Il comune sentire di questi giorni è pressoché questo: C’è crisi di governo, ma non si capisce perché, probabilmente stano litigando fra loro. Messa in questo modo il senso comune suggerisce almeno una cosa sufficientemente chiara e decifrabile: la crisi è un male e va superata. Ma ci spostiamo dal cosiddetto “senso comune”, se non consideriamo tutta la telenovela politica di questi giorni coi relativi comizi, e invece astraiamo il concetto di “crisi” per analizzarlo su un registro filosofico, allora, forse, la musica potrà cambiare. La filosofia, per fortuna, può svincolarsi dagli odi di partito, nonostante sia essenzialmente sociale, pubblica, politica, intersoggettiva. A livello politico sembra che si stia rincorrendo un treno già partito, mentre a livello filosofico solo adesso si può rimettere il treno sui binari.
La crisi in filosofia: tutta un’altra musica
Spostata sul piano filosofico la crisi, infatti, altro non è che la possibilità di mettere in moto i giudizi. Il pane dei filosofi. Nella crisi non serve affannarsi a ripetere “avremmo dovuto fare così”, “noi te l’avevamo detto”, “se non avessi fatto questo” e altre cose di questo genere, no, ci vuole piuttosto una spinta “innovativa”. Uscire da una situazione in cui non si può tornare indietro né si può avanzare in avanti, Trovare la via di fuga alla mosca rinchiusa nella bottiglia (direbbe forse il Wittgenstein delle Ricerche), tutto questo è da sempre l’habitat naturale dai filosofi. Non per niente i greci pretendevano che il politico fosse anche un filosofo. La crisi, tra le altre cose, riesce a mettere gli uomini nella condizione di esprimere un giudizio e questo, anche sul piano politico, non è di certo un male.
La crisi ci chiede una nuova visione del mondo
Il nostro parlamento si è fatto teatro, gli attori in campo, malgrado tutto, ci stanno facendo capire una cosa importante: bisogna non cercare un senso a questa crisi, ma cercare un nuovo senso di “crisi”. Del resto anche in economia è risaputo che ogni volta che si presenta una situazione di blocco, di sospensione, si presentano anche nuove possibilità a livello produttivo. Bisogna giudicare non avendo paura di prendere in considerazione altri sistemi di valori, per non rischiare di essere risucchiati dal vortice di disperazione e pregiudizi in cui sembra esser caduto il parlamento n questi giorni. Questo non vuol dire ignorare le vicende attuali che si susseguono, ma correlarli in un’altra, possibile, visione del mondo. Nella storia la filosofia si è dimenata tra differenti nozioni di “scienza” “logos” e “ragione”, non c’è nulla della nostra storia che la filosofia non possa (ri) mettere in discussione, sottoporre a critica. Solo attraverso un nuovo modo di guardare ai fatti potremo uscire da un atteggiamento finalistico e restaurativo, per ripartire dalle macerie e provare davvero a costruire un futuro.
Gabino Alfonso
Il comune sentire di questi giorni è pressoché questo: C’è crisi di governo, ma non si capisce perché, probabilmente stano litigando fra loro. Messa in questo modo il senso comune suggerisce almeno una cosa sufficientemente chiara e decifrabile: la crisi è un male e va superata. Ma ci spostiamo dal cosiddetto “senso comune”, se non consideriamo tutta la telenovela politica di questi giorni coi relativi comizi, e invece astraiamo il concetto di “crisi” per analizzarlo su un registro filosofico, allora, forse, la musica potrà cambiare. La filosofia, per fortuna, può svincolarsi dagli odi di partito, nonostante sia essenzialmente sociale, pubblica, politica, intersoggettiva. A livello politico sembra che si stia rincorrendo un treno già partito, mentre a livello filosofico solo adesso si può rimettere il treno sui binari.
La crisi in filosofia: tutta un’altra musica
Spostata sul piano filosofico la crisi, infatti, altro non è che la possibilità di mettere in moto i giudizi. Il pane dei filosofi. Nella crisi non serve affannarsi a ripetere “avremmo dovuto fare così”, “noi te l’avevamo detto”, “se non avessi fatto questo” e altre cose di questo genere, no, ci vuole piuttosto una spinta “innovativa”. Uscire da una situazione in cui non si può tornare indietro né si può avanzare in avanti, Trovare la via di fuga alla mosca rinchiusa nella bottiglia (direbbe forse il Wittgenstein delle Ricerche), tutto questo è da sempre l’habitat naturale dai filosofi. Non per niente i greci pretendevano che il politico fosse anche un filosofo. La crisi, tra le altre cose, riesce a mettere gli uomini nella condizione di esprimere un giudizio e questo, anche sul piano politico, non è di certo un male.
La crisi ci chiede una nuova visione del mondo
Il nostro parlamento si è fatto teatro, gli attori in campo, malgrado tutto, ci stanno facendo capire una cosa importante: bisogna non cercare un senso a questa crisi, ma cercare un nuovo senso di “crisi”. Del resto anche in economia è risaputo che ogni volta che si presenta una situazione di blocco, di sospensione, si presentano anche nuove possibilità a livello produttivo. Bisogna giudicare non avendo paura di prendere in considerazione altri sistemi di valori, per non rischiare di essere risucchiati dal vortice di disperazione e pregiudizi in cui sembra esser caduto il parlamento n questi giorni. Questo non vuol dire ignorare le vicende attuali che si susseguono, ma correlarli in un’altra, possibile, visione del mondo. Nella storia la filosofia si è dimenata tra differenti nozioni di “scienza” “logos” e “ragione”, non c’è nulla della nostra storia che la filosofia non possa (ri) mettere in discussione, sottoporre a critica. Solo attraverso un nuovo modo di guardare ai fatti potremo uscire da un atteggiamento finalistico e restaurativo, per ripartire dalle macerie e provare davvero a costruire un futuro.
Gabino Alfonso