La schiavitù in Mauritania è ancora una piaga radicata nelle tradizioni del paese, che, complice il Governo, sembra difficile da estirpare
In Mauritania, paese Nord-Occidentale dell’Africa, la schiavitù è ancora ben presente nonostante sia stata formalmente abolita dal 1981. Si stima che siano circa 95mila gli individui che si trovano in condizione di schiavitù nel paese.
La schiavitù moderna
Nonostante sia il 2022, esistono infatti ancora paesi del mondo in cui la pratica della schiavitù è ancora molto comune. Oggi si parla di “schiavitù moderna”, anche se essa non si discosta rispetto a quelle del passato. Tra questi paesi vi è la Mauritania, una nazione dell’Africa nord-occidentale, nella quale la schiavitù è parte dell’organizzazione sociale e per questo radicata nelle tradizioni del paese, che la rendono difficile da combattere ed estirpare.
La Mauritania è costellata da numerose etnie che la abitano, tra le quali vige una rigida divisione in caste. I “bianchi” costituiti da Arabi e Berberi, si trovano all’apice della piramide sociale e sono i cosiddetti “padroni”. Mentre, gli afro-mauritani e in particolare il gruppo etnico degli Haratin, si trovano al livello più basso della gerarchia sociale. Per tale ragione questi ultimi sono considerati proprietà esclusiva di chi sta in alto, ovvero i “bianchi”, che decidono sulla vita dei loro schiavi.
Chi possiede lo status di schiavo può essere venduto ed ereditato, non ha libertà e difficilmente ha la possibilità di accedere ai servizi essenziali e all’istruzione. Mentre, a livello sociale vengono discriminati ed esclusi, come accade per la casta degli intoccabili in India. A loro vengono affidati i lavori più degradanti, quelli considerati “sporchi” dagli arabi-berberi.
La schiavitù in Mauritania viene tramandata da madre in figlio, per tale motivo gli schiavi iniziano a lavorare per i loro padroni fin dalla tenera età. Gli uomini si vedono attribuire i lavori più pesanti, nonché la coltivazione della terra e l’allevamento del bestiame, mentre, alle donne spettano i lavori nell’ambito domestico. La condizione delle donne schiave spesso è drammatica, non di rado vengono violentate e abusate. Lo scopo di tale abusi è il fatto che una possibile gravidanza potrebbe portare un nuovo schiavo al padrone.
Nel 2018 un’indagine della ONG “Walk Free” sull’indice di schiavitù globale, ha classificato la Mauritania come il sesto paese al mondo per numeri di schiavi, in cui sarebbero 95.000 gli individui in condizione di schiavitù. Tuttavia, l’ultima valutazione dell’ONU ha esplicitato che nonostante la pratica della schiavitù non sia scomparsa nel paese, la situazione è migliorata rispetto al 2014.
A seguito, l’ONU è stato fortemente criticato per l’entrata della Mauritania nel consiglio delle Nazioni Unite. Non è di certo la prima volta che l’organismo internazionale viene messo in discussione per la presenza di paesi non democratici, che non tutelano i diritti umani della propria popolazione.
La schiavitù in Mauritania dovrebbe essere solo un ricordo
Dovrebbe ormai essere solo un ricordo la schiavitù in Mauritania: essa è stata ufficialmente abolita nel 1981, l’ultimo paese del mondo ad averlo fatto, ed è stata criminalizzata come pratica nel 2007. Inoltre, nel 2015 è stato istituito un tribunale speciale per perseguire i crimini di schiavitù. Ma pare che tale pratica in Mauritania sia vietata solamente sulla carta, in quanto risulta ancora profondamente radicata e anche ben tollerata dal governo. Le associazioni per i diritti umani denunciano ormai da anni il totale disinteresse del governo nel risolvere la problematica. Ma non è tutto, Amnesty International ha denunciato come gli attivisti e tutti coloro che si battono per i diritti umani e contro la pratica di schiavitù nel paese, subiscano intimidazioni e processi giudiziari per il loro operato da parte del governo mauritano, trovandosi spesso in condizioni di pericolo. Mentre, coloro che sono stati denunciati per il reato di schiavitù non subiscono condanne.
Pare dunque, che il governo non solo non rispetti la legislazione in fatto di schiavitù, ma oltre a favorirla, dichiara a livello internazionale che essa non sia più presente nel paese, ma si tratti di una pratica sradicata e appartenente al passato.