“Sono venuto subito a Torino per una nuova fase del Partito Democratico”.
TORINO – Così il neoeletto segretario del Pd Nicola Zingaretti ha esordito ieri di fronte ai tanti giornalisti assiepati davanti alla sede della Regione Piemonte in piazza Castello. “In Italia si è aperta una nuova stagione, dobbiamo essere molto umili e molto, molto, molto uniti e dobbiamo produrre una grande innovazione insieme per ricostruire l’empatia con questo Paese”. Come? “Non con pacche sulle spalle, ma dimostrando che con noi il Paese cambia, e dietro alla parola cambiamento c’è il concetto di migliorare e non peggiorare”.
Al termine dell’incontro con il governatore Sergio Chiamparino, circondato da qualche cartello “Sì Tav”, Zingaretti ha espresso la voglia di rinascita, e rivincita, in seno al suo partito. “L’Italia deve ripartire. Alle spalle abbiamo quasi nove mesi di molta propaganda e selfie. Ma l’Italia è di nuovo in ginocchio e le aziende e gli indici di fiducia registrano dati drammatici”. Poi l’affondo al governo giallo-verde, che “gioca con i programmi come con le figurine”, che sta portando, a suo dire, l’Italia a “pagare il costo dell’incertezza di questa fase di immobilismo”. “Con questo governo il Paese sembra avere smesso di scommettere sul suo futuro” incalza ancora. Un Paese “di nuovo in ginocchio”, dove “i cantieri sono fermi”.
E qui tocca il vero tema, quello che per cui è venuto a Torino: “I bandi non si interrompono. Sarebbe criminale ipotizzare di perdere centinaia di milioni di investimenti e migliaia di posti di lavoro”. Il suo è un monito, chiaro, forte: basta all’immobilismo, “si apra una nuova stagione”. L’eventuale stop alla Tav “è un costo che pagherebbe il sistema-Paese”. La Torino-Lione è “un “simbolo di un’Italia che deve ripartire”, dove non c’è solo il Nord, ma anche il Sud: con l’alta velocità Napoli-Bari, le reti idriche, la digitalizzazione del Mezzogiorno.
Eccolo dunque il riferimento alle grandi opere che il mondo imprenditoriale, e finanziario, quello degli affaristi insomma, attendeva con ansia. Già, perché Zingaretti non ha scelto Torino, simbolo di tante altre città italiane post-industriali, come prima tappa da segretario per affrontare i temi caldi della città, primo fra tutti la disoccupazione dilagante, l’assenza di prospettive di crescita e lavoro che non siano quelle, precarie, legate a un terziario comunque in grande affanno. Zingaretti è volato nel capoluogo piemontese soprattutto per sciogliere il nodo Tav. Curioso che accada nelle stesse ore in cui, in un altro punto della città, alle Officine Grandi Riparazioni, Luigi Di Maio sta presentando il Fondo nazionale innovazione, con in prima fila, tra gli altri, Davide Casaleggio, la sindaca Chiara Appendino e la sottosegretaria all’Economia Laura Castelli.
Vale la pena sottolineare che proprio pochi giorni fa l’alleanza tra la sinistra democratica e il “partito dei costruttori” è stata fortemente rinsaldata con un assist da fuoriclasse: Chiamparino ha chiamato nel suo staff l’ex commissario della Torino-Lione Paolo Foietta, con un incarico di collaborazione, ha detto, “per svolgere attività di presidio strategico e aggiornamento sugli sviluppi dell’adeguamento dell’asse ferroviario Torino-Lione”. Il governo Conte aveva smantellato l’Osservatorio presieduto da Foietta a metà febbraio, senza più rinnovare il suo incarico.
Il presidente della Regione Piemonte ha ringraziato Zingaretti per aver scelto proprio Torino: “È chiaro qual è l’unico schieramento che da sempre, senza se e senza ma, lavora per le infrastrutture che servono al futuro del Piemonte e dell’Italia”. E a conti fatti, anche la tanto discussa intervista di Fabio Fazio a Emmanuel Macron, all’Eliseo, potrebbe inserirsi in un quadro più ampio di tonificazione di piani, e strategie, della sinistra dem. Il presidente francese a Che tempo che fa ha parlato infatti anche di Tav. Macron ha citato “tanti studi fatti” che confermerebbero l’utilità del progetto, senza essere mai interrotto, e interrogato, da Fazio. Ma bisognerebbe ricordargli che nel 2012 la stessa Corte dei conti francese aveva sancito la “scarsa redditività economica” del progetto e il “finanziamento incerto” dell’Alta Velocità Torino-Lione.
Per i dem quella di Zingaretti è una “vittoria dell’Italia che resiste e che vuole un altro tipo di futuro”. Prima delle primarie c’era scetticismo, si parlava addirittura di una affluenza sotto al milione e invece è successo “quello che io avevo percepito”, dice ancora: “Una grande voglia di partecipazione, di combattere, che ha veramente sorpreso tutti. Non me, perché da otto mesi sono in macchina, in treno, in aereo, a girare per le strade e per le piazze d’Italia”. Il suo auspicio è che sia un Pd “unito”, e promette che farà di tutto perché sia così. La chiave per ripartire, prosegue il segretario, è tenere insieme due parole: unità e cambiamento, per costruire un cambio di passo. “Bisogna avere fiducia: non dobbiamo far trovare un partito chiuso e rissoso a chi sta tornando”. La fase costituente che lui stesso ha evocato è la necessità, conclude, di immaginare “un luogo della partecipazione politica degno di questo secolo”. Ai tanti di noi che gli chiedono quale sarà la sua prima azione da segretario, lui risponde spiazzando tutti: “Sarà una sorpresa”.