Gli zoo iniziarono a sorgere nel ‘700 per esibire i “trofei” rubati durante le esplorazioni coloniali o i regali destinati alle Case Reali del Vecchio Continente. Il più antico è quello di Vienna, fondato nel 1752. Tra i più antichi figura anche lo zoo di Buenos Aires, aperto nel 1888 e recentemente riconvertito in un bioparco dopo una lunga serie di proteste. Ma qual è la differenza tra un bioparco e uno zoo?
La trasformazione dello zoo di Buenos Aires in bioparco
Nel 2016 l’amministrazione della città di Buenos Aires ha ordinato la chiusura del suo storico zoo. La decisione è arrivata dopo anni di proteste per le condizioni degli animali rinchiusi al suo interno e per una lunga lista di morti causate dalla negligenza degli operatori preposti alla cura degli ospiti.
Lo zoo di Buenos Aires, popolare attrazione turistica della città da oltre un secolo, non aveva mai ammodernato le sue strutture e si trovava in uno stato decadente, incapace di far fronte alle ondate di calore che mettevano in pericolo le vite degli animali provenienti da zone climatiche più temperate. Winner, l’ultimo orso polare residente in città, morì pochi anni prima della chiusura generando un’ondata di proteste.
Il progetto prevedeva il trasferimento degli animali (circa 2500) in riserve naturali e santuari, mentre quelli più anziani e fragili sarebbero rimasti nello zoo, ma non più a disposizione dei visitatori. Tra questi anche la famosa Sandra, orangotango giunta agli onori della cronaca per la sentenza storica di un tribunale che ne garantiva i diritti in quanto “persona non umana“.
L’idea era quella di riconvertire le zoo in un bioparco. Tuttavia, due anni dopo, nel 2018, la situazione non sembrava essere migliorata: 119 animali morti e 12 fuggiti da quando l’amministrazione della città aveva assunto la gestione dell’ormai ex zoo di Buenos Aires. Tra le vittime la giraffa diciottenne Jackie e la rinoceronte bianca Ruth.
Lo zoo di Buenos Aires oggi
Attivisti animalisti e comuni cittadini hanno protestato a lungo e con forza per le condizioni dello zoo durante i lavori di ristrutturazione e l’amministrazione della città ha dato loro ascolto, riconquistandone la fiducia.
Oggi, lo zoo di Buenos Aires è ufficialmente un bioparco, anche se non ancora completato. Ammette un numero di visitatori inferiore e non permette loro di nutrire gli animali, così da non pregiudicare il loro eventuale rientro in natura. Ospita animali feriti da tutta l’Argentina, li rimette in sesto e li reintroduce nei loro habitat naturali. Ha all’attivo 12 programmi di conservazione che prevedono la fecondazione e l’allevamento, in ambiente protetto, di specie a rischio di estinzione da reinserire in natura, così da reinstaurare la biodiversità degli ecosistemi.
Alcune vecchie leve dello zoo continuano ad abitarci, ma in condizioni decisamente diverse: un anziano cammello con l’artrite riceve cure di agopuntura e magnetoterapia 5 volte a settimana, mentre una coppia di vecchi elefanti vede il podologo regolarmente. Sulla scia di Buenos Aires molti altri zoo del Sud America si sono riconvertiti in bioparchi o zone protette di conservazione.
Da trofei da esibire a individui da proteggere
Le collezioni private dei nobili e degli aristocratici europei furono i pionieri degli zoo moderni. Riunivano animali esotici con il solo scopo di intrattenere gli ospiti. Solo nel corso dell’800 queste esposizioni iniziarono ad assumere una funzione scientifica, trasformandosi in istituzioni pubbliche.
I primi naturalisti e scienziati videro negli zoo un’opportunità unica per studiare gli animali da vicino e fare osservazioni scientifiche che sarebbero state impossibili in natura. Allo stesso tempo, gli zoo divennero simboli di prestigio e status per molte città e nazioni, dimostrando il loro potere economico e la capacità di raccogliere e mantenere collezioni di animali esotici.
Il benessere degli animali era un concetto inesistente fino agli anni ’70, quando si diffusero gli studi ecologici. In quegli anni, alcuni direttori di giardini zoologici compresero che il loro ruolo doveva essere la conservazione delle specie, non la loro esposizione a scopo di lucro. Come primo passo, abolirono gli spettacoli in cui gli animali si esibivano come in un circo.
Nei decenni successivi, leggi e regolamenti internazionali vietarono il commercio della fauna selvatica in via d’estinzione e la maggior parte degli zoo iniziò a ospitare solo animali nati in cattività. Con il progresso delle conoscenze etologiche e l’espansione delle considerazioni etiche, gli animali negli zoo passarono dall’essere considerati merce da mostrare a individui con specifiche necessità. Le gabbie spoglie si trasformarono in piccole simulazioni di habitat naturali e le visite allo zoo divennero un’occasione di apprendimento per i visitatori.
Oggi, molti zoo si sono evoluti in bioparchi, dove la ricerca scientifica e la divulgazione educativa si intrecciano per la salvaguardia della biodiversità, spesso prevedendo anche il reinserimento degli animali in natura. Un’evoluzione guidata da una crescente coscienza scientifica e da una sensibilità etica sempre maggiore. Un modello che dovrebbero seguire tutti gli zoo del mondo, ancora troppo spesso legati a una visione obsoleta. Infatti, gli zoo che trattano gli animali come merce da esporre esistono ancora, sebbene siano sempre meno numerosi.
Anche se molti di noi sperano nella chiusura totale degli zoo, dobbiamo essere realistici: questo obiettivo è ancora lontano. Nel mondo esistono circa 10.000 zoo, che vanno da strutture all’avanguardia a veri e propri lager. La maggior parte di essi si trova, senza sorpresa, negli Stati Uniti e in Europa. La Germania detiene il primato europeo con 316 zoo, mentre l’Italia ne conta 31.
Sebbene la strada verso la liberazione totale degli animali sia ancora lunga, i progressi compiuti negli ultimi decenni mostrano che il cambiamento è possibile quando la scienza e l’etica dialogano tra loro. La trasformazione dello zoo di Buenos Aires in un bioparco è un esempio di come anche le istituzioni più consolidate possono evolversi, portando a un miglioramento significativo delle condizioni di vita degli animali.