Le organizzazioni non governative SOS Humanity, Mission Lifeline e Sea-Eye hanno deciso di intraprendere un’azione legale contro il Governo di Giorgia Meloni presso il Tribunale civile di Roma. Quello che contestano alle autorità italiane è la politica, che va avanti ormai da tempo, di assegnare sistematicamente porti lontani alle ONG che hanno soccorso in mare migranti in difficoltà.
Le ONG si fanno forti del diritto internazionale e affermano che l’assegnazione di porti lontani dal luogo di soccorso, quando ce ne sarebbero di più vicini, è contro le leggi internazionali del diritto marittimo.
Il diritto marittimo internazionale stabilisce che, alle navi che hanno soccorso persone in pericolo e che ne fanno richiesta, deve essere assegnato un porto sicuro “con una deviazione minima della rotta”. Al contempo lo sbarco deve avvenire nel minor tempo possibile e in condizioni di sicurezza.
Per le organizzazioni non governative che hanno avviato l’azione legale, la politica di assegnazione di porti lontani che le autorità italiane continuano a portare avanti mette a repentaglio la sicurezza delle persone soccorse. Inoltre, avrebbe l’obiettivo di limitare illegittimamente e illegalmente la attività di soccorso in mare.
I casi che hanno portato ad avviare l’azione legale
Dopo una lunga serie di assegnazioni di porti lontani, la goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha portato ad intraprendere azioni legali è stata quella del caso della nave da soccorso Humanity 1. Dopo aver soccorso 69 migranti in difficoltà a bordo di un’imbarcazione al largo delle coste libiche, le autorità italiane hanno indicato come porto sicuro quello di Ravenna. Il porto della città romagnola distava 1.600 km dalla posizione in cui è avvenuto il salvataggio e ci sono voluti 5 lunghi giorni di navigazione per poterlo raggiungere, complice anche il mare fortemente agitato.
A bordo i migranti erano stremati da anni di viaggio, dalle condizioni imposte loro in Libia e dalla traversata in mare. Assegnare un porto lontano non solo viola le convenzioni internazionali sul diritto del mare, ma è anche una crudeltà verso i naufraghi: persone che avevano il diritto di essere portate a terra il prima possibile.
Queste le parole di Emanuele Nannini, capomissione di Emergency.
Quello della Humanity 1 è stato il terzo sbarco di una nave ONG con migranti a bordo sul porto di Ravenna. Gli altri sono avvenuti il 31 dicembre e il 18 febbraio. Prima di arrivare in Emilia-Romagna ci sono diversi porti sicuri.
Altro recentissimo caso è stato quello della nave Ocean Viking dell’organizzazione non governativa SOS Mediteranee. Dopo aver soccorso un’imbarcazione al centro del mediterraneo, la nave da soccorso ha ricevuto l’ordine di attraccare al porto di Bari. Tale porto era distante oltre 770 km dall’area in cui è avvenuto il trasbordo di migranti. Ci sono voluti due giorni di navigazione per raggiungere la città pugliese per via della lunga distanza e le cattive condizioni meteo.
Anche alla nave Life Support di Emergency, che contava 55 migranti a bordo, è stato assegnato un porto non propriamente vicino. Tale porto era quello di Marina di Carrara, nella Toscana settentrionale.
Gli esempi sono numerosi, troppi per elencarli tutti in questa sede. Dal dicembre dello scorso anno, sono stati ben 20 i casi in cui alle navi delle ONG cariche di migranti sono stati assegnati porti lontani dal luogo di soccorso.
Perché il Governo continua con la strategia dei porti lontani?
Inizialmente, quando l’esecutivo di Giorgia Meloni ha intrapreso le prime volte la strategia dei porti lontani, è stata giustificata dal fatto che non si voleva sovraccaricare ancor di più i porti siciliani e calabresi. Questa versione sarebbe smentita. Recentemente, infatti, sono stati assegnati porti siciliani alla Guardia Costiera italiana, la quale trasportava un numero complessivo di 500 migranti.
Per tanti si tratta invece di una strategia persecutoria nei confronti delle ONG, con l’obiettivo di scoraggiarle a prestare soccorso in mare. Altri sostengono che con queste azioni si vuole mettere in difficoltà i partiti di opposizione. Questo perché i principali porti lontani in cui vengono dirottate le navi da soccorso sono porti di città amministrate dal centrosinistra.
Quello che è certo è che l’assegnazione di porti lontani ha diverse implicazioni:
- Allungamento dei tempi di un singolo soccorso, che impedisce alle navi delle ONG di tornare prontamente nei luoghi ad alto pericolo naufragi;
- Aumento vertiginoso dei costi della navigazione;
- Per ultimo, ma non per importanza, accresce la sofferenza dei migranti.
Partendo dal fatto che non si può vietare di prestare soccorso alle persone in pericolo, il Governo cercherebbe di farlo in modo indiretto. Questo è quello a cui si può essere portati a pensare, dati i presupposti.
Aspettando che il Tribunale civile di Roma si pronunci
La lunga navigazione che ci viene imposta, nonostante altri porti siano molto più vicini, rischia di peggiorare le condizioni dei già vulnerabili sopravvissuti. Non solo è una scelta ingiusta e illogica, ma anche illegittima in quanto non conforme al diritto marittimo internazionale.
Queste le parole di denuncia di SOS Humanity in seguito all’assegnazione da parte delle autorità italiane del porto di Ravenna alla nave Humanity 1.
Ora spetterà alla magistratura stabilire se le disposizioni del Governo riguardo alla “politica dei porti lontani” sia legittima o meno.
Alessandro Rossi