Il 2 ottobre del 1800, nella piantagione di Benjamin Turner, nella contea di Southampton, Virginia, nacque un bambino destinato a diventare un’icona di resistenza contro il sistema schiavista nel sud degli Stati Uniti. L’educazione ricevuta da sua madre e le sue profonde convinzioni religiose lo condussero a diventare un predicatore nella piantagione. La ribellione di Nat Turner è una testimonianza straordinaria di come la resilienza e la determinazione possono dare vita a una ribellione che avrebbe scosso il profondo sud schiavista.
Il sud degli Stati Uniti è stato il palcoscenico di un regime brutalmente disumano, noto come schiavismo. Nonostante la brutalità del sistema, gli schiavi neri non si piegarono completamente al loro destino, ma resistettero in molteplici modi, anche attraverso atti di ribellione, alcuni dei quali furono molto violenti.
Prima della Guerra di Secessione (1861-1865), ci furono vari tentativi di ribellione da parte degli schiavi, come quelli guidati da Gabriel Prosser nel 1800 e da Denmark Vesey nel 1822. Tuttavia, la ribellione più significativa fu quella che scosse la contea di Southampton, in Virginia, nel 1831. Il leader di questa rivolta era un uomo di 31 anni di nome Nathaniel “Nat” Turner. La storia di questo evento è documentata in un opuscolo di 24 pagine, in cui l’avvocato Thomas R. Gray raccolse le cosiddette “confessioni” di Nat Turner prima del suo processo e della condanna a morte per la sua ribellione. Tuttavia, Gray non era un osservatore imparziale, come dimostra l’introduzione del suo opuscolo, che dipinge Turner come un “fanatico maligno” che complottava per uccidere indiscriminatamente i bianchi.
Nat Turner nacque il 2 ottobre 1800 nella piantagione di Benjamin Turner, nella contea di Southampton, Virginia. Suo padre era uno schiavo africano, e sua madre, Nancy, aveva instillato in lui sin dall’infanzia il desiderio di libertà. La madre aveva persino considerato l’idea di ucciderlo appena nato, per liberarlo dalla triste vita di schiavitù. Nat crebbe credendo di essere un prescelto, un profeta destinato a guidare il suo popolo alla libertà. Questa convinzione cominciò a prendere forma quando, da bambino, iniziò a raccontare eventi accaduti prima della sua nascita, che affermava gli fossero stati rivelati da Dio.
Turner imparò a leggere e scrivere con sorprendente facilità, il che suscitò lo stupore della sua famiglia. Un giorno, prese un libro e iniziò a decodificarne le parole, dimostrando una predisposizione per la lettura. Combinato con la sua intensa religiosità, ciò lo portò a diventare un predicatore sulla piantagione. A 21 anni, mentre leggeva incessantemente la Bibbia e digiunava, iniziò ad avere visioni e a credere che Dio gli stesse parlando attraverso segni e voci, annunciando la liberazione imminente. Nel corso della sua breve vita, Nat Turner cambiò padroni più volte. Quando Benjamin Turner morì nel 1810, passò a suo fratello Samuel. Nel 1822, alla morte di quest’ultimo, divenne proprietà di sua moglie Elizabeth e, un anno dopo, del suo nuovo marito Thomas Moore. Al momento della rivolta, era schiavo di Joseph Travis. Si dice che Nat sia stato bastonato una volta per aver dichiarato che i neri avrebbero ottenuto la libertà.
L’atteggiamento visionario di Turner crebbe con il tempo. Credeva di essere guidato dallo Spirito Santo e rivendicava di aver vissuto miracoli, come segni luminosi nel cielo. Un giorno, durante il lavoro nei campi, notò delle “gocce di sangue sul mais, come se fosse brina caduta dal cielo“, e vide segni criptici e numeri nelle foglie degli alberi, che interpretò come rappresentazioni di spiriti neri e bianchi in conflitto. La sua visione finale fu un’eclissi solare nell’11 febbraio 1831, che interpretò come un comando divino a ribellarsi.
Alle ore 00:00 del 22 agosto, Nat Turner e quattro seguaci iniziarono la ribellione uccidendo a colpi di ascia i membri della famiglia Travis mentre dormivano. Poi compirono una serie di attacchi contro altre 16 case, uccidendo i bianchi che incontravano e liberando gli schiavi che si unirono alla ribellione. Quando l’esercito soffocò la ribellione, gli insorti erano circa cinquanta e avevano ucciso circa sessanta bianchi, tra cui donne, uomini e bambini.
Le rappresaglie da parte dei bianchi non si fecero attendere, con quasi duecento neri uccisi in vendetta. Turner rimase in fuga nei boschi fino a quando non fu catturato da un agricoltore di nome Benjamin Phipps il 20 ottobre, nove settimane dopo la ribellione.
Turner fu processato, condannato a morte per la sua leadership nella ribellione e giustiziato il 5 novembre 1831. Prima dell’esecuzione, gli fu chiesto se provava rimorso per le atrocità commesse, ma lui rispose che anche il Signore era stato crocifisso. Il 12 novembre, Turner e altri 16 schiavi ribelli furono impiccati. Tuttavia, a Turner fu riservato un trattamento diverso: fu decapitato e la sua testa fu esposta come un trofeo. Il suo corpo fu scuoiato, e la pelle fu usata per fabbricare borse e portamonete. I resti del suo corpo furono conservati come oggetti di curiosità.
La storia ufficiale, come documentata nelle “Confessioni di Nat Turner” di Thomas R. Gray, ritraeva Turner come un folle criminale, un uomo senza un’agenda politica. Ma la sua figura fu rivalutata dagli storici afroamericani, che riconobbero la sua importanza nella lotta contro la schiavitù. Nat Turner divenne Ol’ Prophet Nat, “il Vecchio Profeta Nat”, nelle narrazioni afroamericane. Questa revisione consentì una riscrittura della storia degli Stati Uniti, che riconosceva la lotta di Turner e degli altri ribelli neri come parte integrante della lotta contro la schiavitù.