Israele: i rapporti tra Netanyahu e Hamas

fughe di notizie, Eliezer Feldstein, Netanyahu, attacco con drone politica di Netanyahu

Qual è la vera politica di Netanyahu verso Hamas?

Ciò a cui stiamo assistendo dal 7 ottobre non è semplicemente la conseguenza di un attentato né, semplicemente, la risoluzione finale della questione palestinese. Tutto questo è, soprattutto, il collasso della politica di Netanyahu che, più di chiunque altro, è direttamente responsabile di entrambi i massacri. 

La decisione di ostacolare ogni tentativo di formare uno stato palestinese non è stata, sicuramente, ideata da Netanyahu.
Questo si evince facilmente anche dalle azioni del governo israeliano dopo gli accordi di Oslo. Questi, siglati anche da Israele, sancivano l’avvio del processo di formazione di uno Stato Palestinese. Da qui nasce l’ANP, cioè l’Autorità Nazionale Palestinese, con il compito di governare su alcune aree della Cisgiordania e della striscia di Gaza.
La corretta applicazione degli accordi fu, però, ostacolata da Israele, con l’occupazione di territori in Cisgiordania e con il conseguente insediamento di coloni. Azione in diretto contrasto con la quarta convenzione di Ginevra.

Facendo riferimento a periodi più vicini al nostro, possiamo prendere in esame le dichiarazioni di Dov Weissglas, consigliere del Primo Ministro dell’epoca Ariel Sharon, nel 2005. In un’intervista ad Haaretz, Weissglas ha affermato che la formazione di uno Stato Palestinese era, ufficialmente, uscita dall’agenda di governo.

La componente inedita nella politica di Netanyahu sta nel fomentare la divisione tra il governo della Cisgiordania e quello di Gaza.
Netanyahu non ha semplicemente tollerato l’esistenza di Hamas, ma ne ha, addirittura, favorito la crescita.
A questo punto è giusto chiedersi in che modo Hamas è stato sostenuto e, soprattutto, perché.

Nel 2018 le immagini di valigette piene di dollari hanno fatto il giro del mondo. In queste valigette, provenienti dal Qatar e destinate ad Hamas, erano presenti ben 15 milioni di dollari.
Questo denaro, fatto passare per Israele e poi consegnato in contanti da inviati qatarioti, è la prova tangibile di un sistema di sovvenzione iniziato nel 2012.
Nel 2018, circa 1,1 miliardi di dollari erano entrati nelle casse di Hamas.
Questa decisione fu aspramente criticata, tanto da portare alle dimissioni, come segno di protesta di Avigdor Lieberman e Naftali Bennett, lasciando il paese in una crisi istituzionale.

Nonostante le proteste, Netanyahu difese pubblicamente la manovra, come atto necessario per impedire la formazione di uno Stato Palestinese.
In qualsiasi caso, la crisi di governo portò a un arresto del flusso di denaro verso la striscia per 19 mesi. Però, con il successivo esecutivo, formato principalmente dalle frange più radicali, la sovvenzione riprese a pieno regime.
Secondo Netanyahu, tutte le risorse fatte entrare a Gaza non sarebbero mai state usate per scopi bellici.

Un’altra prova a favore dei rapporti intimi tra il Primo Ministro e Hamas viene fornita da Galit Distel Atbaryan, nel 2019, prima di entrare nel governo come ministra dell’informazione. In un post su facebook ha affermato che:

«Netanyahu vuole Hamas in piedi ed è pronto a pagare un prezzo quasi inconcepibile».

A tutto questo si aggiunge un’affermazione dello stesso Netanyahu in una riunione del Likud, il suo partito di maggioranza. In questa riunione ha affermato che chiunque voglia ostacolare la formazione dello Stato Palestinese deve sostenere Hamas.

All’equazione va aggiunto un articolo pubblicato da Ron Ben-Yishai su ynet, riguardo il vero scopo del muro costruito lungo il confine tra Israele e la striscia. Stando alle fonti ufficiali, il muro ha lo scopo di impedire l’infiltrazione dei terroristi nel territorio nazionale. Secondo Ben-Yishai, però, lo scopo sarebbe ben diverso. Nell’articolo sottolinea, infatti, che il muro servirebbe, in realtà, a impedire ogni contatto tra Hamas e i palestinesi in Cisgiordania.

Il 7 Ottobre non è, come già detto, un semplice attentato perpetuato da un gruppo terroristico, ma il tentativo, da parte di Hamas, di reclamare il suo posto al tavolo dei negoziati.
Questa situazione affonda le sue radici nel tentativo, da parte del governo israeliano, di intavolare negoziati di pace con i paesi arabi circostanti scavalcando, però, la questione palestinese.

Grazie a un sondaggio, condotto dalla società israeliana Dialog Center, si evince che la maggior parte della popolazione israeliana ritiene il governo, e di conseguenza Netanyahu, diretti responsabili degli scontri dal 7 Ottobre.
Una prova tangibile di questo malcontento diffuso tra la popolazione possiamo trovarla nelle recenti proteste scoppiate a Tel Aviv, che hanno portato in piazza più di 100.000 persone, chiedendo a gran voce le dimissioni del Primo Ministro.

 

 

Mauro Scaringia

Exit mobile version