Un antico bassorilievo sembra raffigurare un trattamento di riflessologia plantare: è una pratica moderna o originaria dell’Antico Egitto?
La riflessologia plantare è una pratica decisamente moderna, tuttavia, pare che trattamenti simili fossero utilizzati già nell’Antico Egitto. Cos’ha in comune l’attuale trattamento con l’epoca delle piramidi?
La riflessologia plantare, così come la conosciamo oggi, non si limita al massaggio ai piedi. Infatti, si tratta di una tecnica basata sulla microstimolazione puntiforme di alcune zone del piede (o, eventualmente, delle mani). Si basa sulla ipotesi, non scientificamente provata, che sui piedi e sulle mani si trovino riflessi tutti gli organi, le ghiandole, e le parti del corpo. Secondo i suoi sostenitori, applicando il massaggio riflessologico si potrebbe avere un effetto o influire sull’organo, o sistema, corrispondente al riflesso stimolato.
Ma, prim’ancora della scoperta della riflessologia plantare, sappiamo che la medicina dell’Antico Egitto faceva largo uso dei massaggi. Inoltre, il popolo dei faraoni era considerato quello che possedeva il migliore sistema sanitario, nonché il più vicino a quello della nostra epoca. Infatti, come testimoniano antichi geroglifici, bassorilievi e papiri, esistevano già i medici specializzati nelle diverse patologie. A tal proposito, un ritrovamento relativamente recente, sembra testimoniare l’uso di una rudimentale tecnica di riflessologia plantare già nell’Antico Egitto del 2330 a. C. Cosa può cambiare per la storia di questa pratica curativa?
Le origini della riflessologia plantare sono davvero così recenti?
Le prime testimonianze scritte sulla riflessologia plantare, finora, non avevano nulla a che vedere con l’Antico Egitto. Infatti, appartengono ad un medico colono americano. Egli, nei primi del ’900, dopo l’incontro con l’antica popolazione dei nativi della regione del New Messico, formulò una teoria nella quale si ipotizzava una sorta di specularità riflessa tra organi/apparati/tessuti e le zone del piede, creando così una vera e propria mappa. Egli racconta che i medici locali, utilizzando un tipo di massaggio ritmato sul piede del malato, riuscivano a risolvere problematiche fisiologiche altrimenti irrisolvibili.
Con la Seconda Guerra Mondiale questa disciplina ha cominciato ad espandersi partendo dalle regioni dell’Europa centrale. Tuttavia, negli ultimi decenni, un ritrovamento nella tomba del medico egizio Ankh-mahor potrebbe ribaltare questa tesi.
L’enigmatica raffigurazione che potrebbe collegare la riflessologia plantare all’Antico Egitto
Tutto ha inizio a Saqqara, una vasta necropoli situata in Egitto a 30 km a sud della città moderna del Cairo, vicina alla più recente necropoli ritrovata. Qui è situata la tomba del medico Ankh-mahor, vissuto probabilmente intorno al 2300 a. C. In una stanza, nella parete di sinistra, si vede chiaramente una scena definita dai riflessologi moderni come la più antica testimonianza di attività riflessologica. Ciò sposterebbe di circa 4000 anni l’inizio di questa disciplina.
L’immagine raffigura due persone di pelle scura, forse dei Nubiani, che trattano i piedi e le mani di due “pazienti” dalla pelle chiara. Tutti e quattro sono seminudi.Tuttavia, la raffigurazione che sembra collegare la riflessologia plantare all’Antico Egitto, ha qualcos’altro di enigmatico. Infatti, essendo l’illustre medico anche un sacerdote Ka, è strano che egli non si sia fatto ritrarre come il suo rango richiedeva. Forse, l’immagine non è solo una rappresentazione dell’azione riflessologica. Stando a numerose analisi, probabilmente, quelle quattro figure rappresentano un’altra iscrizione, cioè una scrittura fatta per immagini, che era antecedente al geroglifico e molto usata dai sacerdoti. Pertanto, potrebbe essere interpretata come una sorta di manuale di istruzioni, che racchiude tutte quelle regole riflessologiche tramandateci da chi ci ha preceduto.
Silvia Zingale