La Polonia che vieta l’aborto e finanzia chi si proclama anti-Lgbt+

anti-Lgbt+

Melissa Lombardi


A metà ottobre 2020 il governo polacco aveva provato a modificare la legge sull’aborto, eliminando la malformazione del feto come motivazione per procedere all’interruzione volontaria di gravidanza. La Polonia era già uno dei paesi d’Europa con più restrizioni legislative: eppure, ci ha provato ugualmente, non riuscendo nella sua impresa. Grazie alle proteste in tutto il paese, le donne polacche hanno bloccato la proposta di legge, come successe nel 2016.
Un’ulteriore tentativo, infatti, venne effettuato nel 2016 per poi essere fermato dalle “proteste in nero” (Czarny Protest): erano state organizzate enormi mobilitazioni con donne vestite tutte di nero. Vennero sostenute da tutto il mondo.

La norma è entrata in vigore senza nessun preavviso

Mercoledì 27 gennaio 2021, nonostante le numerose proteste contro questa proposta di legge, è stata annunciata la pubblicazione della nuova norma sulla Gazzetta Ufficiale. Soprattutto a Varsavia si sono scatenate intere mobilitazioni e proteste, con uno sfondo arcobaleno che accompagnava le manifestazioni. La legge sarebbe passata in risposta a un centinaio di parlamentari, sostenitori dell’idea secondo cui interrompere la gravidanza a causa di malformazioni fetali significherebbe andare contro gli ideali della Costituzione polacca, la quale protegge la vita di ogni individuo. E’ necessario dire che in Polonia viene praticato l’aborto soprattutto per motivazioni legate alle malformazioni: infatti nel 2019 su 1.100 aborti, 1.074 sono stati praticati per questa motivazione.
E’ necessario, inoltre, specificare quanto il governo polacco sia fortemente influenzato dalle gerarchie cattoliche: la religione non è al di fuori della politica, anzi, è insita nei processi delle scelte politiche. Questo è uno dei tanti motivi per spiegare la delusione dei cittadini e delle cittadine polacche, che non si sentono rappresentati dalle Istituzioni.

La Polonia è in protesta da almeno tre giorni contro la nuova legge troppo restrittiva

A partecipare non ci sono solamente donne, ma anche uomini. Ci sono bandiere arcobaleno e il fulmine rosso, rappresentante del più importante movimento femminista polacco: Strajk Kobiet (Sciopero delle donne).
E’ importante protestare contro questa norma che limita l’aborto perché porterebbe solamente ad un incremento delle interruzioni di gravidanza in modo totalmente clandestino, con il rischio che molte donne perdano la vita.

“Zona libera da LGBT”: ovvero luoghi anti-Lgbt+ che limitano la libertà

In almeno venti città polacche nel 2019 vi sono state marce per difendere i diritti LGBTQ+, minacciati dalle stesse assemblee regionali polacche dichiaratamente “liberi dall’ideologia Lgbt”, una definizione che non solo è omofoba, ma richiama oltretutto la frase dei nazisti “Liberi dagli ebrei”, pronunciata durante la soluzione finale nei paesi occupati (Polonia inclusa).
Il partito polacco Diritto e Giustizia alimenta l’odio verso gli omosessuali, nemico numero uno del paese in quanto minaccia dei valori tradizionali. Ma la società civile è ampiamente in disaccordo con quanto la politica dice, tanto che negli ultimi giorni Nowa Dęba ha deciso di revocare il suo consenso a “liberi dall’ideologia Lgbt”.
Nel 2019 Nowa Dęba si era proclamata protettrice della tradizione, dei valori e della cultura polacca. A causa di questa decisione però il comune polacco ha rotto i rapporti con la città irlandese Fermoy e non solo, anche l’Unione Europea ha respinto quasi sei richieste di gemellaggio delle città polacche che hanno aderito alle iniziative discriminatorie.
D’altra parte, però, è necessario dire che tagliare i legami risulta essere piuttosto
pericoloso: i cittadini e le cittadine polacche si troverebbero in assoluto isolamento
e nella più totale politica autoritaria e discriminatoria.
Forse la risposta è proprio nella cooperazione, ma anche nella minaccia stessa:
infatti Nowa Dęba si è ritirata dalle zone “libere dall’ideologia Lgbt” e il sindaco si è
pronunciato su quanto in realtà siano tolleranti e non discriminatori. Rispettosi di
ogni orientamento sessuale.
E’ chiaramente una grande vittoria, ma non significa che a questo punto si possa
smettere di combattere: il governo polacco infatti stanzia dei fondi per i comuni che
aderiscono alle dichiarazione anti-lgbtq+ e che vengono perciò abbandonati dalle
richieste di gemellaggio.
La lotta sarà dura, lunga e spesso faticosa: ma non bisogna smettere di sostenere le
donne polacche e gli uomini polacchi, che hanno bisogno di ottenere i diritti civili
fondamentali e inviolabili.

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