La Regina degli Scacchi (The Queen’s Gambit) è l’ultimo grande successo di Netflix. Questa breve serie di sole 7 puntate è stata in grado di avvicinare il grande pubblico al mondo degli scacchi.
Ma quanto c’è di vero dietro alla storia della giovane e geniale campionessa Beth Harmon, la “regina degli scacchi” protagonista della serie?
Beth Harmon e Bobby Fischer
La serie si basa sul romanzo La Regina degli Scacchi, scritto nel 1983 da Walter Tevis. La protagonista, Beth, non si ispira ad una figura realmente esistita, ma piuttosto a diversi famosi campioni di scacchi. In particolare, sono tanti gli elementi del libro (e, oggi, della serie) che indicano una forte somiglianza tra la storia della ragazza e quella del celebre campione di scacchi Bobby Fischer.
Bobby Fischer è stato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi. Conquista il titolo di campione degli Stati Uniti nel 1958 e continua la sua scalata al titolo durante gli anni ’60, proprio come Beth. Ma ad accomunare i due è soprattutto lo stile di gioco: entrambi sono giocatori tattici e aggressivi e lo stesso Fischer prediligeva utilizzare la difesa siciliana, tanto amata dalla Harmon.
Alcuni lati del carattere di Fischer passano nel personaggio di Beth (l’amore per la solitudine, il fascino del genio, il ritrovarsi soli in giovane età), mentre altri aspetti della vita della ragazza, come le sue dipendenze, derivano dalle esperienze dirette di Tevis.
La regina degli scacchi sullo sfondo della guerra fredda
Beth è dunque un personaggio immaginario, ma non lo è il contesto storico che fa da sfondo alle sue avventure: la guerra fredda. La partita finale contro il campione russo Vasily Bolgov non è solo una vittoria personale: è anche un modo per affermare la supremazia occidentale.
La stessa cosa è accaduta anche a Bobby Fischer, che durante l’incontro del 1972 per il titolo di campione del mondo contro il russo Boris Spassky, ha combattutto (seppure sulla scacchiera) una delle tante battaglie della guerra fredda. L’incontro, passato alla storia come il match del secolo, si svolge a Reykjavik tra l’11 luglio e il 3 settembre del 1972 ed è una delle pagine degli scacchi più famose di sempre. La partecipazione di Fischer, che era una persona estremamente volubile, non era affatto scontata. Il campione americano decise di prendere parte al torneo solo all’ultimo minuto: pare che a convincerlo sia stata una telefonata di Henry Kissinger. Dopo la vittoria, Fischer diventa una celebrità e moltissime persone negli Stati Uniti iniziano a giocare a scacchi. Il libro che pubblica poco dopo, Bobby Fischer insegna gli scacchi, è ancora oggi il libro di scacchi più venduto di sempre.
Anche le partite si basano su match reali, come la partita finale della serie contro Borgov, ispirata al confronto del 1993 tra Ivanchuk e Wolff. In questa occasione, la protagonista utilizza il famoso gambetto di donna (Queen’s Gambit), una delle più antiche aperture del gioco degli scacchi.
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La vera regina degli scacchi
La fedeltà storica della serie ha infatti un solo, grande “errore”: il fatto che la protagonista sia una donna, in un mondo che è prevalentemente maschile. Nella storia degli scacchi non sono affatto mancate (e non mancano tuttora) le grandi giocatrici, ma i grandi campioni degli anni ’60 erano soprattutto uomini: Fischer, Spassky, Michail Tal’, Anatolij Karpov. Il personaggio di Beth Harmon, in questo caso, si avvicina piuttosto ad una campionessa di tempi più recenti: l’ungherese Judit Polgàr. Secondo molti, Polgàr è stata la miglior giocatrice donna nella storia degli scacchi. Nel 1991, battendo il record di Bobby Fischer, ha conquistato il titolo di grande maestro a soli 15 anni.
Tra le cose che Judit e Beth hanno in comune troviamo anche l’approccio al gioco: entrambe prediligono uno stile aggressivo e la passione per la difesa siciliana che, nella vita reale, ha permesso anche a Judit di avanzare nella sua carriera scacchistica.
Oggi la scalata delle donne nel mondo degli scacchi continua, ad esempio con Hou Yifan, grande maestro e più volte campionessa del mondo femminile. Continuano anche le difficoltà, come nel caso della campionessa Anna Muzychuk, che per protesta non ha partecipato nel 2017 ad un campionato in Arabia Saudita.
Intanto, in un recente articolo del New York Times, la Polgàr ha affermato di avere avuto una sorta di déjà vu durante la visione della serie.
C’è una cosa, però, che non ricorda affatto, ed è il modo in cui Beth viene trattata dagli altri giocatori (maschi).
“Sono stati troppo carini con lei”, ha detto la Polgàr. [Durante i tornei] Polgàr ha detto che spesso gli uomini facevano commenti sprezzanti e scherzavano, pensavano di essere divertenti, ma in realtà erano offensivi. […]
“C’erano avversari che si rifiutavano di stringerti la mano,” ha ricordato. “Ce n’era uno che ha sbattuto la testa contro la scacchiera dopo essere stato sconfitto.”
Rachele Colasanti