Fratelli d’Italia sta volando, la scalata di Giorgia Meloni sta per raggiungere la sua fine: la vetta. La nuova destra sociale prosegue indomita di fronte a una sinistra ferma e attonita e a un Salvini che la tira per la giacca, ma non riesce a farla cadere. Il motivo sta tutto nella comunicazione, la nuova destra sociale ha una voce educata, razionale, comprensiva, vittimista. È facile per i cittadini empatizzare. E nelle piazze sociali, che pur misurano gran parte del consenso, la sinistra si confronta con sé stessa e la Lega rincorre Meloni. Nella grave mancanza di identificazione dei veri avversari.
La scalata di Giorgia Meloni è quasi finita perché Meloni, invece, conosce bene i propri avversari. Sa che il problema di Salvini è quello di essere troppo netto e poco razionale, nelle sue infinite liste di niente. Meloni sa anche che a sinistra piace ciò che si può spiegare e allora si gioca tutta nel collegare con un filo logico le questioni italiane alle sue idee reazionarie. Poco o nulla serve che le spiegazioni siano lacunose, oppure potenzialmente false. L’importante è che forniscano una risposta. Così, in uno studio televisivo che arriva nelle case di milioni di persone, il secondo di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, si mostra pacato e rassicurante sulla questione migratoria, per poi, però, vedere la sua leader proporre il blocco navale.
Ma non vince la rabbia, non dopo una pandemia. In una situazione come questa la cittadinanza vuole risposte e soluzioni comprensibili.
Nell’epoca delle politiche fumose il linguaggio è la base per la vittoria
Un articolo dell’Espresso ha confrontato la comunicazione social di Salvini con quella di Giorgia Meloni. Il giudizio finale li consacrava gemelli. Un occhio attento potrà però notare delle sostanziali differenze.
In occasione del 25 aprile per esempio, Salvini ha scritto:
«Per la sinistra due persone che cenano al ristorante o un signore che prende un caffè al bancone sono mezzi criminali, ma le masse con le bandiere rosse e “bella ciao”… tutto OK!»
Meloni invece ha chiosato:
«A Bologna sinistra in piazza con mega assembramenti. Mentre le manifestazioni di ristoratori, commercianti e cittadini in ginocchio vengono limitate e demonizzate, alle piazze della sinistra tutto viene permesso».
La comunicazione è quasi identica, ed è chiaro, perché per procedere nella sua scalata, Giorgia Meloni necessità dei voti dei leghisti e quindi non è inusuale un sostanziale mimetismo. Entrambi infatti portano in campo un sentimento di rabbia che dovrebbe smuovere chi è afflitto dalla crescente crisi economica post-pandemica. Salvini, però, non dà voce a un ragionamento unitario, si limita ad attaccare i “nemici” e a smuovere gli animi. Meloni, al contrario, con i suoi tre aggettivi in fila da Ventennio, veicola il medesimo concetto salviniano, ovvero: “La sinistra non va votata e voi cittadini dovete ribellarvi”, ma instaura un nodo fondamentale: il perché. La sinistra non va votata perché crea assembramenti e perciò induce probabili danni nelle vite dei cittadini.
Così la scalata della sovranista Giorgia Meloni, disrupter d’Europa in cerca del trono d’Italia, procede lenta, costante, leggera.
Un altro esempio di logica controversa, anche se perversamente lineare, è quella di Fratelli d’Italia nei confronti della questione migratoria. Giorgia Meloni invoca ogni giorno un possibile blocco navale, che sarebbe sostanzialmente infattibile, per trovare una soluzione forte e decisa a un flusso migratorio per il quale comunque, a onor del vero, non si è mai potuto parlare di “invasione”.
Tralasciamo il fatto che il blocco navale è una misura inattuabile, esso significherebbe nei fatti dichiarare guerra a un esercito di uomini, donne e bambini che fuggono da guerre o da condizioni economiche non adatte a condurre una vita dignitosa. Eppure, Guido Crosetto a Piazza Pulita parlava in questi termini di migranti:
«C’è un altro attore, il business dei migranti […] Parli con uno di quelli che ha detto che sarebbe stata una follia chiudere Mare Nostrum. Certo che le persone che stanno affogando vanno salvate! […] Chiunque deve intervenire […] Però poi andiamo a vedere perché partono».
Ecco, la svolta reazionaria è tutta nella frase finale: “Andiamo a vedere perché partono”. Insomma chiunque ha il dover di intervenire se una persona sta morendo in mare, ma se la persona non ci arriva, in mare s’intente, nessuno dovrà muovere un dito.
Questo è un modo estremamente razionale ed educato al fine di raggiungere due obiettivi. Il primo è rassicurare il cittadino e dirgli: potrai disinteressarti delle vite altrui, perché non ne vedrai affatto. Il secondo è nei fatti impedire che le persone migranti facciano appello al diritto internazionale ed esercitino il diritto inviolabile di poter far richiesta di asilo, in condizioni umane e dignitose.
Molto meglio che dire: “Abbasso i clandestini”, no?
La scalata di Giorgia Meloni non trova pietre d’inciampo.
Nel suo percorso sulla montagna più alta, la leader della nuova destra sociale sta poi sfruttando un’altra caratteristica, totalmente sua. Nessun partito ha questo elemento, nessun politico può giocarci. La scalata di Giorgia Meloni passa dal suo essere donna. La sua femminilità viene giocata come una carta ogni qual volta si tratta di essere “una madre” o di apparire fragile e vulnerabile. Una donna fragile non può che essere compresa e amata, giusto? Anche qui, s’ignora platealmente che questo tipo di femminilità è un falso costruito da una società profondamente patriarcale. Certo, è una femminilità che non esce mai quando parla di politica. In quei casi preferisce essere risoluta, ma non come donna, bensì come leader.
C’è, però, un punto di ricongiungimento nell’anima scissa di Giorgia Meloni: la sua infanzia e il passaggio alla vita adulta. Meloni ha vissuto un’infanzia da bambina bullizzata, presa di mira per il suo peso. Ne parla, esprime le proprie paure più oscure, come quella di affogare. Si mostra nelle sue debolezze. È al fine, però, una persona forte, sopravvissuta ai peggiori soprusi, che sfoga nel vittimismo il suo potere.
A nulla importa poi che nell’identificarsi come vittima di bullismo, Giorgia Meloni si giudichi anche colpevole. Come a dire: “È colpa mia se a scuola mi prendevano in giro, li lasciavo fare”. È ovviamente una tattica che pesca direttamente nella mentalità comune che rinvigorisce il patriarcato. Rafforza l’idea per cui in fondo una vittima è tale perché “se l’è cercata”.
E in questo modo le opposizioni politiche diventano vittime del vittimismo di Giorgia Meloni. Una donna, un politico, una persona che è stata debole e fragile, ma che ora è diventato forte e indistruttibile.
Di fronte alle opposizioni di sinistra che ostacolano le donne che possano dimostrare una femminilità diversa. Davanti a uomini di destra e sinistra che dimostrano di non sapere prendere una posizione differente in merito ai diritti umani: basti vedere Letta e Salvini sullo stesso palco con in mano una bandiera israeliana. Ecco, accanto o di fronte a tutto questo, la scalata di Giorgia Meloni non ha freni e lo dimostrano i numeri. Meloni ha superato ieri nei sondaggi il Partito democratico arrestandosi a un 19,5 per cento con un +0,4 dalla scorsa settimana. È quindi seconda, dietro una Lega affaticata al 21 per cento con una perdita dello 0,3.
Lei, nell’ombra in piena vista, si dimostra perfettamente consapevole del proprio potere:
Potrei fare il premier, mi preparo a governare la Nazione.
Da notare, da ultimo quell’articolo “il”, così prepotentemente maschio, quando si tratta di governare. Quando si tratta della scalata al trono di Giorgia Meloni.
Antonia Ferri