La Rivoluzione romena in epistole: una storia di classi subalterne

La Rivoluzione romena in epistole una storia di classi subalterne

Una corrispondenza racconta il periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione romena dell’89 attraverso il vivere quotidiano di 15 donne.

 

Tra le più violente delle battaglie che hanno segnato la fine della guerra fredda, la Rivoluzione romena del 1989 ha portato alla caduta di Nicolae Ceauşescu, il più stalinista tra i dirigenti dell’Europa orientale del periodo. Il crollo del regime socialista ha fatto sì che la Romania venisse investita dai valori dell’Occidente europeo e iniziasse la sua trasformazione in paese democratico e neo-liberista. Lo scambio epistolare studiato da Anna Iuso (2020) racconta questo periodo di transizione attraverso il punto di vista diretto di 14 donne comuni, dando forma a una di quelle che Carlo Ginzburg chiamerebbe “storie delle classi subalterne”.

Ne “Il formaggio e i vermi” (1976) Carlo Ginzburg mutua il termine da Antonio Gramsci (“Quaderni dal Carcere“, 1948-1951) per sostituire la locuzione “classi inferiori” e designare tutta quella realtà storica in contrapposizione alla “storia dei re”, senza cadere in connotazioni paternalistiche. Prendendo l’esempio di Michail Batchin sui rapporti tra Rabelais e la cultura popolare del suo tempo, l’autore spiega come molti dei tentativi di trattare queste storie riescano a descrivere la contrapposizione rispetto alla cultura delle classi dominanti, ma portino “a desiderare indagini prive di intermediari”, che consentano agli stessi protagonisti di raccontarsi e così di raccontare il contesto storico a partire dal loro punto di vista, con tutte le difficoltà correlate a una storia fatta di esperienze soggettive. Lo studio sulle quindici donne dell’89 rumeno a trent’anni dalla Rivoluzione romena sembra rispondere proprio a questa necessità.

 

Il periodo post-Rivoluzione romena raccontato in epistole: lo studio

Anna Iuso incontra Amélie nel giugno del 1995 per prendere in custodia la corrispondenza che questa donna francese aveva scambiato nei cinque anni precedenti con 33 cittadine e cittadini rumeni. Il corpus contiene 175 lettere autografe inviate tra il 1990 e il 1995, cartoline e biglietti di auguri pasquali e natalizi. Durante il governo di Ceauşescu, la scrittura autobiografica non veniva considerata per paura che gli scritti fossero letti e potessero portare a incriminazioni. Tuttavia, la caduta del dittatore ha dato alla popolazione la possibilità di avere un contatto reale con l’esterno e con l’Occidente. Infatti, lo scambio epistolare è un esempio delle iniziative finalizzate a un contatto tra cittadini romeni e popolazioni straniere che hanno preso corpo in questo periodo. Le riviste locali raccoglievano indirizzi da scambiare con giornali di Paesi esteri in modo da creare ponti diretti tra cittadini romeni e cittadini europei.

È il 1989 quando Amélie raccoglie gli indirizzi di posta dalla testata francese Libération. Come primo passo, la scrittrice invia una lettera di presentazione più o meno standard che richiede una risposta anch’essa presentativa contenente il nome, la professione e il nucleo familiare dell’interlocutore. La donna francese chiede alle sue controparti di raccontare esperienze reali e significative sulla propria quotidianità e sul periodo subito antecedente la Rivoluzione romena. Per questo motivo, gli interlocutori definitivi si riducono a 14 donne romene provenienti da ogni parte del Paese: dalla tumultuosa Bucarest, alle case più remote della regione della Muntenia.

 

Storie di un quotidiano vivere in un periodo di mutamento

Le storie di Luciana, Olga, e delle altre 12 donne di cui Amélie raccoglie le lettere sono racconti di donne comuni: madri, insegnanti, bibliotecarie, un’avvocatessa, una chimica, una psicologa infantile e alcune ingegnere. Si tratta di cittadine di medio-basso profilo economico e di medio-alto profilo intellettuale, il cui tenore di vita dipende dagli stipendi non più in linea con uno stato in cambiamento, ma consapevoli delle differenze nei confronti di un’Occidente che per la prima volta possono scoprire. Per questo motivo, il mutamento drastico che la realtà stava subendo a partire dalla Rivoluzione romena viene alla luce dai più semplici racconti sul quotidiano. Se le continue lamentele sul freddo evidenziano le difficoltà nel pagare il riscaldamento o i beni utili, i racconti sulle difficoltà economiche offrono uno spaccato reale su un sistema economico in cambiamento e sull’imposizione di una struttura privatizzata e più cara.

In poco tempo le lettere diventano anche un mezzo per chiedere beni utili, come medicinali specifici e beni di consumo esteri. Di alcuni di questi arrivano solo le scatole vuote ed è chiaro che c’è ancora qualcuno che legge le lettere e apre i pacchi, rubando quei beni che nel paese hanno un valore tale da poter esser scambiati, come i profumi francesi. Tuttavia, i beni più richiesti sono il “cibo per la mente”: riviste e quotidiani che consentono di conoscere cosa succede nel resto del mondo e di capire come interfacciarsi a quei valori che si stavano insediando anche in Romania.

 

Uno studio irrisolto

Lo studio porta con sé molte questioni irrisolte. Al momento non si conoscono tutti i Paesi e le persone coinvolte. Un esempio è dato dal fatto che alcune delle autrici di queste lettere avevano a loro volta altri interlocutori. Dunque, questa è solo una delle mille storie che potrebbero essere nascoste dietro questo evento.

Come per Menocchio, protagonista ginzburghiano, nel voler dar voce a queste lettere lo studio porta alla luce la storia di una classe subalterna: quella di chi stava subendo e approfittando dello choc innestato dalla varietà e dall’opulenza di un’Occidente che si stava imponendo sulla Romania.

Stella Canonico

 

 

 

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