È stata approvata la riforma delle pensioni francese, della quale la principale novità è l’innalzamento dell’età pensionabile, che resta comunque la più bassa in Europa. La confrontiamo con il sistema pensionistico italiano.
È entrata in vigore la nuova e tanto discussa riforma delle pensioni francese. L’innalzamento dell’aspettativa di vita ha reso il precedente ordinamento insostenibile per le casse dello Stato transalpino.
Con l’entrata in vigore del nuovo sistema pensionistico, l’età pensionabile sarà gradualmente innalzata da 62 a 64 anni al ritmo di tre mesi all’anno, fino al 2030. Per ottenere una pensione a “tariffa intera”, invece, gli anni di contributi richiesti passeranno gradualmente da 42 a 43 anni entro il 2027, sempre al ritmo di un trimestre all’anno, indipendentemente dall’età raggiunta dal lavoratore.
Il nuovo sistema pensionistico francese decreta anche la fine dei “regimi speciali”, che sono privilegi per alcune categorie di lavoratori (come i dipendenti della Metro di Parigi e della Banca di Francia) i quali permettevano di andare in pensione anticipatamente. Questo solo per i neoassunti, che vuol dire che sarà un problema da affrontare fra decine di anni.
Ultima novità rilevante è l’aumento delle pensioni minime, che vedrà incrementare quelle delle fasce più deboli di, in media, 100 euro al mese.
Problemi e primati
Il problema principale della Francia, che è lo stesso per molti altri Paesi (come l’Italia), è il rapporto tra il numero di persone che lavorano e quelle che sono in pensione. Nel 2000 i pensionati erano il doppio dei lavoratori, nel 2020 la differenza si è ridotta ma non è stata giudicata sufficiente. Secondo le previsioni e in seguito alla riforma, nel 2070 il numero di lavoratori si avvicinerà parecchio a quello dei pensionati.
In Europa, lo Stato francese è stato l’ultimo a realizzare una riforma delle pensioni e, tutt’al più, i francesi sono i cittadini europei con la più bassa età pensionabile. Anche quando la riforma sarà completa, nel 2030, manterranno questo primato: nei principali Paesi del Vecchio Continente si va in pensione a 67 anni.
Il sistema pensionistico italiano confrontato con la riforma delle pensioni francese
L’età pensionabile del nostro Paese è 67 anni, in linea con la maggior parte dell’Europa, 64 per la Francia. In Italia è necessario avere 41 anni di contributi, un anno in più della Francia. Ciò che preoccupa nella riforma francese è che il sistema di accesso alla pensione sarà più complesso e meno generoso di quello italiano. I cittadini francesi potranno andare in pensione tre anni prima di quelli italiani, ma con una forte penalizzazione economica. Infatti, solo arrivando a 65 anni di età e a 40 anni di contributi sarà possibile ottenere una pensione a tariffa intera. In sostanza, il nuovo sistema pensionistico francese punta a premiare chi decide di lavorare anche oltre i 64 anni.
Per quanto riguarda le pensioni minime l’Italia, come la Francia, ha visto un aumento: dai 525,38 dello scorso anno siamo passati agli attuali 600 euro. Come detto sopra, la Francia le ha aumentate mediamente di 100 euro, arrivando a 1200 euro.
Il calcolo è differente: mentre nel Paese transalpino le pensioni si calcolano solo sui 25 anni in cui si è guadagnato di più, da noi valgono i redditi di tutti gli anni di lavoro.
Infine, tra le principali differenze tra i due sistemi pensionistici, è importante annoverare quanto il singolo Stato spende. Nel 2017, anno degli ultimi dati disponibili, la Francia spendeva circa il 15% del PIL. In Italia, nello stesso anno, si spendeva già il 16% ma siamo ora passati al 18%. È il dato più alto in Europa, testimone del fatto che nel nostro Paese c’è più riguardo per i pensionati che per i giovani. La Germania, che è un Paese vecchio al pari dell’Italia, si spende solo il 10%.
Dal 2027 ci saranno ulteriori rinnovamenti del sistema pensionistico italiano, infatti, dovrebbero cambiare i parametri per ottenere il pensionamento anticipato.