La salute è un diritto di tutti, sempre e ovunque.

Il 7 Aprile viene celebrata la Giornata Mondiale della Salute. In questa occasione è interessante approfondire la situazione sanitaria delle varie regioni italiane.

In varie regioni d’Italia curare certe patologie è molto complicato e tanti pazienti sono costretti a partire verso strutture ospedaliere che però si trovano lontano da casa.

Partire per potersi curare

Poco prima della pandemia da Covid19 quasi 800 mila italiani hanno scelto di spostarsi verso ospedali fuori dalla regione di residenza. Alcuni pazienti si sono rivolti ai servizi della regione confinante perché più vicina a casa, ma molti altri hanno dovuto attraversare il mare e più confini, percorrendo centinaia di chilometri tra saliscendi per diagnosi, ricovero e visite di controllo.

Chiunque è libero di scegliere dove curarsi, spesso però non si tratta di una scelta ma di una decisione obbligata. Il diritto alla salute non dovrebbe essere condizionato dal luogo di nascita, domicilio o residenza. Tutti i cittadini pagano le tasse e quindi tutti dovrebbero avere gli stessi servizi a disposizione.



“La salute” delle varie regioni

Le regioni che offrono assistenza sanitaria ai non residenti ricevono un rimborso dalla regione di provenienza del paziente. Sono però poche quelle in grado di conseguire un saldo adeguato tra i propri residenti che si recano fuori regione, e pazienti che arrivano da fuori. Vediamo quali sono le Regioni che possono vantare il miglior saldo di mobilità fra crediti e debiti maturati verso altri servizi sanitari regionali nel periodo 2008-2018:

Lombardia (con un saldo passato da più 449 milioni di euro a più 698 milioni);

– Emilia Romagna (da più 335 milioni a più 338 milioni);

– Toscana (da più 103 milioni a più 143 milioni);

– Veneto (da più 99 milioni a più 126 milioni).

Le Regioni più indebitate sono invece:

– Campania (da meno 301 milioni a meno 320 milioni);

– Calabria (da meno 232 milioni a meno 281 milioni);

– Lazio (da meno 93 a meno 216 milioni; in questo caso il dato non include l’ospedale Bambino Gesù in quanto extraterritoriale);

– Sicilia (da meno 202 milioni a meno 213 milioni);

– Puglia (da meno 175 milioni a meno 192 milioni).

I numeri dell’Agenas

Nel decennio 2008-2018, secondo un’analisi pubblicata dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, il volume economico di tutte le prestazioni sanitarie extraregionali è passato da 3,6 a 4,3 miliardi di euro, con un aumento del 19 per cento. Anche se ogni anno la Regione che fornisce l’assistenza sanitaria viene rimborsata, al cittadino spetta il pagamento della trasferta e dell’eventuale alloggio (e non solo).

La sanità in Sardegna

La situazione della Sardegna è diversa rispetto alle altre regioni. Questa Regione è infatti la più isolata e la continuità territoriale non è sempre garantita.

Essere un’isola complica i movimenti dei pazienti che, quando hanno necessità di rivolgersi alle strutture sanitarie fuori regione, sono costretti a soggiornare in albergo. Il costo del viaggio e quello dell’alloggio rendono spesso ancora più complicata la situazione.

La Sardegna ha inoltre un problema interno. L’estensione territoriale notevole e la contemporanea assenza di enormi numeri di abitanti rendono difficile tenere aperti ospedali e poliambulatori. Di conseguenza moltissimi sardi non hanno più le strutture territoriali di riferimento e si devono spostare lontano da casa nei pochissimi centri che ancora tengono alta la qualità e la capacità di cura.

E chi non può spostarsi?

Molte persone fanno un viaggio per un consulto o per un percorso di cura relativamente breve. Moltissimi pazienti invece sono costretti a permanenze molto più lunghe. Chi affronta cure oncologiche o trapianti ha necessità di trasferirsi coinvolgendo la famiglia o i cosiddetti caregivers. Ma non tutti possono permettersi di farlo e lo Stato raramente rimborsa completamente le spese. Chi non può permettersi un trasferimento, o i vari viaggi, si trova in grandissima difficoltà.

Fortunatamente esistono tante associazioni di volontariato che aiutano i pazienti, e molti ospedali hanno convenzioni con residenze a basso prezzo. Purtroppo però questo lodevole sforzo civile non basta, serve una politica all’altezza. Molti sanitari hanno dimostrato di esserlo ma spesso sono anche loro vittime della cattiva gestione.

Chi di dovere dovrebbe capire, a maggior ragione dopo l’esperienza del Covid, che investire sulla sanità è indispensabile e doveroso. La salute dovrebbe essere un diritto uguale per tutti i cittadini, a prescindere da dove risiedano.

 

Alessandro Milia

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