Di Carlo Nesti
Dopo i Mondiali di calcio, le Olimpiadi e le Paralimpiadi, il Brasile è tornato Brasile, spesso con la “b” minuscola”, e cioè un paese dove i valori, stampati sulla bandiera, sembrano una presa in giro.
“Ordem”, e cioè ordine, è sinonimo di violenza, il modo più brutale di mettere ordine, o da parte delle autorità, o fra le persone stesse. Nelle favelas, pare non esista altro sistema per imporre qualcosa, che si crede “giustizia”, e che è puro “egoismo”.
“Progreso”, invece, è soltanto un sogno, che qualche anno fa pareva raggiungibile, a causa di fragili prospettive economiche, ma che si è rivelato unicamente una meteora, travolto dagli scandali politici a ripetizione.
Anche in Brasile, però, ci sono storie come quella di Scampia, nei pressi di Napoli, e cioè vicende di chi strappa i bambini dai rischi della strada per portarli in una palestra, e dedicarsi al pugilato, imparando, mediante lo sport, cosa siano regole e lealtà.
Sono storie eroiche, ai limiti dell’impossibile, che dimostrano come il male, anche nelle condizioni peggiori, non riesce a cancellare il bene, perché esisterà sempre chi tenterà di pronunciare parole, e compiere azioni, in controtendenza.
Breno Macedo, ad appena 27 anni, ha già un passato glorioso, ma non come atleta celebre, bensì come persona, che, fra i 200 mila abitanti di Rio Claro, recupera anime, come se fosse un missionario.
Nei 30 metri quadrati di un capannone, ha estirpato lo spaccio della droga, e ha seminato la vita, con una scuola di boxe. Merita veramente il supporto di tutti quelli, che combattono i mercanti della morte. E merita questo piccolo spazio, per ciò che vale, in un mare di crudeltà.
L’articolo, poi ripreso da Nesti nella storia, nella struttura e in alcune frasi, era stato pubblicato su l’Avvenire il 21 settembre, con intervista a Macedo. Qui il link per chi volesse consultarlo: http://www.comitatoparalimpico.it/admin/DocumentiRassegna/Rassegna%2021%20settembre%202016.pdf