Quando la vita di un politico coraggioso di nome Robert Francis Kennedy (RFK) si scontra con quella di Joseph Valachi, il mondo intero viene sconvolto dalla presenza di un’organizzazione criminale con radici profonde ed articolate: la scoperta di Cosa Nostra.
Per il giovane Ministro della Giustizia(RFK) la mafia era più di una semplice anomalia periferica, essa rappresentava una vera e propria organizzazione capace di influenzare vari ambiti della società americana e fu proprio Joseph Valachi a pronunciare per primo il nome dell’associazione mafiosa.
Il caso Valachi rappresenta il più importante passo in avanti compiuto dall’intelligence nella lotta contro il crimine organizzato.
Una frase, questa, pronunciata da Robert Kennedy nel 1963 per evidenziare come Valachi, ex affiliato della famiglia Genovese, giocasse un ruolo importante nella lotta alla mafia.
Gabriele Santoro ci regala un capolavoro dal titolo: La scoperta di Cosa Nostra ,edito da Chiarelettere. Un saggio nato dalla combinazione di innumerevoli viaggi tra gli archivi, interviste e scartoffie che lo hanno reso ricco di particolari storici ed estremamente interessante.
La figura di Valachi era necessaria per comprendere a pieno il funzionamento dell’associazione a stampo mafioso che, fino a quel momento, era stata sottovalutata.
Sotto la guida di RFK per la prima volta le agenzie investigative iniziarono a scambiarsi le informazioni e venne creata una banca dati condivisa in cui figuravano i più pericolosi gangster americani.
A soli trentacinque anni Robert Kennedy affrontò i casi internazionali più delicati e considerò la criminalità organizzata una priorità assoluta sull’agenda di Governo.
La scoperta di Cosa Nostra è un saggio che ci rivela il cambiamento portato da RFK in America durante gli anni ’60 ricostruendo le fasi storiche di una vera svolta epocale.
Robert, ormai procuratore generale, era determinato a raggiungere gli obiettivi prefissati e decise presto di coinvolgere anche i media.
Sapeva bene che era strettamente necessario parlare di mafia al mondo intero:
Nessuno può permettersi di rimanere distaccato da questo sforzo. Settimanali, quotidiani, televisione e radio hanno una responsabilità seria nel diffondere e trattare pubblicamente con costanza le notizie sulla criminalità organizzata nella corretta prospettiva. Possono contribuire molto, aiutando il lavoro delle forze dell’ordine e degli investigatori a tutti i livelli. Tuttavia, in ultima istanza, per marginalizzare i gangster e il sistema mafioso nella nostra vita nazionale, nulla può essere più importante della forza e della volontà di una comunità di essere libera.
L’autore scava fra le origini della Mano nera, quella combattuta dal famoso Joe Petrosino, riportando le deposizioni di Valachi in cui parlava di “famiglia” e del motivo per cui non abbandonò l’organizzazione:
Quando parlo di famiglia non mi riferisco a quella biologica, ma definisco formalmente il gruppo mafioso d’appartenenza- e aggiunse- Una volta che sei entrato, non puoi uscirne da vivo. Se ci provi, ti danno la caccia. Che cosa devi aspettarti se esci? Nulla, se non il supplizio.
Gabriele Santoro descrive le relazioni tra la mafia Italiana e quella Americana, confrontando la collaborazione di Valachi con quella di Tommaso Buscetta in Italia.
Il famoso “Boss dei due mondi” diventato testimone chiave nel Maxiprocesso di Palermo istruito da Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
Le parole del Giudice Falcone concludono l’inchiesta del nostro autore, un lavoro immane capace di dare voce ai protagonisti, lasciando al lettore uno spunto su cui poter riflettere:
La tendenza nel mondo occidentale, europeo in particolare, è quella di esorcizzare il male proiettandolo su etnie e su comportamenti che ci appaiono diversi dai nostri.
Ma se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.
Silvia Morreale