Eccolo, Salvini non tace nemmeno quando restare in silenzio equivarrebbe a una (per quanto effimera) dimostrazione di intelligenza. Invece, ancora una volta, ormai di questi tempi ci siamo fatti il callo, squittisce, ulula, strimpella, mostra il suo fiero piumaggio alla pletora di seguaci che attendono da lui chissà quale soluzione.
Dopo il rosario geriatrico dalla D’Urso, il devotissimo Matteo Salvini rincara la dose di 1 like 1 amen, degna del peggior molestatore social che a colpi di buongiornissimi e invocazioni virtuali alla Madonna intasa la bacheca di Facebook.
«La Santa Pasqua, la resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per milioni di italiani può essere un momento di speranza da vivere. Non vedo l’ora che la scienza e anche il buon Dio, perché la scienza da sola non basta, sconfiggano questo mostro per tornare a uscire. Ci avviciniamo alla Santa Pasqua e occorre anche la protezione del Cuore Immacolato di Maria».
Queste parole non le ha dette Gigione o Rosalba della porta accanto, che ogni sera alle 18 bisbigliano il rosario. Le ha dette il leader politico di un partito che secondo gli ultimi sondaggi continua a tergiversare sul 30% del consenso. Il leader del partito che governa proprio le due Regioni da cui è partito il contagio italiano e, che quindi, avrebbe tutto il potere di fare pressione sui rispettivi governatori di Lombardia e Veneto perché firmino un’ordinanza ad-hoc. Invece, ormai non ci sorprende, Mr. Simpatia preferisce gettare sul tavolo dei social arredato a banchetto l’ennesima faciloneria smargiassa, senza indagare cause ed effetti, ma solo con lo scopo di diffondere la sua parola, la sua immagine. Come un moderno Cristo populista.
Fede e fede
La religione è una cosa seria e non è più, come nell’era premoderna, teatro di lotte intestine e faide di quartiere. Più o meno dalla Rivoluzione Inglese, la religione si è andata ad assottigliare nel risiko politico, e oggi conduce una esistenza ritirata sulla sfera privata del singolo individuo.
Ognuno è libero di professare qualsiasi Fede che non leda la libertà di qualcun altro, questo è certo. Ma la fede, con la f minuscola, che intende Salvini è una fede slegata da una sana relazione con Dio e con l’Io, e incatenata al meccanismo più cognitivo-comportamentista che ci sia: quello del premio e della punizione. Un Dio che assomiglia al Grande Fratello, pronto a punire le sue creature e premiarle laddove agiscano secondo i suoi precetti, costruisce una legione di “fedeli”, pronti a tutto, ciechi a tutto, che non si interrogano più, e che anzi, covano un risentimento per chi invece quei precetti non li segue.
Da sola non basta
Per questi e altri motivi che non sto qui a presentare, la fede di cui parla Salvini è ciò che di più lontano ci sia dalla Fede con la F maiuscolo. Ciò che però più mi interessa delle dichiarazioni di Salvini è la seguente frase: “da sola la scienza non basta”.
Ahimè, per una volta, siamo costretti a dare ragione a Salvini: la scienza da sola non basta mai. A sostenerlo non è solo Salvini, ma schiere di filosofi, scienziati e religiosi. La scienza da sola non basta mai. Vero. Ma non nel senso che intende Salvini. Ci sono diverse ragioni per cui la scienza da sola non basta. Una è quella che possiamo definire epistemologica: le vie della conoscenza e della sapienza non seguono sempre gli itinerari delle ricerche scientifiche. La seconda, quella su cui vorrei soffermarmi qui, è di ragione più sociale, politica.
Scienza e politica
Partiamo da un presupposto: la scienza e la politica sono due cose diverse. Ognuna con funzioni, metodi e scopi differenti.
La prima, la scienza, tenta di comprendere il mondo, afferrare i suoi meccanismi interni e, infine, manipolarlo per ottenere un obiettivo attraverso la tecnica. La scienza studia il mondo e propone e sviluppa diverse tecniche per tentare di controllarlo e prevedere i suoi fenomeni. La scienza utilizza un metodo probabilistico: dati due elementi, il risultato della loro interazione è tale con una probabilità dell’X%.
La politica è, o dovrebbe essere, il luogo delle decisioni basate sui risultati di probabilità ottenuti dalla scienza. La politica fissa un obiettivo e cerca, basandosi sui dati scientifici, di raggiungerlo scommettendo che quella X probabilità si trasformi in realtà. La politica è, quindi, prima di tutto, il reame delle scommesse. Il compito del politico, dello scommettitore è quello di definire un obiettivo e scommettere di raggiungerlo attraverso le conoscenze fornite dal metodo scientifico.
Possiamo dire, riassumendo, che la scienza e le sue tecniche spiegano il come certe cose vadano fatte, ma non spiega se e perché queste cose devono essere fatte. Qui interviene la politica, che si occupa di assegnare alle tecniche scientifiche le finalità delle loro procedure. Sebbene, negli ultimi anni, la politica è sembrata più l’ologramma del luogo delle decisioni, ha ancora un grosso margine di potere. Gli obiettivi, infatti, sono sempre obiettivi umani, o se vogliamo, arbitrari. La scienza pur essendo in comunicazione con la politica non ne è parente di sangue. Le soluzioni passano sempre per il vaglio politico. La scienza per operare nel mondo non basta mai a sé stessa. Ha bisogno della politica tanto quanto la politica si serve di lei.
Ricordiamoci della scienza
Allora, tornando a Salvini, vogliamo riaprire le chiese? Benissimo, facciamolo, riconvertiamo la messa spogliandola di ogni contatto, stretta di mano, unzione, eucaristia e confessione, poi riaprimole tutte seguendo le norme anti-contagio. Ma ricordiamoci, e ricordiamolo a Salvini e alla politica tutta, che proprio perché da sola non basta, la scienza ha bisogno di un supporto, un sostegno.
Appoggio che negli anni è sempre venuto a mancare nel nostro Paese, dove la politica si dimentica della sua responsabilità nei confronti della scienza, e dove la scienza acquista valore solo ogni 4 anni come per i campionati di calcio, dove la scienza viene spogliata e costretta a sfilare, a fare le pose, a fare le faccette per apparire in salute e vergine sulle copertine delle riviste e dei quotidiani, dove la scienza viene esibita sul palcoscenico televisivo più come un fenomeno da baraccone, un professorone noioso e represso, che come una vera ancora di umanità.
Ricordiamoci della scienza, non solo quando segna un italiano o quando stravolge le nostre difese mentali. Ma, al contrario, quando non segna, quando fatica a gestire palla, quando i suoi avversari, l’insipienza, la volgarità, conquistano terreno e sembrano mettere in scacco ogni volta con ogni pallone la sua difesa. Ricordiamoci di lei proprio quando ha più bisogno dell’urlo incoraggiante dei tifosi sugli spalti. Ricordiamoci della scienza, e ricordiamolo alla politica che troppo spesso è apparsa sorda ai gridi di troppi ricercatori, studenti, dottorandi, insegnanti precari che nell’esercizio della virtù più umana che ci sia, la sapienza, cadono stremati come formiche dalla corteccia dell’albero su cui qualcuno si diverte a puntare il dito. Ricordiamoci della scienza, quando tutto sarà finito e i soldi mancheranno. Perché allora, a quel punto, saremo costretti a ricordarcene.
Axel Sintoni