Ricorre oggi l’ottantesimo anniversario dall’arresto da parte della Gestapo dei fratelli Sophie e Hans Scholl, membri della Rosa Bianca (Weiße Rose), un gruppo antinazista composto da cinque studenti dell’università di Monaco di Baviera che tra il giugno 1942 e il febbraio 1943 diffusero sei opuscoli in cui esortavano tutti i tedeschi a uscire dalla “prigione dello spirito” in cui erano confinati.
Le origini
Tra giugno e la prima parte di luglio 1942 Hans Scholl e il suo amico e collega di studi Alexander Schmorell fondano la Rosa Bianca. In questo periodo i due realizzano i primi quattro opuscoli in cui esortano tutti i tedeschi a riappropriarsi del proprio libero arbitrio e dunque della propria umanità. L’invito è quello di attuare una resistenza non violenta al regime nazionalsocialista. Hans e Alexander distribuiscono anonimamente gli opuscoli a tutti gli intellettuali della città di Monaco.
Nello stesso luglio il regime manda Hans Scholl e Alexander Schmorell a combattere sul fronte orientale. Qui assistono agli orrori perpetuati dal regime nazista nel ghetto ebraico di Varsavia. Insieme a loro al fronte c’è un altro giovane studente, Willi Graf, che diviene il terzo membro della Rosa Bianca.
Gli ultimi due opuscoli
L’esperienza sul fronte occidentale incoraggia i giovani a proseguire la propria lotta una volta tornati a Monaco nell’ottobre 1942. In questo periodo il gruppo si allarga ulteriormente, grazie all’entrata della sorella di Hans, Sophie, e di Cristoph Probst.
Nel gennaio 1943 i cinque amici redigono il quinto opuscolo della Rosa Bianca intitolato “Appello a tutti i tedeschi!”. in questo testo le posizioni contro il regime e il Führer divengono ancora più esplicite. La Rosa Bianca distribuisce l’opuscolo in varie città nel sud della Germania e in Austria.
A inizio febbraio 1943 il gruppo amplia la propria azione stabilendo contatti con altri gruppi di resistenza e scrivendo slogan contro Hitler sui muri dell’università. In questo periodo collabora alla stesura del sesto opuscolo anche un professore di filosofia, Kurt Huber.
L’arresto
Il 18 febbraio 1943 Sophie e Hans Scholl si trovavano all’università, pronti a distribuire le copie dell’opuscolo, quando un impiegato universitario li ferma. Immediatamente dopo la Gestapo li arresta. Il 22 febbraio 1943 vengono ghigliottinati. Non passerà molto tempo prima che gli altri membri della Rosa Bianca e circa un’altra ottantina di persone subiscano lo stesso destino.
Nel luglio del 1943 gli aerei della Royal Air Force britannica sganceranno sulla Germania migliaia di copie del sesto opuscolo della Rosa Bianca realizzate a partire da un esemplare che era giunto sino in Gran Bretagna. All’opuscolo è apposta una frase:
Vinceremo la guerra in ogni caso. Ma non vediamo perché le persone ragionevoli e rispettabili in Germania non debbano dire la loro.
Le vicende della Weiße Rose sono raccontate molto bene dal film del 2005 diretto da Marc Rothemund che in italiano si intitola “La Rosa Bianca- Sophie Scholl”
Una storia terribilmente vicina
Sono passati ottant’anni dalla morte di Sophie e Hans Scholl, ma purtroppo sono tantissimi i dissidenti che continuano a pagare con la morte la resistenza a regimi autoritari.
Nel 2023 è impossibile guardare indietro a questa pagina di storia senza pensare alle proteste per la morte di Mahsa Amini che ormai da cinque mesi attraversano l’Iran. Mahsa Amini, 22 anni, è stata arrestata dalla polizia morale il 13 settembre 2022 per il semplice fatto che una ciocca di capelli fuoriusciva dall’hijab. Tre giorni dopo è morta in carcere.
Da quel momento sono iniziate le proteste del popolo iraniano, soprattutto donne che bruciavano l’hijab o si tagliavano una ciocca di capelli, ma anche numerosi uomini. In generale alle proteste hanno partecipato tantissimi giovani, tra cui studentesse e studenti delle università di tutto il paese. A inizio gennaio 2023 si è calcolato che i manifestanti uccisi dalla polizia morale sono stati almeno 481. Oltre a questi, più di 100 rischiavano la condanna a morte.
Quando il coraggio di dissentire è contagioso
Pochi mesi dopo l’inizio delle proteste per Mahsa Amini anche le donne afghane hanno trovato il coraggio e sono scese in piazza per protestare contro il divieto di accesso all’università alle donne imposto dal governo talebano. Anche in Afghanistan il regime ha inflitto arresti e condanne ai dissidenti.
Ricordiamo l’arresto di un professore che aveva deciso di chiudere completamente il proprio istituto per protestare contro il divieto di accesso alle donne.
Nell’anniversario dell’arresto dei membri della Rosa Bianca invito a rivolgere un pensiero a tutte le Sophie e gli Hans Scholl in Iran, in Afghanistan e in ogni parte del mondo dove ci sono persone che preferiscono la morte ad una vita di sottomissione.
Per citare le righe del primo opuscolo della Rosa Bianca, si tratta di persone che combattono per riappropriarsi della “cosa più alta che un essere umano possiede, e che lo eleva al di sopra di ogni altra creatura, cioè il libero arbitrio” .
Cosa possiamo imparare
Mi sento infine di lanciare un monito, ovvero quello di ricordare e non cadere nell’illusione che la libertà di espressione che abbiamo raggiunto in occidente l’abbiamo conquistata una volta per tutte. Basta pensare alla criminalizzazione degli attivisti del clima a cui assistiamo negli ultimi mesi.
Sono tantissimi gli attivisti di Extinction Rebellion e Ultima Generazione ad avere ricevuto denunce per proteste non violente in Italia come altrove. Non va poi dimenticato l’arresto di Greta Thunberg lo scorso 17 gennaio nel corso di una protesta in Germania. Fino ad arrivare al disegno di legge discusso ad ottobre nel Regno Unito che chiedeva l’assegnazione di maggior potere alle forze dell’ordine contro gli attivisti del clima.
La storia della Rosa Bianca ci ricorda che la resistenza è un diritto e un dovere da salvaguardare tenendo gli occhi bene aperti su ogni forma di criminalizzazione dell’attivismo politico non violento.