Al centro di “M – Il figlio del secolo” troviamo Benito Mussolini, interpretato magistralmente dall’attore Luca Marinelli, un leader carismatico e spregiudicato, che domina la scena con la stessa capacità persuasiva con cui ha soggiogato un’intera nazione. Con la rottura della quarta parete, lo spettatore è reso testimone e complice della sua narrazione.
Un’introduzione al potere del racconto
La miniserie televisiva M – Il figlio del secolo, adattamento dell’omonimo romanzo di Antonio Scurati, si distingue per un raffinato impianto estetico e narrativo che non solo ricostruisce eventi storici, ma li reinventa con una chiave interpretativa audace e, per certi versi, perturbante.
Uno degli elementi stilistici più incisivi della miniserie è la rottura della quarta parete, una scelta che non si limita a un espediente registico, ampiamente sfruttato nella storia del cinema e della televisione, ma che qui assume un valore profondamente simbolico. Il protagonista si avvicina allo spettatore, rendendolo non solo testimone, ma anche complice della narrazione, destabilizzandone le certezze e costringendolo a una partecipazione involontaria al racconto della sua ascesa.
La quarta parete si sgretola e, con essa, la sicurezza di chi guarda.
Benito Mussolini e la seduzione del pubblico
Nel linguaggio teatrale e cinematografico, la quarta parete rappresenta il confine invisibile tra la finzione e la realtà dello spettatore. Infrangendola, si spezza questa distanza, generando un effetto di immedesimazione che può risultare ammaliante, inquietante o, come in questo caso, destabilizzante.
L’intensità impiegata da Luca Marinelli conferisce a Benito Mussolini una dimensione ambigua e sfaccettata, oscillante tra il magnetismo di un abile oratore e la crudeltà di un uomo disposto a tutto pur di affermare il proprio potere. La rottura della quarta parete diviene, in tal senso, una strategia di fascinazione e manipolazione. Il Duce si rivolge direttamente allo spettatore con sguardi ironici, smorfie sornione e battute che sembrano creare un’intimità illusoria. Così facendo, egli rievoca il suo straordinario talento comunicativo, quella capacità di galvanizzare le folle che lo rese un leader incontrastato nel ventennio fascista.
Il pubblico della miniserie M – Il figlio del secolo, proprio come il popolo italiano dell’epoca, si ritrova coinvolto in un gioco perverso: pur conoscendo il peso tragico della storia, è indotto a lasciarsi sedurre da un uomo che non nasconde le proprie ambizioni e che, anzi, le espone con una teatralità quasi complice. Non a caso, in diverse occasioni Mussolini utilizza la rottura della quarta parete per anticipare i suoi piani, quasi a suggerire che il suo successo sia già scritto, una sorta di destino ineluttabile che non lascia spazio alla resistenza.
La quarta parete non è solo infranta: è annullata, trasformando lo spettatore in destinatario di una lezione di persuasione, quasi fosse parte di un esperimento politico che trascende la finzione televisiva.
La quarta parete come muro del tempo e della storia
La rottura della quarta parete in M – Il figlio del secolo non è soltanto un mezzo per intensificare il coinvolgimento emotivo, ma rappresenta anche un abbattimento delle barriere temporali e storiche. Lo spettatore non è più un osservatore passivo di eventi passati, bensì un interlocutore diretto, chiamato a misurarsi con la contemporaneità di una figura che, seppur collocata nel passato, risuona drammaticamente attuale.
Mussolini, mediante la rottura della quarta parete, si emancipa dalla dimensione museale della storia per diventare un’entità presente, viva, capace di rivolgersi con confidenza e sarcasmo al pubblico odierno. Questa operazione narrativa porta inevitabilmente a una riflessione critica: la fascinazione per il potere, la retorica populista e la spettacolarizzazione della politica sono elementi che non appartengono esclusivamente agli anni Venti del Novecento, ma si ripropongono ciclicamente nella storia.
L’interpellanza dello spettatore: complicità o condanna?
L’utilizzo della rottura della quarta parete in M – Il figlio del secolo non è neutrale: implica una scelta morale per lo spettatore. Accettare l’invito alla complicità significa farsi coinvolgere nel fascino ambiguo del potere, riconoscendo in Mussolini non solo un dittatore, ma anche un uomo capace di comprendere e sfruttare le debolezze della società per imporsi come leader indiscusso. Rifiutare questa complicità, invece, significa adottare uno sguardo critico e distaccato, riconoscendo nella fascinazione del potere un pericolo sempre presente.
È possibile rimanere impassibili di fronte al magnetismo di un uomo che, pur sapendo di essere osservato, non si cura di celare le proprie ambizioni? E, soprattutto, quanto questa dinamica riflette il modo in cui oggi i politici costruiscono il proprio consenso?
La miniserie suggerisce implicitamente che la comunicazione politica moderna non sia così distante dai meccanismi utilizzati da Mussolini. L’uso sapiente dei media, il controllo del linguaggio e la costruzione di un’immagine pubblica sono strumenti che, allora come oggi, determinano il successo di una figura politica. La rottura della quarta parete in M – Il figlio del secolo è, quindi, anche una denuncia del modo in cui il carisma può essere strumentalizzato per orientare il consenso e annullare il senso critico delle masse.
La storia ci guarda
M – Il figlio del secolo è un’opera di ricostruzione storica, che rianima Mussolini, lo rende tangibile, lo fa dialogare con il nostro tempo. Attraverso la rottura della quarta parete, il pubblico non può sottrarsi a questa interpellanza, perché la vera domanda che la miniserie televisiva pone è più attuale che mai: siamo davvero immuni dal richiamo del potere o continuiamo, consapevolmente o meno, a subirne il fascino?
La risposta non è semplice, né univoca. Lo sguardo di Mussolini che si posa sullo spettatore, ogni sua parola pronunciata direttamente alla macchina da presa è una dichiarazione d’intenti e diviene un’esortazione a riflettere su come la comunicazione politica sia ancora oggi plasmata dalla capacità di incantare, persuadere e manipolare.
Il sipario si chiude, la narrazione sembra concludersi, ma Mussolini oltrepassa ancora la barriera dello schermo, insinuandosi nelle coscienze. La quarta parete non si ricompone poiché il passato continua a scrutare il presente. Infatti, come insegna M – Il figlio del secolo, la storia non resta mai sepolta: muta forma, assume nuovi volti e nuove voci, torna a sedurre con la stessa forza di sempre.
Michela Rubino