La Sindrome del Nido Vuoto: le difficoltà vissute dai genitori quando un figlio abbandona casa

La sindrome del nido vuoto

Arriva il giorno nel quale un proprio figlio decide di lasciare la casa in cui è stato accolto e accompagnato nella crescita. Secondo le fasi del ciclo di vita, infatti, i figli, “presto” o “tardi”, cercano la loro autonomia e indipendenza andando via dalla casa dei genitori, nella quale sono cresciuti e dove maggiori sono i comfort e minori le preoccupazioni. Tuttavia, nonostante tale processo sia del tutto naturale, spesso è la causa della Sindrome del Nido Vuoto, vissuta dai genitori.

Il fenomeno della Sindrome del Nido Vuoto

La Sindrome del Nido Vuoto, in America chiamata “Empty Nest Syndrome“, è un’espressione coniata da psicologi e sociologi americani negli anni ’70 che indica uno stato di afflizione e tristezza, quasi luttuoso, sperimentato dai genitori quando i figli vanno via di casa. La pur indubbia gioia per la realizzazione dell’indipendenza dei propri figli non esclude, infatti, vissuti di perdita e di abbandono, una vera e propria difficoltà a superare il lutto della separazione e a gestire il tempo libero che, improvvisamente, il genitore si trova ad avere dopo anni trascorsi tra zaini da preparare, corse a scuola, allenamenti di calcio, danza, piscina e tanto altro.

Come i figli, dunque, devono organizzare la loro nuova vita, costruendosi un’identità separata da quella della famiglia e raggiungendo una maggiore autonomia, i genitori devono ridefinire il rapporto con i loro ragazzi, continuando a supportarli ma, allo stesso tempo, accettando la loro indipendenza e riconoscendo i loro status di adulti.

In questo momento, i genitori si trovano a vivere da soli dopo un lunghissimo periodo; ciò darà luogo a nuove dinamiche: da una parte, la riscoperta del proprio sé, ritrovando un nuovo scopo nella propria vita personale e di coppia, dall’altra la possibilità di vivere uno stress coniugale fino alla separazione, poiché i partner si riscoprono in un rapporto a due a cui non erano più abituati da anni; finiscono per non riconoscersi più ed i sogni che li avevano uniti in passato, oltre che i desideri, ora sono scomparsi o mutati.

Si può manifestare, quindi, una grave crisi di coppia caratterizzata da conflitti irrisolti, che sono stati sepolti per anni per il bene dei figli, oppure da nuovi conflitti, causati da una crescita e maturità coltivata negli anni.

È bene sottolineare che non tutti i genitori vivono tale perdita allo stesso modo: alcuni riescono a superarla tranquillamente, riscontrando emozioni positive legate ad un incremento dei livelli di intimità coniugale e mantenendo la propria individualità ben distinta dall’essere genitori; per altri, invece, la Sindrome del Nido Vuoto è una tristezza passeggera che può durare qualche giorno o settimana; per altri ancora, la sofferenza può essere più intensa, più duratura e può persino suscitare stati d’ansia, di vuoto e d’abbandono fino a sentimenti depressivi.

Vi sono, infine, casi in cui il genitore elabora in modo reattivo disfunzionale il distacco; intraprende un atteggiamento quasi ossessivo e invadente nei confronti del proprio figlio, cercando di stabilire un contatto forte e quotidiano, un atteggiamento che sfocia nella possessività.



La Sindrome del Nido Vuoto: quando bisogna chiedere aiuto

Avvertire che un figlio non ha più bisogno di un genitore provoca un’ondata di tristezza, solitudine e vuoto che ben presto può portare alla sensazione di aver smarrito il significato e il senso della propria vita. Il tutto non è facilitato dal presentarsi di altri fattori quali la maggior consapevolezza dell’arrivo della “terza età”, la menopausa o andropausa e le reminiscenze continue. D’altronde, se si considera che l’età media in cui i ragazzi lasciano casa si aggira intorno ai 30 anni, ciò significa che la coppia dei genitori si ritrova da sola dopo ben tre decadi.

Spesso, parlando di tale fenomeno si tende a pensare che a subire maggiormente tale cambiamento sia la madre, ma non è così. Per quanto concerne le differenze di genere, studi recenti hanno dimostrato come anche gli uomini non siano esenti dalla Sindrome del Nido Vuoto. Ciò che sembra differenziare madri e padri pare essere soltanto la modalità mediante la quale viene espresso il dolore per il distacco dai figli: le donne, sembrerebbero essere più inclini a comunicare liberamente le proprie emozioni relative all’argomento, a differenza degli uomini, che si mostrerebbero più neutrali e/o ambivalenti.

Inoltre, secondo gli esperti, il tempo medio necessario per superare La Sindrome del Nido Vuoto è di circa 3 o 4 mesi; eppure non è così per tutti. Sebbene la sindrome non sia riconosciuta come un disturbo clinico, ma si presenti come una fase transitoria, in molti casi è necessario e fondamentale chiedere aiuto poiché il rischio è che il fenomeno arrivi a livelli di sintomatologia grave, con aspetti ansiosi e depressivi e, nel peggiore dei casi, evolvere in effetti psicotici di non contatto con la realtà.

Affidandosi ad un percorso di psicoterapia si lavora cercando di capire cosa sta accadendo in ognuno; a tal proposito, in America sono nate delle figure motivazionali che prendono il nome di “Empty Nest Coach”.

Nella psicoterapia individuale si ricercano le cause, nella storia personale del genitore, che impediscono di vivere l’allontanamento del figlio come una conquista di autonomia e una cosa sana; il percorso psicoterapico di coppia, invece, può aiutare i genitori a modificare la relazione coniugale nel passaggio dalla dimensione genitoriale a quella di coniugi, favorendo attività in grado di incrementare la progettualità in termini di nuovi interessi individuali o condivisi.

Come superare la Sindrome del Nido Vuoto

Il poeta John Andrew Holmes, in merito all’arrivo di un figlio in una coppia, scriveva:

«Un bambino entra in casa tua e per i successivi vent’anni farà così tanto rumore che difficilmente riuscirai a sopportarlo. Ma quando se ne andrà, la casa sarà così silenziosa che ti sembrerà di impazzire».

Gli esperti, come ad esempio Magdalena Battles, invitano però i genitori a lavorare per gestire il vuoto del distacco, dato dalla Sindrome del Nido Vuoto, che non deve essere percepito solo come qualcosa di negativo, bensì anche il momento più adatto per rivedere la propria identità personale secondo una prospettiva più allargata: non si è più soltanto genitore, ma ci si riscopre anche partner e individuo portatore di bisogni e desideri.

Considerando ciò, si consiglia di guardare la situazione da un’altra prospettiva: ritrovare se stessi, dedicare del tempo al partner e agli amici, esprimere ad alta voce ciò che si prova dando spazio ai propri pensieri e sondare nuove opportunità di vita e lavoro. Nuove abitudini, frequentazioni, attività, che sono state rimandate per mancanza di tempo, permetteranno, quindi, di riscoprirsi e saranno d’aiuto anche come distrazione e dimostrazione che la vita va avanti, nonostante tutto.

Lucrezia Ciotti

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