La pericolosa inutilità di chiamarsi Salvini
Prima si poteva iniziare un articolo con: “se questo fosse un paese normale”, ma oggigiorno è impossibile. Se ti guardi intorno c’è tanto di quel delirio nel circondario che non puoi far a meno di alzare gli occhi al cielo con la speranza che “nuovi, strani mondi” ci invadano. Poi vedi Trump e allora pensi che i più str*nzi sono già atterrati.
Però l’Italia ha un triste primato … è un’ inesauribile ispiratrice di deliri collettivi dal secolo scorso. Quando mi sento dire che la democrazia è morta preferisco dire che per sua conformazione è da sempre delicata e cagionevole di salute, perché la prima affermazione ricorda uno degli spunti propagandistici del fascismo.
Mussolini vide nella prima elezione di Roosevelt nel 1932 il canto del cigno delle democrazie. Infatti agli occhi del totalitarismo gli stati democratici erano paragonabili alla decadenza che fece crollare l’impero romano: corrotte, serve dei ricchi, del capitalismo e dei banchieri sionisti, e cause dirette del tracollo economico del 29’. Furono queste convinzioni, divenute col tempo martellante retorica, ad edificare le basi del consenso dei regimi totalitari. Le dittature del XX secolo non erano affatto ideologiche – non lo sono mai state – erano piuttosto “persuasivi pregiudizi” spacciati per ideologie che ben infettarono delle compagini sociali provate da una profonda crisi mondiale, la prima di quel genere.
Ora, a distanza di quasi un secolo, sento ripetere slogan con lo stesso, identico significato: e la cosa è davvero terrificante. Ammetto che temo sia tanto lodevole quanto “tardivo” indossare magliette rosse per protesta, l’emorragia di umanità è già inarrestabile. A questo punto sembra un cromatico lavaggio di coscienze, forse un compiacimento nel distinguersi dal delirio ma nel suo esprimersi già una dichiarazione d’impotenza. Sento l’inutilità del gesto davanti alla portata del problema.
Anche affermare che Salvini rappresenti una ridicola “riproduzione” di un atteggiamento ducesco non consola affatto. Persino Mussolini era una grottesca e pacchiana imitazione di un anacronistico cesarismo, ma questo non ha impedito il diffondersi del fascismo. Tutto è frutto dei tempi e Matteo Salvini è in effetti paragonabile al politucolo che sbraita ovvietà incattivite mentre legge il giornale al bar, con una birra in mano sul freezer dei gelati. Però, adesso, questo retore da “Circoletto della Briscola” ha gli strumenti per costruirsi l’immagine di giustiziere sociale, anche se farà materialmente poco o nulla. Quello che adesso conta per lui è mostrare il petto nudo contro i presunti malesseri del nostro tempo. Sbattere in faccia alle istituzioni, che agli occhi di molti ormai sono inefficaci, incartapecorite, corrotte e morenti, le sue sommarie soluzioni apparenti.
In pratica non gli serve essere forte, gli basta sembrarlo. E per apparire tale non può che accanirsi verso coloro che “per noi” rappresentano il fastidio sociale più diretto, i migranti.
Anche qui nulla di nuovo: negli anni trenta l’antisemitismo veniva giustificato con gli slogan: “pane e lavoro prima i tedeschi” o “prima gli italiani”, e funzionò. Poco importa se nella Germania del 1933 gli ebrei erano appena 500.000 su una popolazione di cinquanta milioni e rotti di abitanti, funzionò perché l’antisemitismo era già consolidato e lo è ancora in forma latente e trasversale, così come il nostro “fastidio” nei confronti degli extracomunitari è già da tempo bello e che incubato.
A Salvini non resta che cavalcare tutto questo, il resto verrà da sé perché molti, troppi, già lo seguono e lo seguiranno. Non conta la verità ma ciò che si percepisce come tale, e per molti, ormai, gli sbarchi dalla Libia sono diventati un tentativo di invasione.
Infatti non sono i già sbarcati a preoccupare – anche se fanno storcere il naso – ma gli scenari che ci hanno prospettato in un futuro volutamente apocalittico, e cioè milioni e milioni di persone pronte a stravolgere il nostro già precario equilibrio.
Inutile dire che è tutto falso, inutile dire che si ingigantisce un problema per ottenere consensi, in quanto la percezione dell’invasione è già incarnata; e se anche un minimo di dubbio abita ancora il discernimento tra realtà e propaganda poco conta, perché la maggioranza di noi sceglierà sempre e comunque ciò che sembra più conveniente, e ci conviene non rischiare, restare fermi, credere che la linea dura sia risolutiva e prendere per buone le parole di chi “apparentemente” prende le nostre difese.
Salvini è in una botte di ferro, perché sembra rappresentare il poliziotto buono con gli italiani e il giustiziere con tutti gli altri. Lo stesso tipo di persona che in cattive acque e a tempo debito saprà dichiararsi vittima degli atteggiamenti altrui per convenienza, ne possiamo star certi. Questa linea propagandistica è tanto elementare e banale quanto efficace. Far leva sulle paure altrui, così come sui sensi di colpa, è da sempre tanto stupida quanto fruttuosa, da tempo immemore la truffa più convincente.
Se dopo tutto questo vogliamo un’ulteriore prova del “bluff Salvini” ci basta leggere e vedere le sue dichiarazioni sulle mafie. Un ministro degli interni che sbraita che per i mafiosi la pacchia è finita, che fanno schifo e che la sua soluzione consiste nel prenderli a calci è del tutto stupida quanto espressione di paura ed impotenza. Non dice nulla e di certo non intimorisce la criminalità organizzata. Queste uscite sono del tutto ridicole e senza senso. Non si combatte la mafia con proclami social. Ha riproposto le stesse affermazioni usate contro gli scafisti, che a dirla proprio tutta sono gli unici che non hanno realmente subito conseguenze dalla chiusura dei porti in Italia.
I veri criminali ancora stipano sulle coste africane persone sui loro rottami e le lasciano in balia del mare. Salvini non ha minimamente scalfito il loro traffico umano, ce lo ha solo tolto dagli occhi in modo miserabile e vile. I criminali continuano ad abbandonare gente in mare senza sosta. Il politucolo da circolo della briscola non ha fermato nessun vero colpevole, ma solo coloro che salvano delle persone in mare. E’ un debole che si fa forte con le disgrazie altrui senza risolvere realmente alcun problema, ma il suo consenso crescerà per pura e semplice propaganda. Siamo già complici di questa emorragia d’umanità.
fonte foto www.watson.ch