La Polonia ha avviato la costruzione di una barriera al confine con la Bielorussia. Una notizia assordante data però con un cinguettio. La polizia doganale polacca, la Straż Graniczna, riferisce in un tweet: “Oggi (26 gennaio, ndr) la Guardia di frontiera ha consegnato i siti di costruzione ai contractor“, aggiungendo che la recinzione sarà lunga 186 chilometri e costerà 1,6 miliardi di zloty, pari a oltre 340 milioni di euro.
Centoottantasei chilometri, circa la metà della lunghezza totale del confine tra Polonia e Bielorussia.
L’ennesimo muro in Europa, un’altra sconfitta dell’Unione Europea.
Un’Europa che dopo la caduta del Muro di Berlino si è estesa a est con l’annessione delle ex Repubbliche sovietiche, ma sono le stesse repubbliche che ora chiedono di blindarsi con un muro lungo il confine orientale.
Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia, Slovacchia, ma anche Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia: sono i 12 Paesi europei – quasi la metà degli Stati dell’Unione Europea – che a ottobre 2021 hanno consegnato una lettera all’Unione Europea in cui si chiede addirittura di finanziare la costruzione di muri da costruire al confine dell’Europa per proteggersi dai flussi di migranti sempre più ingenti.
La (mala)gestione delle frontiere
E Bruxelles riesce solo a fermare la richiesta polacca di fondi europei per il muro. Ma non la costruzione di un muro. Secondo i regolamenti europei, ogni Stato membro ha competenze (e a quanto pare totale libertà) sulla gestione delle frontiere (altra sconfitta dell’UE, il tallone di Achille di un’Europa fatta di paesi che hanno paura di perdere la propria sovranità).
La decisione del governo polacco di costruire il muro è di pochi mesi fa quando Varsavia aveva sottolineano che si tratta di “un investimento strategico e prioritario per la sicurezza della nazione e dei suoi cittadini”.
La situazione al confine
La Polonia è l’epicentro delle tensioni lungo la frontiera con la Bielorussia. Varsavia senza aspettare i fondi europei è passata ai fatti, come la Lituania.
La situazione al confine si è aggravata, con l’aumento del numero di migranti bloccati nei boschi nella zona di frontiera, al freddo. Secondo le organizzazioni di difesa dei diritti umani molte di queste persone stanno morendo per le condizioni durissime.
Sono migliaia le persone accampate al confine, provengono da Siria, Iraq, Yemen e Afghanistan. Uomini, donne e bambini tentano di varcare il confine e vengono sistematicamente respinti, a volte anche in maniera violenta.
La questione politica
La situazione è degenerata negli anni anche a causa del comportamento del Paese confinante con la Polonia, la Bielorussia. Un anno fa, il 2 dicembre 2021, il Consiglio Europeo aveva adottato il quinto pacchetto di sanzioni in risposta alle continue violazioni dei diritti umani e alla strumentalizzazione dei migranti da parte della Bielorussia.
Il caso Bielorussia
Il presidente autoritario della Bielorussia Alexander Lukashenko è stato più volte additato come responsabile della strumentalizzazione dei flussi migratori per fini politici.
Recentemente ha dichiarato che è «assolutamente possibile» che l’esercito bielorusso abbia aiutato gruppi di migranti ad attraversare il confine con la Polonia. Ha invece negato di aver incoraggiato il flusso migratorio tra i due paesi, cosa di cui lo accusano l’Unione Europea e la Nato. Questi ultimi ritengono che Lukashenko stia attirando i migranti al confine con la Polonia per creare una situazione di emergenza umanitaria e guadagnare forza contrattuale nella disputa diplomatica che contrappone la Bielorussia e le istituzioni europee. Ha detto:
“Siamo slavi, abbiamo un cuore. I nostri soldati sanno che i migranti sono diretti in Germania. Magari qualcuno li ha aiutati. Non farò indagini in proposito”.
Negli ultimi mesi decine di migliaia di persone provenienti dal Medio Oriente hanno cercato di raggiungere l’Europa passando per la Bielorussia, perché in primavera il governo di Lukashenko aveva semplificato le procedure burocratiche di fatto rendendo più semplice il viaggio verso l’Europa occidentale. Un modo per mettere in difficoltà i paesi dell’Unione, che hanno appoggiato l’opposizione bielorussa e hanno imposto sanzioni economiche. Da parte sua la Polonia, che è uno dei paesi europei più ostili nei confronti dei migranti, si sta rifiutando di accoglierli, imponendo uno stato d’emergenza ai propri confini.
La portavoce della polizia di frontiera polacca Anna Michalska ha detto che mentre i migranti tentano l’attraversamento i militari bielorussi usano delle luci laser per impedire ai poliziotti polacchi di vederli.
I muri in Europa
La costruzione di muri e recinzioni anti-migranti è iniziata negli anni ‘90, con il caso della Spagna a Ceuta (1993) e Melilla (1996), per bloccare gli arrivi dal Marocco, ma è dal 2012 con la crisi siriana che il fenomeno è esploso in Europa. Comincia la Grecia con una barriera di fossati e doppio filo spinato di 150 km e alta 4 metri al confine con la Turchia, per arginare la fuga dei siriani diretti in Europa. Stessa cosa fa la Bulgaria. La rotta balcanica, percorsa dai profughi in fuga dai conflitti in Medio Oriente e Afghanistan, è stata via via chiusa dal 2015. L’Ungheria ha prima bloccato quasi tutto il confine con la Croazia e poi ha bloccato anche il confine con la Serbia. La Macedonia ha blindato il confine con la Grecia, l’Austria ha disposto filo spinato lungo il confine con la Slovenia che, a sua volta, ha chiuso parte del confine con la Croazia. A quel punto la rotta da oriente verso l’Europa si è spostata più a nord, e così nel 2016 la Norvegia ha eretto una barriera lungo il confine con la Russia; lo stesso hanno fatto nel 2017 la Lituania e la Lettonia.
Secondo un calcolo del centro studi Transnational Institute (TNI) dal 1990 al 2019 nell’Unione Europea e nell’area Schengen sono stati costruiti circa un migliaio di chilometri di barriere: circa sei volte la lunghezza del Muro di Berlino, per una spesa totale di oltre 900 milioni di euro.
La costruzione dei muri oltre ad essere una scelta immorale e contro i diritti umani rappresenta una strumentalizzazione politica, un baluardo dei partiti di estrema destra xenofobi. Non è un caso che tali partiti siano cresciuti di popolarità in Europa e stia crescendo sempre di più la retorica anti migranti.
Marta Fresolone