Improntata alla ribellione e alla passione per i diritti umani, Emma Goldman, nata il 29 giugno 1869 nella provincia russa di Kovno (ora Kaunas, Lituania), si trasferì negli Stati Uniti all’età di soli quindici anni. Lì abbracciò rapidamente le posizioni anarchiche, diventando una figura di spicco nella difesa dei lavoratori, delle donne e delle minoranze. La sua personalità affascinante e intraprendente la portò a tenere comizi e a viaggiare diffondendo le idee anarchiche. Tuttavia, la sua libertà di pensiero spesso scontrò resistenze e opposizioni, trovando incomprensione e ostacoli nel cammino della sua militanza.
Una storia che si svolge tra l’oscurità e la ribellione, la vita di Emma Goldman, una delle figure più iconiche della lotta per i diritti umani e la giustizia sociale, ha inizio nel torbido contesto dell’America del XIX secolo.
Non è difficile immaginare il rumore e l’odore della paura e della speranza, quel Primo Maggio del 1886 a Chicago, quando le voci degli attivisti anarchici e degli operai in sciopero chiedevano una riduzione dell’orario lavorativo. La richiesta era chiara: otto ore, non dieci o dodici, un grido contro lo sfruttamento dilagante nelle fabbriche. Tuttavia, l’ardente tensione esplose quando un ordigno lanciato nell’arena di Haymarket Square causò la morte di un poliziotto.
Fu così che la calma si trasformò in caos, la polizia sparò e i manifestanti caddero sotto il fuoco delle armi. Otto individui, tra lavoratori e anarchici, furono presi di mira dall’ingiustizia. Accusati senza prove concrete, cinque di loro furono giustiziati dopo un rapido e discutibile processo.
La nazione intera si divise tra chi giustificava le esecuzioni e chi condannava le repressioni dello stato. In questo panorama diviso, emergono le figure di Elena ed Emma Goldman, due sorelle giudeo-lituane appena giunte negli Stati Uniti.
Emma, con la sua mente fervida, decide di aderire alle idee dei cinque innocenti condannati. Lavorando come sarta nelle fabbriche, impara, studia e insegue un sogno di giustizia e libertà. Lascia la città natale con soli cinque dollari in tasca, diretta verso New York, dove il suo destino si intreccia con gli ambienti anarchici, incontrando Alexander Berkman e immergendosi nella cultura del movimento.
Da qui, il suo volo inizia lentamente: Emma si fa avanti a sostegno dei lavoratori oppressi, dei migranti discriminati e delle donne imprigionate dai vincoli sociali. Viaggia attraverso gli Stati Uniti, tenendo conferenze, intervenendo ai comizi e scrivendo articoli, impegnandosi per liberare le menti dall’oppressione e dai pregiudizi. In particolare, combatte per il ruolo delle donne, sollevando interrogativi sul matrimonio come strumento di sottomissione femminile.
La sua voce si fa sentire non solo per i diritti delle donne, ma anche per il controllo delle nascite, il libero amore e la rottura delle catene imposte dalla morale religiosa. Sebbene simpatizzi con le prime ondate del femminismo, si discosta per mantenere una visione più ampia e libertaria.
Ma il destino ha in serbo un incidente sconvolgente: il tentato omicidio di Henry Clay Frick, magnate delle fabbriche siderurgiche. La connivenza di Emma e Berkman nel fallito attentato porta a condanne pesanti. Pur restando sempre sotto il controllo della polizia, Emma non si arrende, continua la sua battaglia, sostenendo gli oppressi e invitandoli alla ribellione.
La fondazione del giornale “Mother Earth” con Berkman nel 1906 segna un punto cruciale nella sua lotta. Qui, Emma e altri autori promuovono la causa operaia e sfidano il governo attraverso articoli di politica, filosofia, ma anche testi sulla sessualità e sul controllo delle nascite.
L’avvento della Prima Guerra Mondiale vede Emma opporsi fermamente alla coscrizione obbligatoria e alla guerra stessa. Questo la porta ad essere considerata una spia dal governo statunitense e a subire arresti e processi.
Dopo esser stata privata della cittadinanza e deportata in Russia, Emma continua la sua vita in esilio. Viaggia in Europa, continua la sua lotta contro l’oppressione, mantenendo sempre una posizione indipendente e critica. La sua autobiografia, “Vivendo la mia vita”, scritta negli anni ’20, la riafferma come figura ribelle e combattiva, seppur dimenticata in quegli anni.
La sua vita continua tra successi e tragedie, tra celebrazioni e odio. Non si piega mai, anche dopo la morte dell’amato Berkman e la sua stessa morte nel 1940.
Emma Goldman, ribelle incrollabile, rimane una delle figure più importanti della storia, una donna che ha combattuto per l’uguaglianza e i diritti umani, anche se spesso dimenticata, ma recuperata poi negli anni successivi come simbolo di coraggio e battaglia per la giustizia sociale.