Di Francesca de Carolis
La cosa più sconfortante, occupandosi di carcere e delle persone che vi sono sigillate dentro, è rendersi conto di quanto sia grande l’indifferenza. Quando non la ferocia, aizzata spesso a uso e consumo delle convenienze politiche del momento. E quanto è più facile voltare lo sguardo da un’altra parte, non sapendo, o preferendo non sapere, che la violazione dei più elementari diritti umani nelle carceri è cosa quotidiana.
Convinti che quanto di terribile possa essere la carcerazione è roba che tocca “altri”. I cattivi, gli indegni, i miserabili che non vogliamo vedere in giro, a inquietare lo scorrere delle nostre esistenze.
Eppure, siamo convinti che se le persone davvero sapessero, se davvero vedessero, se potessero confrontarsi con la verità bruciante di storie altre, con i propri dubbi e paure, anche, qualcosa in molti cambierebbe.
Così, ragionando di questo, con Sandra Berardi, fondatrice dell’associazione Yairahia, che si occupa di diritti dei detenuti, ci siamo dette, o meglio, l’idea prima è stata sua, che mi ha detto: ma perché, invece di andare a portare testimonianze e discuterne, come normalmente si fa, in contesti in cui si è, in linea di massima, già tutti d’accordo, per una volta non provare a uscire dai dibattiti fra gli addetti ai lavori e portare il carcere in piazza?
Già, portare la discussione sul carcere nelle strade, fra la gente, con i racconti, i libri, i dossier, le testimonianze dirette… per restituire la parola agli esclusi, alle loro voci che troppo spesso si infrangono sulle mura di “un’istituzione totale che ha storicamente fallito la sua missione”.
Così è nata l’idea della mostra-mercato, di libri dal e sul carcere, “La prigione e la piazza”, promossa dalle associazioni Yairaiha Onlus e Napoli Monitor. E che subito ha trovato l’adesione e la collaborazione di La Partita, dell’Ex Caserma liberata di Bari, del Comitato verità e giustizia per i morti del S.Anna di Modena, di Economia Carceraria, dell’Associazione Bianca Guidetti Serra, degli editori Strade Bianche di Stampa Alternativa e Sensibili alle Foglie, di Nuvola Rossa, e del Comitato verità e giustizia per Wissem Ben Abdel Latif.
Una mostra-mercato che fra la primavera e l’autunno girerà l’Italia. Le regioni del Centro- Sud, per ora. Ma il calendario potrebbe allungarsi, già altre sono le piazze che offrono il loro spazio. E sarà l’occasione di incontri/dibattiti per approfondire tanti aspetti della questione carceraria. Dall’ergastolo, ai regimi differenziati, alla salute, alla violenza in carcere, al pensiero abolizionista…
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E ora si parte. Questa settimana appuntamento il 13 e il 14, a partire dalle 16 di venerdì, a Napoli, a Piazza del Gesù Nuovo, tanto per cominciare, nel cuore della città che per prima ci accoglie. E saranno parole come pietre, con le testimonianze di persone che il carcere l’hanno visto da vicino, come Sandra Berardi, che molte prigioni ha ispezionato al seguito dell’ex deputata europea Eleonora Forenza, o Nicoletta Dosio, volto storico del movimento No Tav, che il carcere l’ha vissuto sulla sua pelle.
Parole come pietre con, fra gli altri, il Comitato verità e giustizia per i morti del carcere sant’Anna di Modena.
Perché se qua fuori noi ce ne siamo dimenticati, ci sono morti che ancora aspettano la giustizia di un briciolo di verità… se, con l’esplosione della pandemia di covid, “al disinteresse generale nei confronti dell’umanità reclusa si è aggiunta una narrazione tossica da parte dei media che hanno raccontato in maniera pregiudiziale le rivolte del marzo 2020, tacendo perlopiù la disastrosa non-gestione dell’emergenza pandemica nelle carceri, e ignorando gli scandali dei pestaggi e dei quattordici detenuti morti in circostanze dubbie durante le rivolte”.
La luna / questa notte / riempie il cielo / riversa sulla terra / la sua luce bianca / illumina / ogni angolo / penetra nelle grotte/ senza parlare / visita i luoghi / dove vivono le ombre/ col volto di uomini / che odorano di grotta / di muschio.
Uomini che odorano di grotta. E’ una poesia di Giovanna Farina, che ha subito quarant’anni di detenzione, che ci fa intuire qualcosa dell’odore del carcere, indimenticabile, per chi ne sia stato anche solo una volta sfiorato.
Quell’odore… proveremo a portarlo un po’ in giro, sulle strade della gente libera, che possa esserne toccata. Che non è cosa poi così impossibile.
“Non sapevo, non ne avevo idea…”, mi ha avvicinato una volta stupito, al termine di un incontro sull’ergastolo, un uomo che teneva per mano il suo ragazzino. E quasi mi ringraziava, e voleva saperne di più e di più… Ecco, basta questo, per uscire dallo sconforto, e provarci ancora, in luoghi aperti, dove le parole siano libere di raggiungere chiunque.
Dunque, si parte da Napoli, per poi, di piazza in piazza, far sentire la voce degli ergastolani ostativi (quelli del fine pena mai ma proprio mai), raccontare che significa essere ammalati in carcere, e come in carcere ci si ammala, interrogare e interrogarci sul senso di una pena insensata come la reclusione in luoghi di segregazione sociale e di isolamento fisico, sempre più lontani dai perimetri urbani delle città e dal loro tessuto sociale. Quali alternative è possibile pensare, o meglio, abbiamo il dovere di pensare.
Perché è proprio vero, come ricorda Elvio Fassone nel suo bellissimo Fine pena ora :
“Per toccare il male basta allungare la mano; per toccare il bene serve uno sguardo speciale”.