La nuova Rai della Meloni non odia Fazio, ma neanche lo ama, vuole solo una tv di Stato propagandistica piena di buoni sentimenti e illusioni
Questa è forse la prima generazione della storia umana che non potrà assicurare a quelle future condizioni migliori. Prima, anche a denti stretti e non senza un minimo di paternalistico timore, si tendeva comunque a credere fermamente che il futuro sarebbe stato più luminoso, e che – di certo – i nostri discendenti avrebbero goduto di possibilità, di garanzie e aspettative di vita di gran lunga superiori alle nostre. Certo, è difficile ammettere questo fallimento globale a noi stessi, quindi immaginiamo con quanta difficoltà affronteremo la discussione di questa debacle totale con i nostri figli, quindi diviene quasi essenziale – in questo caso – ricorrere ad una negazione procrastinante, e cioè fingere – nonostante il nostro mondo si sgretoli intorno a noi ad una velocità incontrollata – che le cose in fin dei conti vanno bene e che si riuscirà in qualche modo a recuperare l’irrecuperabile.
Ma se da un lato offriamo a noi stessi la falsa narrazione che tutto scorre come sempre, dall’altro, presi da un panico dall’acre e colpevole sapore apocalittico, tendiamo a sistemarci in fretta e furia le cose nostre, anche a discapito di amici, parenti, per fare in modo che i nostri affetti più giovani e prossimi possano sfangarla in qualche modo sui poveri resti del prossimo nostro.
Tale atteggiamento, che lo si ammetta o meno, lo vediamo ovunque: non c’è anfratto delle moderne società dove non si sia esacerbata in modo feroce la competizione e la divisione tra individui, classi sociali, appartenenze di genere, istituzioni, visioni politiche, culturali ed economiche.
Dunque anche nelle diatribe più insignificanti e miserrime possiamo riscontrare il precipitato pruriginoso di questa meschina lotta per la sopravvivenza, una lotta che ha come prima e autorevole vittima la tenuta delle democrazie.
In questo inquietante preambolo, che più che pessimista è tremendamente plausibile, possiamo leggere anche la deriva del nostro storico sistema comunicazione pubblico.
Da che mondo è mondo squadra che vince non si cambia, e “sostituire” dei garantiti profitti con mediocri incognite equivale ad un fallimento certo e dunque voluto. Personalmente non ho mai ritenuto Fazio un fuoriclasse del giornalismo televisivo, piuttosto un garbato ibrido tra un intrattenitore e un intervistatore. La Rai era il suo ambiente perfetto, un acquario dove ci si mordicchia di tanto in tanto le pinne a vicenda ma senza mai azzannarsi, dove le tensioni si stemperano a furia di costose carezze lobbistiche, e il cui motto si può riassumere con “parliamo di tutto di quello che ci è concesso parlare ma senza offendere nessuno”. Non importava essere di destra o sinistra (il cui discrimine è ormai tragicamente evanescente), da Fazio non succedeva niente! Assolutamente niente. Fazio era come il salotto buono delle case di una volta, era vietato ai coinquilini e consanguinei perché riservato agli eventuali ospiti, poi se questi erano merde o santi la cosa era del tutto indifferente. Che tempo che fa era l’appena tollerabile risvolto della medaglia, solo una punta meno reazionario, di Porta a Porta di Vespa. Certo, Fazio è stato sempre salvato da quella faccia da bravo ragazzo che non può millantare una bastarda, quanto inverosimile, discendenza dal duce, ma neanche si può dire che sia stato il portabandiera di una vera alternativa giornalistica e televisiva, tutt’altro … il suo concreto contributo consisteva esclusivamente nel dare un respiro più internazionale ad una televisione di stato provinciale, i cui punti di forza sono “gli efferati omicidi o misteriose scomparse trasmessi in loop dai perniciosi Matano ed Eleonora Daniele e le estenuanti e pietistiche dirette fiume su disastri e calamità sulle quali galleggiano miserevolmente le nostre più pruriginose e meschine curiosità.
Detto in soldoni, la Rai, ancor prima di essere “occupata” dai bivacchi meloniani, era già un ammasso in decomposizione che tutto garantiva tranne che qualità, infatti per poterne trovare un po’ è necessario ricorrere ai canali tematici. Insomma, se qualcuno vuole vedere qualcosa di decente deve andare a notte fonda su Rai Storia, Rai Scuola e compagnia cantando, ma già da tempo sulle reti generaliste la faceva da padrone il vuoto assoluto, marchio di qualità della sempiterna e massonica Maggioni.
Ma è proprio in queste considerazioni che risiede la stupida voracità della Meloni e dei suoi cameratucoli, un accanimento inutile che potremmo chiamare “squadrismo da secondo millennio”: il nuovo governo, pur non intravvedendo nessuna minaccia in una televisione di Stato ormai ridotta ai minimi termini, ha pensato bene di “purgare” comunque, sia per una sorta di inutile rivalsa rispetto ad un’egemonia culturale di sinistra – mai peraltro esistita- e sia come “monito”, come il classico “ora comandiamo noi”.
Dunque se c’è del fascismo in tutto questo non ha radici personali – in Rai non esisteva alcuna minaccia, anzi tutti già erano pronti a cambiar casacca al volo come hanno sempre fatto – nessuno ce l’ha con Fazio o con l’Annunziata, non siamo ai tempi dell’editto bulgaro di Berlusconi, no… la cosa è ancora più subdola e allo stesso tempo più tendenziosa.
La Meloni non ce l’ha con questo o quello, bensì vuole un servizio pubblico in tutto e per tutto propagandistico, che ci riporti, anche se sotto forma di convincente illusione, l’immagine di un paese che progredisce, con un governo che risolve tutti i problemi; una propaganda che descriva una società più simile a quella del boom economico, dove la famiglia è al centro, i buoni sentimenti la fanno da padrone e dove si parli il meno possibile di diritti delle coppie di fatto e di tutto ciò che mini o disturbi le mediocri ma coriacee convinzioni di quell’uomo medio – ormai senza alcuna cognizione politica – che l’ha votata e che, malauguratamente, rappresenta la stragrande maggioranza di questo Paese.
Tutto questo potrebbe sembrare anacronistico e inattuabile, ma vista la preoccupante ondata conservatrice e reazionaria che ha investito molti paesi europei è facile intuire che dopo una pandemia e una guerra in corso, la gente comune, l’elettore medio, tutti noi vogliamo intimamente illuderci, desideriamo profondamente e con tutto il nostro essere qualcosa che ci stordisca di normalità … qualunque cosa essa sia. Tutto questo può apparire ridicolo e smielato, come i romanzi di Nicolas Sparks o le massime di Caramagna e come ogni retorica reazionaria che si rispetti, ma è proprio nei momenti di crisi più profonda che preferiamo illuderci che tutto andrà bene, e non ci importa se intimamente sappiamo che tutto questo non è vero, perché da che mondo è mondo abbiamo sempre preferito l’illusione alla realtà e … vale doppio se la realtà è davvero drammatica.