quelle delle milizie alleate, mirano a consolidare il dominio su queste aree e a ridurre la crescente influenza di forze esterne, come quelle turche, che sostengono alcune delle fazioni ribelli.
Un’ondata di sfollati e la crisi umanitaria
L’escalation della violenza ha avuto un impatto devastante sulla popolazione civile. Oltre 48.500 persone sono state costrette a fuggire dalle loro case dal 28 novembre a oggi, come riportato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA). L’agenzia ha espresso preoccupazione per l’alto numero di sfollati e per l’aggravarsi della situazione umanitaria, con molte famiglie che si ritrovano senza riparo e con risorse limitate. Il flusso di rifugiati è in aumento e la situazione sta diventando sempre più critica, con decine di migliaia di persone disperse tra le rovine dei combattimenti.
Tom Fletcher, capo dell’OCHA, ha sottolineato su X (ex Twitter) come la condizione di queste persone stia peggiorando rapidamente, con un rischio crescente di carestia e malattia a causa della mancanza di beni essenziali. Gli sfollati si rifugiano principalmente nelle aree più sicure della provincia di Idlib, dove la presenza di gruppi armati jihadisti e la continua instabilità creano gravi difficoltà per gli aiuti umanitari. L’alto numero di sfollati e la mancanza di strutture adeguate rendono la crisi ancora più complessa da gestire, mettendo a dura prova le agenzie umanitarie impegnate sul terreno.
La richiesta di una riunione d’emergenza dell’Onu
Alla luce di questa intensificazione del conflitto, il governo siriano ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La richiesta, sostenuta da Paesi come Mozambico, Sierra Leone, Algeria e Guyana, mira a sollecitare l’intervento internazionale per fermare l’avanzata dei gruppi jihadisti filo-turchi nel nord del paese, che hanno preso il controllo di vaste aree, inclusa la città di Aleppo.
Secondo fonti diplomatiche, la riunione del Consiglio di Sicurezza si terrà oggi, e si prevede che venga discussa la crescente minaccia rappresentata dai gruppi jihadisti nella zona e la situazione umanitaria che ne deriva. Il governo siriano accusa le fazioni ribelli di aver violato le tregue precedentemente concordate e di aver continuato a espandere il loro controllo nelle regioni del nord-ovest, creando un ulteriore campo di battaglia tra le diverse fazioni regionali e internazionali.
Le implicazioni geopolitiche
Il conflitto siriano, ormai da anni teatro di una guerra per procura tra potenze internazionali, ha visto l’intervento di diversi attori globali. La Russia, alleata di Assad, e la Turchia, che sostiene i gruppi ribelli, continuano a influenzare le dinamiche sul campo. L’integrazione di milizie iraniane nel conflitto ha aggiunto ulteriori complessità, con il rischio che la Siria diventi il punto di confluenza di interessi geopolitici divergenti. La partecipazione delle forze curde, che combattono contro l’occupazione turca nel nord, e l’intervento della coalizione a guida statunitense in alcuni settori, contribuiscono a rendere questo conflitto uno degli scenari più instabili e difficili da risolvere nella regione mediorientale.